L’assassinio di Frederick Akwasi Adorfo svela due realtá qui a Pomigliano.
Una è quella nella quale molti di noi, un po' inconsapevolmente, ci crogioliamo, pensando che sia l’unica o almeno la prevalente. L’ha raccontata il sindaco Lello Russo, in un messaggio diffuso in rete in cui parla di una Pomigliano accogliente e solidale. Una Pomigliano che esiste, senza dubbio, nella quale la larghissima maggioranza di noi si ritrova.
Ma tutti abbiamo ora visto che ne esiste anche un’altra, quella svelata dalla indagini dei Carabinieri, che hanno in poco tempo individuato gli autori dell’odioso gesto criminale costato la vita al 43enne gahanese. Una Pomigliano che vive di modelli criminali, di violenza praticata e ostentata, elevata a stile di vita sui social. Una Pomigliano minoritaria, sicuramente, ma assai pericolosa.
In un momento di smarrimento collettivo come questo, all’indomani di un fatto che pone Pomigliano all’attenzione dell’intera Italia per un episodio di cronaca nera tra i più odiosi, sarebbe doveroso, oltre alla costernazione, cercare di comprendere cosa accade tra le nostre strade. Perché, esattamente come la diagnosi per chi è ammalato, capire di cosa si soffre rappresenta la via obbligata per provare a guarire.
Chi conosce Pomigliano, chi la vive oltre la schiera sociale di propria appartenenza, comprende bene che il razzismo, inteso come idea di suprematismo, c’entra ben poco con questo episodio criminale. La prova è nei profili sociale dei due ragazzi sottoposti a fermo per l’omicidio di Frederick. Nei loro video si esalta la violenza e il modello criminale, ma senza nessun accenno all’armamentario dialettico dell’odio razziale.
Ha ragione il sindaco quando dice che la nostra infatti non è una comunitá percorsa da mali del genere, e sarebbe forviante confondere espressioni di gretta ignoranza, col razzismo. Insultare una persona appellandosi al colore della pelle, qui da noi, diversamente che altrove in Europa o a qualche altro luogo della stessa Italia, è un’arma verbale brandita nell’ambito di un generico atteggiamento violento, ma non è espressione di un vero e proprio pensiero di matrice razziale o nazionalista, qui a Napoli.
Ciò detto, resta però il gravissimo problema, esaltato e attualizzato da questa morte assurda: le due Pomigliano che sono costrette a convivere su linee parallele, che quando si incrociano restituiscono un quadro come quello dell’omicidio di Frederick.
La realtá è che le nostre cittá, della provincia e Napoli compresa, sono un luogo assolutamente insicuro. I luoghi pubblici sono letteralmente consegnati nelle mani di manipoli di ragazzi, spesso giovanissimi, che si sono appropriati del territorio e la fanno da padroni, abbandonandosi a comportamenti talvolta prepotenti e violenti, ma sempre molesti. Soprattutto di notte. E se il più delle volte non succede nulla di grave, se nessuno viene picchiato o insultato, è semplicemente perché tutti cercano di tenersi alla larga da questi gruppetti, le cosiddette baby gang, subendone la maleducazione prevaricante, ma tutto sommato senza riportare danni diretti.
Il fenomeno qui è sotto gli occhi di tutti. Piazza Giovanni Leone, l’ex piazza Primavera, via Terracciano, via Passariello, via Roma, ogni notte sono l’arena dove, tra schiamazzi degni delle più selvagge scimmie urlatrici, vanno in scena imprese autoveicolari pericolosissime, occupazioni di territorio che costringono le persone comuni a tenersi a distanza, evitando di volgere pure un’occhiata. Quotidianamente non accade nulla semplicemente perché tutti si fanno i fatti loro. Ma basterebbe un rimprovero, uno sguardo di troppo, perché possa scattare l’aggressione del branco. Con conseguenze imprevedibili. Col povero Frederick, abbiamo visto come può andare a finire.
La realtá è che di notte Pomigliano, come tutti i comuni del napoletano, è terra di nessuno dove i peggiori prendono il sopravvento. A farne le spese, come sempre accade, è stato il più debole, il malcapitato Frederik. Magari avrá detto una parola di troppo, magari si sará solo permesso di rispondere qualcosa, alla domanda “ma che tieni da guardare?”, lanciata come un’esca per scatenare la violenza assassina.
Passato il dolore immediato, superato lo shock, dopo il doveroso cordoglio urge un intervento efficace e duraturo delle forze dell’ordine, tutte, le quali hanno il preciso dovere morale e prima ancora giuridico, ciascuno per le proprie funzioni, di togliere la cittá dalle mani di questa gentaglia rozza e incivile che se ne è appropriata, riconsegnandola a noi persone comuni. In che modo non sta a noi dirlo, certo occorre un approccio professionale, che lasciamo a chi ne ha competenza. L’unica cosa che a noi può interessare è il risultato. Perché nessuno deve sentirsi insicuro, a Pomigliano.
Nessuno deve rischiare la vita per una baby gang scatenata. Le due Pomigliano, quella serena e operosa descritta da Lello Russo, e quella dei due assassini ragazzini, non possono convivere. La prima deve prevalere. E chi ha il compito istituzionale di tutelarci, deve farsene carico efficacemente.
Non so chi ha detto che “il crimine é il risultato di eccessi sociali”. Ecco, forse interroghiamoci su questo.
di Francesco Cristiani
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