Spostare il tetto al contante è una delle azioni di governo previste nella manovra economica, che intende abolire la vecchia limitazione (fissata a 1000 euro dal 1° gennaio 2023), innalzando la soglia fino cinquemila euro.
Il solo annuncio ha suscitato un vespaio di polemiche, puntando il dito su un possibile regalo agli evasori e criticando la proposta come un passo indietro rispetto alla modernizzazione monetaria dell’Italia in rapporto al resto dell’Europa. Peccato che sono esattamente i paesi in cui la moneta elettronica è più usata a non avere alcuna limitazione al contante, e sono sempre quegli stessi paesi a registrare un tasso di evasione fiscale pressoché inesistente.
Infatti, da fonti della BCE (Banca Centrale Europea) i Paesi Bassi sono al primo posto per l’utilizzo della moneta elettronica e non hanno alcuna limitazione all’uso del contante, oltre a registrare un indice di corruzione tra i più bassi dell’Unione Europea insieme a Danimarca, Finlandia e Norvegia.
Anche la Germania, che non ha alcuna limitazione al danaro contante, è tra i paesi meno corrotti dell’Unione ed ha un buon posizionamento nella classifica all’utilizzo della moneta elettronica.
Allora da che parte pende la bilancia della verità? Innalzare il tetto al contante è un regalo agli evasori o un favore alle classi più povere, come spesso si sente dire da qualche esponente politico?
Analizzando i dati della BCE e scartabellando tra le testimonianze e gli atteggiamenti degli operatori commerciali si capisce immediatamente che entrambe le posizioni sono totalmente scollate dalla realtà. È del tutto evidente che le classi povere non si pongono il problema della soglia, dal momento che pensionati, stipendiati o chi ha tangibili difficoltà di sussistenza non ne avrebbe vantaggio o limitazione; a meno che non sia possessore di un’eredità in banconote ben conservata sotto il materasso e in attesa d’essere spesa. In questo caso si favorirebbe la rimessa in circolo dei cosiddetti risparmi fantasma.
Al contrario allentare le maglie della limitazione potrebbe essere d’aiuto al commercio, in particolare agli esercenti al dettaglio e del lusso, che non dovrebbero più rinunciare ai clienti –soprattutto a ricchi stranieri– che desiderano pagare con moneta sonante gli acquisti di gioielli, soggiorni o cene esclusive; evitando che taluni operatori possano essere tentati dalla voglia di sburocratizzare la procedura accettando danaro liquido oltre la soglia di legge, senza emettere alcun documento fiscale per non trovarsi disallineati con la norma vigente.
Basterebbe questo per spiegare, a chi si oppone all’innalzamento del tetto all’uso del contante, che la limitazione spinge –in particolare in periodi di crisi– ad offrire prestazioni, beni o servizi senza dichiararli, favorendo un’economia totalmente sommersa che toglie dati alle statistiche sull’evasione in Italia, ma peggio toglierebbe risorse allo Stato, alimentando un circuito d’affari sommersi da cui perfino le banche ne sarebbero escluse a vantaggio del riciclaggio e dell’usura; una manna per le organizzazioni criminali.
Pur sembrando un paradosso, le limitazioni alla circolazione del contante scoraggiano gli operatori commerciali a dichiarare le transazioni e annichiliscono la voglia dei piccoli e medi imprenditori ad incrementare il volume d’affari in virtù che molti clienti potrebbero non essere possessori di carta di credito o di conto corrente. Ipotesi non del tutto fantasiosa, dal momento che gli atteggiamenti aggressivi dei prelievi forzosi –per diverse ragioni– dai conti bancari, o i temporanei problemi d’insoluto espellono il consumatore fuori dal circuito della moneta elettronica, creandogli non pochi disagi. Così il danaro liquido resta l’unica alternativa e limitarne l’uso –ai soli mille euro– vorrebbe dire impedire a tali soggetti l’acquisto di beni di medio livello (oggi per certi versi necessari) tra cui: computer, cellulari o strumenti per la mobilità sostenibile; tanto raccomandati dalle pubbliche amministrazioni. In Italia, inoltre, esistono più di quindici milioni di persone senza conto corrente bancario e che sarebbero discriminati per legge, diventando –di fatto– consumatori clandestini costretti ad usare l’unica effettiva forma di pagamento pubblica, ossia il danaro contante. Una dichiarazione questa non a caso dal momento che l’alternativa ai soldi e data dalle carte di credito, bonifici o assegni: tutte forme di pagamento ideate, affidate e gestite da privati, in totale distonia con il concetto del danaro come bene pubblico e accessibile a tutti.
Non sarebbero quindi le brutali restrizioni alla circolazione delle banconote a fungere da contrasto all’evasione fiscale e al riciclaggio, ma una migliore gestione della macchina fiscale. Una valida alternativa sarebbe l’uso ragionato delle nuove tecnologie che verrebbero in aiuto per controlli più rapidi e mirati sui patrimoni, sul tenore di vita, sul possesso dei beni di lusso, sulla frequenza dei viaggi e vacanze, coinvolgendo imprese e operatori economici a farsi garanti della legalità in cambio di feedback fiscali, crediti d’imposta e riduzione della imposte quale premio per contributo offerto alla lotta all’evasione e all’affermazione della legalità.
di Mario Volpe
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