Il tanto temuto distacco è avvenuto e da oggi il metano, che arriva in Europa, gorgoglia solo dagli squarci del gasdotto Nord-Stream 1. Una lunga sfilza di tubi costruita nel 2011 in cui scorre il gas dalla Russia verso il Nord Europa. Il danno al gasdotto russo è diventato il pretesto per innescare polemiche rivolte ad inasprire reciproche accuse tra Mosca e l’Occidente. Infatti, da subito si è puntato il dito su un possibile sabotaggio della struttura che, fino allo scorso anno, aveva contribuito alla crescita degli scambi commerciali con Mosca.
Purtroppo, la speranza iniziale che le falle al Nord Stream fossero attribuibili a possibili eventi accidentali sono naufragate dopo che la stazione sismica svedese ha registrato due esplosioni nella notte del 26 settembre scorso. Ma la riduzione del flusso di gas verso l’Europa è diminuita in progressione all’inasprimento delle sanzioni contro la Russia a causa dell’invasione armata in Ucraina. Una riduzione dei flussi costante in risposta alle sanzioni imposte da Bruxelles, che non ha esitato ad accusare la Russia di autolesionismo danneggiando deliberatamene il gasdotto per sospendere definitivamente il flusso di metano verso il Nord Europa.
Del resto, Putin lo aveva detto chiaramente che le sanzioni avrebbero innescato ritorsioni sulle forniture di metano. Un gioco perverso di costante risposta a ogni nuovo provvedimento dell’Unione Europea contro Mosca come reazione a nuovi attacchi e bombardamenti all’Ucraina.
Lo stesso trattamento lo Zar lo ha riservato all’Italia ordinando a Gazprom di chiudere il rubinetto all’Eni. Così il colosso del gas Russo ha comunicato l’impossibilità di far transitare il metano attraverso il gasdotto austriaco che serve l’Italia. Una conseguenza che molti economisti ed analisti si aspettavano in virtù della guerra e che ha spinto il governo italiano a chiedere un incremento delle forniture da altri paesi come Egitto, Congo, Quatar e Nigeria per raggiungere nel 2024 il volume di 18 miliardi di metri cubi necessari al fabbisogno della popolazione. Ma a quale prezzo viene da chiedersi?
Certamente privarsi di un importante fornitore come la Russia, in un tempo così breve, non può che spingere al rialzo le quotazioni del gas in ragione della domanda e dell’offerta di mercato, riversando –così– sulle spalle di famiglie e imprese continui aumenti a cui sembra difficile porre un freno.
Ad oggi, una preoccupazione crescente serpeggia tra molte imprese che non riescono a sostenere i costi del caro-energia e costrette ad abbassare le saracinesche. Una scelta che impatta negativamente sulla crescita economica di un paese –il nostro–, che potrebbe trovarsi ad affrontare i disagi dell’inverno senza un’adeguata preparazione, nonostante il ministero della transazione ecologica rassicuri sulla disponibilità delle scorte. Scorte che, secondo alcuni tecnici, sono palesemente insufficienti.
Viviamo, ad oggi, una condizione estremamente delicata che rischia di portare avanti le tenzioni tra l’occidente e la Russia fino alle estreme conseguenze che, a prescindere dai sentimenti di patriottismo, dovrebbero essere mitigate da una buona politica di mediazione Europea, non solo per garantirci l’energia, ma soprattutto per la pace di cui il mondo ha bisogno.
di Mario Volpe
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