Sin dall’inizio degli anni 80 si discute sull’affettività e sulla sessualità delle persone affette da disabilità, ponendo il fulcro della questione alle famiglie e agli operatori.
Tutt’oggi è difficile parlare di sessualità e disabilità in quanto tale argomento è stato a lungo trascurato sia dai professionisti che dai membri della famiglia degli stessi ragazzi, in quanto il pregiudizio e le credenze legate all’impossibilità di poter provare emozioni da parte dei disabili, hanno sempre creato atteggiamenti di negazione da parte della popolazione dei normo dotati, che una persona disabile fosse indifferente o restia a provare impulsi sessuale o attrazione fisica verso l’altro sesso.
Solo negli ultimi anni invece è stato possibile rilevare un aumento di interesse verso questo argomento aprendo nuovi spazi di riflessione nel riconoscere il diritto delle persone disabili, all’affettività e alla sessualità, preparando le famiglie e la società tutta al bisogno primordiale di normale adesione che è presente anche nella persona portatore di disabilità.
Se da un lato l’handicap rappresenta una difficoltà che una persona disabile possa incontrare nel proprio percorso di sviluppo umano, è pur vero che essi hanno bisogno di percorrere delle tappe perché possono confrontarsi all’interno della società sul tema affettività e sessualità e nonostante la società risulti ancora troppo impreparata, è importante formare tutti al pieno raggiungimento della consapevolezza del sé emozionale ed affettivo che può riguardare tutti, compreso le persone con disabilità.
Pertanto è importante spostare l’ottica del modo in cui si guarda alla sessualità e alla disabilità come mera occasione di accoppiamento sessuale o soddisfazione o necessità di soddisfare i propri bisogni relazionali ed affettivi: la sessualità riporta la persona nella sua globalità, si concepisce come componente della relazione e della comunicazione attraverso i corpi e nel momento in cui si consuma l’atto sessuale, la persona disabile si percepisce senza alcuna difficoltà e riesce talvolta a soddisfare un proprio bisogno ed un bisogno dell’altro.
Infatti in alcuni Stati europei per non permettere alle persone disabili di rinunciare alla propria sessualità, ci sono gli assistenti sessuali per persone disabili che ascoltano, cercano di capire, cercano di soddisfare e dare piacere alla persona senza paure né disagi e utilizzano modalità di approccio molto semplici. Queste figure aiutano le persone disabili a provare meno imbarazzo possibile e quindi più sicurezza nel rapportarsi con qualcuno, instaurando anche qualche relazione di tipo affettivo: il diritto alla sessualità è una necessità che non deve essere preclusa a nessuno soprattutto alle persone disabili che come le persone comunemente definite normodotati, provano impulsi e desideri perché dotati di testosterone gli uomini e di progesterone le donne.
Un sondaggio del sito disabili.com, il portale di riferimento italiano per le persone disabili, asserisce che il 77% di essi è favorevole all’assistenza sessuale. Il rispetto della libera sessualità deve comunque riguardare anche nel caso la persona diversamente abile sia attratta verso la persona dello stesso sesso e anche in questo caso l’omosessualità va accompagnata in modo sereno e consapevole, senza giudizi di valore nel rispetto dell’individuo.
Anche le persone con disabilità possono imparare a riconoscere e accettare il proprio lenta mento sessuale e la propria identità e scegliere a chi manifestare il proprio desiderio e i propri sentimenti.
In conclusione è importante tener conto che i bisogni affettivi e sessuali dei disabili si esprimono in modo diverso a secondo del loro deficit, delle proprie esperienze, delle autonomie e delle capacità cognitive, intellettive e ciò nonostante la loro difficoltà soggettiva non sempre può compromettere il loro modo di vivere la sessualità, magari cambiano le modalità di espressione.
Talvolta la maturazione sessuale di un figlio disabile, può essere vista da un genitore come l’atteso segno di guarigione ma in realtà la sessualità dei disabili come le persone normodotate non è altro che espressione di un programma biologico orientato alla riproduzione e non sempre tiene conto della possibilità di un reale scambio affettivo ed emozionale.
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