Gennaro Cariulo, uno dei commercianti più in vista di Pomigliano, come è cambiato il commercio a Pomigliano dopo il Covid e la guerra?
Il covid e la guerra russo-ucraina hanno inciso, oltre che economicamente, anche socialmente e culturalmente sul comparto. Si preferisce ordinare sui marketplace piuttosto che “scendere a far spesa”. Caro energia e caro materie prime hanno fatto il resto. A questo si aggiunge una mancata programmazione da parte della uscente amministrazione locale su come supportare il commercio in maniera diretta e indiretta. Le poche occasioni create non hanno inciso in modo significativo. Basti pensare che in questi due anni la voce a bilancio per il commercio è stata ZERO.
Si registrano tante chiusure di serrande e la movida, fulcro centrale della città fino 2 o 3 anni fa, sembra scompaginata, i ragazzi preferiscono altre città rispetto a Pomigliano. Come si argina questo fenomeno?
Il termine “movida”, usato in modo impropriamente negativo in tutti questi anni, ha di fatto creato un effetto boomerang che ha paradossalmente allontanato il “turismo d’accoglienza” sano, definito “alto-spendente”. Si è coniato il termine dispregiativo “Pomigliano D’Alcool” e si sono visti slogan politici programmatici come “Pomigliano non è una paninoteca”.
Ossimori ideologici che hanno contribuito, grazie all’immobilismo amministrativo, ad abbassare il livello di attratività del nostro paese. Pomigliano per dieci anni è diventata cittadina riconosciuta per le innumerevoli attività eno-gastronomiche di qualità, epicentro di flussi da ogni parte della Campania e di investimenti importanti da parte di brand di comparto regionali e nazionali. Come sempre, ci siamo tirati la zappa sui piedi e abbiamo trattato il vero traino del commercio pomiglianese demonizzandolo a unico creatore di problemi. Il commercio, nel senso più ampio del termine, va messo al centro dell’economia cittadina. Va supportato, incentivato e, anche, regolarizzato ove ce ne fosse bisogno.
Come si regge alla crisi, al caro energia e delle materie prime?
Dalle crisi nascono sempre nuove opportunità. Basti pensare che lo sviluppo del comparto d’accoglienza pomiglianese nasce a seguito della crisi finanziaria del 2010.Bisogna lavorare all’interno delle proprie attività su una accurata gestione dei costi, sulla rimodulazione degli orari di lavoro, approcciando in modo innovativo e sostenibile, uscendo dai soliti schemi e facendo viaggiare le idee prima di tutto.
Dopo il passaggio dai campi all’industria, c’è stato poi la fioritura rapida del commercio. Ora sembra vanificata. Pomigliano ha bisogno di trovare una nuova vocazione: secondo te quale potrebbe essere?
La vocazione è già segnata e va solo riscoperta. Pomigliano ha le carte in regola, anche dal punto di vista sociale e culturale, per continuare sul percorso che l’aveva portata ad essere la “perla dell’accoglienza” del vesuviano e non solo.
Tutti i commercianti pomiglianesi, di concerto con l’amministrazione comunale e con gli attori di opinione pubblica, hanno il dovere di ritrovarsi insieme verso un unico obiettivo.
Per risalire la china Pomigliano cosa deve fare?
Affidarsi a una visione moderna e contemporanea di città. Mettere al centro le persone con un obiettivo di crescita economica sostenibile e sostenuta. Non ci sono ricette pre - formate per rilanciare una città ma soluzioni oggettive che vanno calibrate relativamente al tessuto sociale, culturale ed economico. Credo nella circolarità dei tutte le componenti di una città che, sviluppate al meglio, possano, attraverso fasi di interscambio, portare benefici comuni. Ci vuole dialogo e chiarezza.
Il PNRR rappresenta una opportunità. Spero che una parte di questi fondi vengano attribuiti al settore del commercio, anche per vie indirette. Ne abbiamo bisogno.
Che consiglio darebbe al prossimo amministratore di Pomigliano?
Di essere presente sul territorio e di avviare costante e proficua interlocuzione, nel nostro caso, con i rappresentati del commercio. Di risolvere i problemi di viabilità, igiene/decoro urbano, di micro criminalità e sicurezza che interessano il centro cittadino e non solo. Di ridurre al massimo le esternalità negative ( rete elettrica satura, continue emergenze idriche). Di rilanciare il centro storico pomiglianese e di avviare un piano concreto di iniziative ed eventi per valorizzare e rilanciare il commercio cittadino. Di mettere al centro del bilancio economico e morale l’economia pomiglianese.
Come vede Pomigliano da qui a 20 anni?
Al netto di tutte le problematiche comuni alle città della provincia di Napoli, immagino una città più verde, con spazi comuni sviluppati, una città di “passeggio” e gradevole dal punto di vista urbanistico, dove si possa fruire dei servizi alla persona in maniera comoda, una città collegata, senza barriere, una città “ricca” ed inclusiva non solo dal punto di vista economico ma anche culturale e quindi sociale. Una città contemporanea, una perla d’accoglienza.
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