C'era una volta la Politica (la cultura, il giudizio e le coscienze)

Vittorio Piccolo

C'era una volta la Politica (la cultura, il giudizio e le coscienze)
C’erano una volte le grandi famiglie politiche:
Liberali, Repubblicani, Monarchici, Comunisti, Socialisti, Conservatori
.Giacimenti antropologici di valori che corrispondevano ad altrettante strutture mentali con cui, attraverso il proprio giudizio critico, si guardava e giudicava il mondo
Il Mondo, dunque, attraverso l’Io.
Di conseguenza venivano i relativi partiti politici che, anticipando e guidando i propri elettori, disegnavano la propria idea di stato, concorrendo a realizzarla.
Certo, non ci si improvvisava.
Le scuole di partito erano rigide quanto severi i collegi: tanto studio teorico, tanta cultura e poi tanta gavetta, cominciando a portare le borse e poi a cimentarsi con l’amministrazione della Res Pubblica a partire dai comuni. Gli onorevoli, poi, erano i gioielli di ogni partito, la summa dei valori che rappresentavano.
I “cambi di casacca” semplicemente non potevano esistere (per questo i padri costituenti avevano lasciato tanta libertà), non per legge ma per etica, morale e decenza.
(A proposito di decenza: A mare? In giacca e cravatta!
Ma Oggi?
Oggi è l’epoca della “devianza” (persino ostentata e rivendicata!), è l’epoca dei social (che fanno da filtro alla vita), e l’epoca degli influencer (con i propri messaggi tanto potenti quanto vuoti).
(E sulla decenza, tra foto a torso nudo, festini, party nelle residenze istituzionali e orge… lasciamo perdere!)
Si guarda la realtà attraverso lo schermo del proprio cellulare, ci si forma e si interagisce in un mondo parallelo, plasmato da pochi editori, che codifica e standardizza ogni idea.
Di conseguenza sembrano cambiati anche i valori politici con il modo di vedere le cose; si sicuro sono cambiati i partiti politici:
a parte il conservatorismo, rinato dopo una metamorfosi storica che ne ha in parte cambiato i connotati, e qualche coraggioso tentativo di restaurare liberali e repubblicani, possiamo dire che che tutte le famiglie politiche del 900 sono scomparse, lasciando il posto alle nuove.
Oggi ci sono i progressisti, i nazionalisti, gli europeisti, gli atlantisti.
E non è un caso che finiscano tutti con “isti”; così come per ogni fondamentalismo, l’appartenenza agli uni o agli altri segna una precisa scelta di campo.
I dogmi sostituiscono i valori.
Tale radicalismo di pensiero non corrisponde tuttavia ad una profondità dello stesso.
Che base valoriale hanno,
che cultura unisce i propri elettori?
Oserei rispondere: nessuna!
Riprova ne sono le strabilianti contraddizioni all’interno delle coalizioni, ad esempio sull’Atlantismo: chi si erge a paladino di tale “famiglia politica” (ndr Letta) in realtà è coalizzato con chi se ne è sempre chiamato fuori (ndr Fratoianni); ma anche a destra ci sono posizioni diverse (anche se più sfumate).
Ma poi, che significa Atlantismo? E quali valori e quale potenza lo ispirano? (Gli USA? Ma quelli oggi di Biden o quelli di ieri - e di domani? - di Trump?).
E che significa Europeismo quando nella stessa Europa ci sono visioni ed interessi totalmente diversi e a volte contrapposti (vedi il tema dell’energia, una su tutte il tema della borsa di Amsterdam che ne agevola la speculazione sui prezzi) e quando lo stesso leader di una importante famiglia politica del parlamento europeo (appunto, i conservatori) viene tacciata di essere “anti europea” (ndr Meloni)?
Sarà pur legittimo criticare scelte che, oggettivamente, ci stanno autodistruggendo? Si possono criticare guerre e genocidi in corso che stanno distruggendo i nostri popoli?
Sembra proprio di no, pena esclusione dalle competizioni elettorali e fatwa sociale!
Ma si può almeno cambiare idea rispetto a posizioni del passato, magari giovanili?
Dipende.
Se questo cambio parte dall’alto ok, allora leaders e interi partiti possono coalizzarsi con il “nemico” e combattere per le sue battaglie, rinnegando le proprie.
Ma se invece parte da una personale riflessione, allora no.
E questo schema sembra ripetersi anche riducendo il grandangolo.
Le scelte delle singole nazioni, a volte anche di interi continenti sembrano essere presi da altri, da qualcosa di apolide e indefinibile.
Si può definire universalismo o mondialismo ed ha molto a che fare con quell’unica lente, distorta, da cui ormai tutti guardiamo la realtà.
Una “perenne condizione onirica indotta dal consumismo digitale che lentamente decostruisce la società” (cit. Emiddio Novi), appiattisce le differenze e ne plasma bisogni e valori.
* L’Io, dunque, attraverso il Mondo.*
È così, dunque che, nell’ “ipertrofia della memoria e vaghezza di prospettiva” (cit. Marco Demarco), scompare la Politica.
Dunque, pur laddove qualche valore e personalità ispirata ad esso continui a resistere, non soppiantato totalmente dalle altre categorie che si appropriano di questo spazio (I tecnici, i professori, i magistrati), si fa molta fatica ad emergere schiacciati dal silenzio dei grandi media, dalle fatwe social, dal conformismo integralista, anche se vuoto.
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