In Italia il diritto all'aborto è garantito dalla legge 194, approvata nel 1978, 44 anni fa. Un tempo che sembra enorme per portare all'applicazione totale di una norma ma che in Italia non è ancora abbastanza.Per le donne accedere all'interruzione volontaria di gravidanza è un vero percorso ad ostacoli. Un dato su tutti: nel nostro Paese più di 70 ospedali contano oltre il 70 per cento di obiettori di coscienza.Una fotografia che appare ancora più buia guardando agli Stati Uniti dove la Corte suprema ha ribaltato la storica sentenza Roe Vs Wade, che da quasi 50 anni garantiva a livello federale l'accesso all'aborto.
«I diritti che sembrano acquisiti possono essere sottratti alle persone da un momento all’altro»ha sottolineato la tesoriera di Radicali Italiani e promotrice della campagna Libera di Abortire. Per questo anche in Italia è così importante continuare a difendere il diritto all'aborto. Nel nostro Paese la legge 194 tutela l'autodeterminazione delle donne che, però, viene continuamente erosa dalle percentuali altissime di obiettori di coscienza e da numerose giunte regionali, come quelle di Marche e Abruzzo, che sfruttano le zone grigie della legge per impedire nei fatti l'accesso all'aborto rifiutandosi, ad esempio, di seguire le nuove linee di indirizzo ministeriali sull'aborto farmacologico.
Con la sentenza americana, da oggi negli Stati Uniti ogni singolo Paese potrà decidere di adottare la legislazione che preferisce, senza vincoli a livello federale. Con il probabile risultato, già anticipato dalle pagine del New York Times che si arriverà a un divieto quasi totale di praticare l'interruzione di gravidanza in metà degli stati. «Un grande passo indietro internazionale», ha commentato Emma Bonino in un'intervista al Corriere della Sera. Purtroppo questa sentenza è vincolante punto e basta. Non è che adesso si può ricorrere contro la Corte Suprema, è come quando in Italia la Corte Costituzionale decide che un referendum non va bene, la cosa si chiude lì.
Tutto ciò è inaccettabile. La decisione della Corte Suprema americana dimostra che non possiamo mai smettere di lottare per i diritti e per difendere quelli acquisiti, ogni giorno. Dobbiamo essere in prima linea per dire no.
In Italia benché la 194 esista da quasi 50 anni, in ogni regione per le donne accedere all'interruzione di gravidanza è difficile. Una condizione che è stata già denunciata anche dal Comitato europeo dei diritti sociali, organo del Consiglio d'Europa. Il Ministero della Salute da diversi anni non fornisce, neanche su richiesta, i dati aggiornati sulle violazioni dei diritti riproduttivi, sugli aborti clandestini e sulle conseguenze dell’aumento degli obiettori. Mentre attendiamo dalle nostre istituzioni segnali chiari a tutela delle donne, continuiamo a batterci perché la 194 sia rispettata e migliorata anche in nome e in solidarietà delle donne americane.
In 26 strutture ospedaliere italiane l'obiezione di coscienza raggiunge il 100 per cento. Ne consegue un aumento del ricorso agli aborti clandestini da Nord a Sud,grazie al reperimento online dei farmaci necessari, che non riescono ad essere tracciati dalle ricerche. Se una donna si trova nella situazione di dovere abortire in Sicilia, deve affrontare un calvario .
Anche l'aborto farmacologico (RU-486) viene molto spesso ostacolato, nonostante sia stato introdotto in Italia dal 2009, entro la nona settimana di gestazione. In Francia è possibile dal 1988 e in Inghilterra dal 1990. L'obbligo di ricovero in ospedale è stato eliminato ed è stata prevista la somministrazione in ambulatorio e nei consultori.Per quanto ancora dovremo lottare.
Quando ho appreso la notizia della Corte Suprema, quello che ho sentito è stato un potenziale rischio. Dando una visione più allargata, non esiste solo l’aborto “tengo o non tengo” questo bambino; ci sono tanti aborti che sono terapeutici avvengono per malformazioni gravi al bambino, oppure perché si è subito abusi intrafamiliari, extrafamiliari, ecc… Esistono tanti casi e situazioni. Senza entrare nel giudizio di etica o non etica, ma credo che quando viene negata una scelta, non si eviti la cosa in sé, ma, aumentando la disperazione, il rischio è di farsi molto male e di affidarsi a chiunque purché si risolvi il “problema”. Le persone disperate, compiono gesti disperati. Serve amorevolezza, non privazione per donne che stanno soffrendo e che comunque porteranno con loro le cicatrici di questa scelta.
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