Si è in tal modo fatto credere a molti (perché molti purtroppo sono i superficiali) che a Pomigliano l’attivitá edilizia in questi ultimi anni si sia svolta in massima parte al difuori di ogni regola di legalitá. La cittá è stata bollata come epicentro dell’abusivismo. Nessun’altro comune dell’hinterland napoletano è assurto tante volte a tale ben poco commendevole rango, nelle cronache locali.E mentre la cattiva fama di Pomigliano si accresceva, di pari passo attraverso questa narrazione si delineava una sorta di epico scontro, tra forze del male e tutori del pubblico bene.
Pomigliano ha un disperato bisogno di legalitá e giustizia. Mai come ora.
Negli ultimi anni, quelli coincidenti con la sciagurata esperienza dell’amministrazione Del Mastro, della nostra cittá è passata una narrazione che l’ha descritta come un covo di malaffare. Un luogo dove gli interessi mafiosi si sono saldati con la mala politica. Un’intera comunitá si è ritrovata dipinta come vittima di una speculazione edilizia affamata e ottusa.
Lo stesso sindaco decaduto non ha perso occasione, dinanzi l’assise cittadina, per ribadire il concetto. Gli faceva eco qualche esponente della cosiddetta societá civile, che evidentemente non stava (non sta) nei panni, per l’occasione tanto ghiotta quanto insperata, di vedersi sotto le luci della ribalta.
Si è in tal modo fatto credere a molti (perché molti purtroppo sono i superficiali) che a Pomigliano l’attivitá edilizia in questi ultimi anni si sia svolta in massima parte al difuori di ogni regola di legalitá. La cittá è stata bollata come epicentro dell’abusivismo. Nessun’altro comune dell’hinterland napoletano è assurto tante volte a tale ben poco commendevole rango, nelle cronache locali.
E mentre la cattiva fama di Pomigliano si accresceva, di pari passo attraverso questa narrazione si delineava una sorta di epico scontro, tra forze del male e tutori del pubblico bene.
In questi ultimi giorni stiamo scoprendo che cosi’ non era. Che le costruzioni bollate come abusive, rispondevano invece ai requisiti di legalitá.
Il merito di questa operazione-veritá si deva alla Giustizia. Quella con la G maiuscola, quella amministrata dai Giudici. Giudici veri.
Perché, occorrerebbe riconoscerlo, in questo strano paese che è l’Italia, troppo spesso si confonde la legalitá con le accuse, la giustizia con l’indagine.
D’altro canto, che ci sia un problema di fondo, di cui vi è una evidente traccia anche semantica, lo dimostra qualcosa a cui nessuno fa caso: l’appellativo riservato a due persone di indubbio valore morale e civile, due autentici martiri della nostra Repubblica, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Basta digitare la ricerca sulla tastiera del computer. Accanto ai loro nomi compare subito l’appellativo “giudici”. Ma Falcone e Borsellino non erano giudici. Erano sostituti procuratori, pubblici ministeri: la parte che sostiene l’accusa. Mentre il giudice è un’altra cosa, è colui che è posto in posizione di terzietá. Giusto per la precisione, sarebbe bene allora chiarire che Falcone e Borsellino erano magistrati. Il che ovviamente non toglie nemmeno un grammo al valore del loro immenso sacrificio. Ma non erano giudici. Perché la giustizia non la amministrano i PM, ma i giudici.
Questo per dire che c’è un grossolano equivoco da sgomberare. La legalitá non sono le denunce, gli esposti, e sequestri. E non lo sono nemmeno gli arresti. Queste cose tante volte lambiscono la legalitá, magari in molti casi la preannunciano, ma non si immedesimano con essa. Perché appartengono più che altro alla sfera dell’accusa, non al giudizio di conformitá di un fatto, di un episodio di vota, rispetto alla norma legale.
Capita allora tante, troppe volte, che un’accusa si riveli infondata, che una misura cautelare non sia convalidata, o che chi è stato denunciato e magari gettato dai media in pasto all’opinione pubblica, poi sia riconosciuto non penalmente responsabile, all’esito del pieno contraddittorio giudiziario. Questa è infine la Giustizia. Non quella delle misure cautelari. E chi ha davvero a cuore la legalitá, chi ha il dovere legale di perseguirla, dovrebbe prendere atto ogni volta che i giudici (che sono ben altro, ripetiamolo, rispetto ai PM) gli spiegano, attraverso i provvedimenti, come stanno le cose.
Pomigliano (e con lei molti pomiglianesi) è stata trattata come un mostro e sbattuta in prima pagina. La Giustizia ora ci sta dicendo che non se lo meritava.
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