Immigrazione, intervista a Marco Minniti: "L'Europa stipuli un patto con l'Africa"

Felice Massimo De Falco • 15 aprile 2023

"Le migrazioni non sono un’emergenza, sono un dato strutturale del Pianeta, ci sono state in passato, ci sono adesso, ci saranno in futuro, è ragionevole pensare che nei prossimi 20 anni il tema dei movimenti di popolo aumenterà per ragione di carattere “oggettivo”, ci sarà una spinta. L’Italia, ma soprattutto l’Europa, possono governare i flussi migratori costruendo un percorso per uscire dalla logica emergenziale, perché è evidente che se un fenomeno è strutturale, la risposta non può essere emergenziale. L’Europa non può lasciare all’influenza cinese o russa il continente africano. Solo per dare un dato. Il principale detentore dei metalli delle terre rare è la Cina, gli Stati Uniti sono secondi con ampio distacco. La Russia è presente in Africa con le milizie Wagner, ha chiuso da poco un accordo per la costruzione di una base navale in Sudan. Nonostante la guerra in Ucraina, la Russia non ha mollato di un solo millimetro la sua presenza nell’Africa centrosettentrionale. Il punto di connessione tra Europa e Africa è costituito dal Mediterraneo.L’Europa deve convincersi che la risoluzione del conflitto in Ucraina passa il Mediterraneo allargato e l’Africa. C’è un filo rosso tra guerra e Mediterraneo allargato, l’Europa non può lasciare l’Africa, il Sud globale, nelle mani di Cina e Russia. Per trovare la pace noi abbiamo bisogno della ricostruzione del nuovo ordine mondiale e senza il sud del mondo non è possibile".

On. Marco Minniti, Frontex lancia l’allarme, gli sbarchi sono aumentati a dismisura rispetto all’anno scorso. Cosa sta succedendo?


Prima dobbiamo intenderci su un dato, le migrazioni non sono un’emergenza, sono un dato strutturale del Pianeta, ci sono state in passato, ci sono adesso, ci saranno in futuro, è ragionevole pensare che nei prossimi 20 anni il tema dei movimenti di popolo aumenterà per ragione di carattere “oggettivo”, ci sarà una spinta. Per esempio, che deriverà dai grandi cambiamenti climatici oltre al fatto che continua ad esserci una tensione bellica in molte parti del mondo. Poi c’è un altro aspetto che porterà ad una spinta dovuta al fatto che molte persone si sentono cittadini del mondo, la connessione social porta tanti giovani a pensare che il loro riferimento sia il mondo. E quest’idea è altamente positiva, può essere un’immunizzazione rispetto ai conflitti e alle guerre, se pensiamo che è in corso oggi una guerra lunga nel cuore dell’Europa. E’ evidente, dunque, che le migrazioni di popoli non possono essere cancellate.


Cosa può fare l’Italia dinanzi a questi sommovimenti?


L’Italia, ma soprattutto l’Europa, possono governare i flussi migratori costruendo un percorso per uscire dalla logica emergenziale, perché è evidente che se un fenomeno è strutturale, la risposta non può essere emergenziale


A preoccupare è la confusionaria geopolitica in Africa?


Partiamo dal fatto che nei prossimi 20 anni il destino dell’Europa sarà strettamente legato al continente africano, anzi, l’Africa sarà sempre di più lo specchio dell’Europa. Se l’Africa starà bene, l’Europa starà bene, se l’Africa starà male, l’Europa starà male. Questo legame così profondo è dovuto al fatto che 3 grandi sfide in cui l’Europa è impegnata, si giocano in Africa, e, a ben vedere, queste sfide sono state amplificate dal conflitto in Ucraina. La prima sfida è quella demografica: l’Africa cresce in maniera esponenziale e l’Europa è in recessione demografica: dinanzi a questo squilibrio, o governi il processo o la situazione non è risolvibile. Non si possono costruire muri nel Mediterraneo: per esempio il primo ministro greco dice che la soluzione è costruire muri per reggere ai flussi migratori. Questa non è la soluzione. La seconda sfida è la sfida della sicurezza planetaria: l’Africa è in questo momento l’incubatore più importante del terrorismo islamico. Terza sfida è quella energetica che vede nell’area del Mediterraneo allargato un punto di soluzione possibile. Nel Mediterraneo allargato ci sono i grandi Paesi del Golfo che sono tra i principali produttori al mondo di energia e poi c’è l’Africa che è una straordinaria risorsa dei metalli rari. Per esempio l’Iphone di Cupertino, senza i metalli rari dell’Africa, non può realizzare i propri smartphone. Quindi il punto più alto della tecnologia ha bisogno dell’Africa.


L’Europa dunque è legata a doppiofilo all’Africa?


L’Europa non può lasciare all’influenza cinese o russa il continente africano. Solo per dare un dato. Il principale detentore dei metalli delle terre rare è la Cina, gli Stati Uniti sono secondi con ampio distacco. La Russia è presente in Africa con le milizie Wagner, ha chiuso da poco un accordo per la costruzione di una base navale in Sudan. Nonostante la guerra in Ucraina, la Russia non ha mollato di un solo millimetro la sua presenza nell’Africa centrosettentrionale. Il punto di connessione tra Europa e Africa è costituito dal Mediterraneo.

Cosa succede in Tunisia?


Le 3 sfide di cui parlavo in precedenza sono state acuite dalla guerra in Ucraina, rendendo più fragili alcuni Paesi africani come la Tunisia, l’Egitto, e di quei Paesi che sono stati sottoposti allo stress-test dell’inflazione alimentare. La ragione della crisi in Tunisia deriva dall’inflazione alimentare per una ragione semplice, perché dipende per il 90 per cento dal grano ucraino o russo. Dunque si è costretti a coprire i costi col debito pubblico. La situazione può diventare difficilissima. La Tunisia sta negoziando col Fondo Monetario Internazionale un prestito di 1,9 miliardi di dollari e tuttavia il FMI pone delle condizioni. La leadership tunisina crede che queste condizioni facciano saltare l’equilibrio sociale del Paese. Potremmo trovarci dinanzi ad un peggioramento del quadro, con sommovimenti interni e senza l’ambizione di un’alternativa efficiente. La Tunisia era stato l’unico Paese investito dalla primavera araba con un esito democratico. Quindi l’unica democrazia che è venuta fuori dalle primavere arabe è al centro di tutte le preoccupazioni che abbiamo.


Quanto conta lo squilibrio demografico?


Nei prossimi 20 anni i Paesi che cresceranno demograficamente di più saranno i più forti. Alla fine dello scorso anno è successa una cosa molto importante nel mondo, l’India ha festeggiato la primazia demografica rispetto alla Cina, che ha fatto di tutto per non perdere questo primato. Nel 2022 l’India ha avuto 100 miliardi di dollari dai migranti legali in giro per il mondo.


L’Europa come può intervenire?


L’Europa deve agire di conseguenza, si deve agire in sinergia, l’Italia da sola non può farcela così come ogni singolo paese. Circa 3 settimane fa Macron ha fatto un lungo viaggio in Africa, la Francia si è ritirata militarmente dal Mali così come in Burkina Faso, nei giorni scorsi c’è stato uno sciopero generale in Niger per chiedere il ritiro delle truppe francesi. Macron ha detto la “France Afrique” è finita per sempre, parole molto impegnative. L’Europa deve convincersi che la risoluzione del conflitto in Ucraina passa il Mediterraneo allargato e l’Africa. C’è un filo rosso tra guerra e Mediterraneo allargato, l’Europa non può lasciare l’Africa, il Sud globale, nelle mani di Cina e Russia. Per trovare la pace noi abbiamo bisogno della ricostruzione del nuovo ordine mondiale e senza il sud del mondo non è possibile.


L’Italia per la sua posizione geografica gioca un ruolo fondamentale?


L’Italia è il punto di contatto tra l’Europa e il Mediterraneo. Quando si presentano i conflitti come quello ucraino ci sono rischi ed opportunità. La forza di un grande Paese è limitare l’impatto dei rischi e aumentare la possibilità di giovarsi delle opportunità. L’Europa e l’Italia dovrebbero proporre un grande patto all’Africa per il governo legale dei flussi migratori che consente di contrastare le illegalità e il traffico di essere umani, aprire canali legali che possono costituire una fonte per il prodotto interno lordo di ogni singolo Paese. Questo patto ha bisogno di un intervento di sostegno economico al Nord Africa per stabilità politica ed economica. Un piano di 3 miliardi di euro, i soldi che l’Europa ha trovato rapidamente nel 2015 quando l’Europa centrosettentrionale fu investita dai flussi migratori provenienti dalla Siria. Non è aiutiamoli a casa loro, è esattamente l’opposto, cioè aiutiamoci a casa nostra. 

Potrebbe bastare un Piano simile?


A questo Piano vanno aggiunti altri due pilastri: aumento degli ingressi legali, il che significa che bisogna cambiare la Bossi-Fini, va fatta una nuova legge per l’immigrazione, è vetusta quella vigente rispetto ad oggi che è cambiato tutto. Abbiamo bisogno di una legge che consenta di poter gestire coi paesi di partenza gli ingressi legali. Per esempio, l’Italia dice alla Tunisia ti diamo 30mila ingressi legali che vengono gestire dalla rete consolare italiana presente in Tunisia. Questo consente di poter fare un patto con la Tunisia, ti offro ingressi legali, tu devi garantirmi che non vi siano trafficanti di essere umani, e poi avere politiche di rimpatrio rapide per chi è illegale. Nella gestione delle liste affidate alla diplomazia, nel frattempo puoi occuparti della formazione della gente che deve entrare in Italia. Per esempio, l’insegnamento della lingua italiana, della cultura generale del nostro Paese e alla formazione professionale attraverso l’utilizzo di ragazzi e ragazze italiani che possono andare per un periodo in Tunisia e contribuire a questo. Formare, dunque, canali legali, fondamentale per le politiche d’integrazione. I Paesi che integrano meglio sono anche quelli potenzialmente più sicuri. Poi ci sono coloro che scappano dalle guerre: queste persone non si fanno arrivare tramite i trafficanti di esseri umani, ma con i corridoi umanitari che vanno fatti diventare una struttura permanente. Bisogna combattere i trafficanti, gente spietata che lucra sulla disperazione.

 

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