Lello Russo e gli uomini nati per vincere
Lo spirito ha i suoi bisogni come il corpo. Non distinguiamo se la politica sia nutrimento del suo spirito o del suo corpo: optiamo per entrambi. Come non sappiamo se fa politica per nutrirsi. Ma Lello Russo e il suo corteo di difetti sono ad un punto centrale della propria storia. Ha 83 anni, probabilmente farà il sindaco per la settima volta, abbiamo motivo di credere che infonderà tutte le sue residue risorse in questo compito e poi potrà tagliare il nastro della gloria, festeggiare il suo agognato happy handing e porgere il suo inchino alla città che gli dato i natali anagrafici e politici.
Sarà un bel giorno.

Le ingiurie del tempo alcune volta sono così benevole da lasciare l’animo umano illacrimato, come un busto ghignante in un gioco prospettico di sculture di uomini nati per la gloria. Lello Russo è un dipinto agiografico per la maggioranza dei suoi concittadini, un’opera preziosa a cui guardano con l’estasi di forme sopra l’umano. Anche quando è stato “masciariato” dall’accusa di aver favorito la camorra e il periodo di indigenza civile che è seguito, inchiodato come una tartaruga nel suo carapace, il suo popolo, quello che lo acclama ancora come primus inter pares, è stato indenne ad elucubrazioni spicciole da bar e dagli sghignazzi pestiferi e ha posto innanzi l’uomo, la sua temerità fanciullesca, la sua passione viva per chi stava peggio di lui, per chi aveva bisogno di un consiglio medico o di un letto d’ospedale, per chi brancolava nelle riffa restante della politica.
Lello Russo vive sotto il peso del destino, si sente parte di tutto ciò che gli accade intorno, abita zona della ragione ignorate, come un cristiano con impeto ascensionale va dicendo al suo popolo, un meticciato iridato: “Io sono colui che è”, e senza funambolismi retorici si degna di essere il primo della classe come fosse una catarsi pubblica, un afflato etico screziato dal suo contegnoso umorismo. Va incontro al nanismo politico e culturale con la vista machiavellica di un riparatore di infissi. La sua intelligenza politica immaginativa lo portano a considerarsi una coscienza solitaria, il suo ecumenismo è figlio della sua storia, la sua ipertensione ideologica è morbida perché è uomo di questo secolo, in cui le antiche dottrine si sono sbiadite sotto il peso della concretezza delle idee.
Lello Russo è uomo europeo, multiculturalista, incline all’accoglienza di immigrati e diseredati, è uomo legato da un vasto politeismo di valori che lo rendono sensibile soprattutto alle diversità. Sa bene che la versatilità è una dote irrinunciabile per un cittadino del mondo che non vuol rinunciare neppure al crepuscolo dei valori tradizionali, perché conoscere la storia è conoscere il futuro. Ha un solo “neo”: ripudia i marxisti imborghesiti, quelli che con la tessera del Pci hanno occupato i migliori posti della società, fregandosene “della redenzione degli ultimi”, mentre lui ha scelto la “terra incognita” del socialismo scrostandosi dall’ipocrisia e dagli estremismi di facciata e abbracciando una fede “ghandiana” secondo cui in un regime democratico i più deboli dovrebbero avere le stesse occasioni dei più forti. E questo lo diceva anche Claudio Martelli, sofisticato e dotto socialista.
Lo spirito ha i suoi bisogni come il corpo. Non distinguiamo se la politica sia nutrimento del suo spirito o del suo corpo: optiamo per entrambi. Come non sappiamo se fa politica per nutrirsi. Ma Lello Russo e il suo corteo di difetti sono ad un punto centrale della propria storia. Ha 83 anni, probabilmente farà il sindaco per la settima volta, abbiamo motivo di credere che infonderà tutte le sue residue risorse in questo compito e poi potrà tagliare il nastro della gloria, festeggiare il suo agognato happy handing e porgere il suo inchino alla città che gli dato i natali anagrafici e politici. Sarà un bel giorno. Ci sono uomini normali e uomini cresciuti per la gloria, sintonizzati con un fausto destino. Uomini nati per vincere.
Ma ora tocca prima vincere per governare.
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