- Chi sta vincendo le elezioni?
Ci troviamo di fronte a una situazione inedita e imprevista, con elezioni programmate a fine settembre e l’avvio di una campagna elettorale in pieno agosto. Si entrerà nel vivo nelle prossime settimane anche se il quadro che stanno delineando i sondaggi fotografa un trend e uno scenario abbastanza chiaro, complice anche la legge elettorale, con un centrodestra che si presenta compatto in vantaggio ed il fronte alternativo diviso in tre differenti proposte elettorali.
- Cosa pensi del maquillage culturale della Meloni?
Dopo lil fallimento del progetto del PdL, Fratelli d’Italia nasce come contenitore che si proponeva di raccogliere gli ex esponenti di Alleanza Nazionale che non avevano seguito il presidente Fini nel progetto centrista di Fli. Alle elezioni del 2013, ottenne poco meno del 2% e una residuale rappresentanza parlamentare. E’ riuscita a sopravvivere in questo turbolento decennio della politica italiana e a ritrovarsi alla vigilia di queste elezioni in una posizione di vantaggio rispetto agli altri partiti. Circa quello che lei definisce il “maquillage”, va fatta una profonda riflessione sul progetto che la Meloni propone in questa tornata elettorale, ossia la costruzione di un partito conservatore in Italia.
- A quali fattori fa riferimento?
Nelle settimane scorse, un parlamentare di lungo corso come Gianfranco Rotondi vede nell’evoluzione di FdI il recupero del progetto che era dietro la nascita del PdL. Con le candidature di sensibilità liberali (Pera, Nordio), cattoliche (Malagola, Rotondi), personalità di area (Tremonti, Terzi di Sant’Agata) la Meloni sta di fatto andando oltre la sua storia, lavorando alla costruzione di un contenitore più ampio della destra italiana. Un programma ambizioso, testimone del processo di maturazione della leader di Fdi. Nel quale, tuttavia, emerge un limite. Ossia, la sua realizzazione attraverso un appuntamento elettorale e non una fase congressuale con la quale, anche l’opinione pubblica, avrebbe potuto verificare i contenuti e il reale consenso tra i militanti di questa evoluzione.
- E sulla sua affidabilità istituzionale e la polemica fascismo/antifascismo?
Circa il primo aspetto, questa trasformazione è frutto della consapevolezza dello scetticismo prevalente in alcuni consessi internazionali. Non a caso, la campagna della Meloni è tutta rivolta a tranquillizzare gli interlocutori stranieri, fissando paletti chiari sul posizionamento del nostro Paese. Lo raccontava bene qualche settimana fa il professore Giovanni Orsina sugli organi di stampa, esiste un vincolo esterno che riguarda l’Italia e la leader di Fdi, da veterana ormai della politica, ne è consapevole. Sul fascismo/antifascismo, si tratta di una riflessione ampia che investe anche le strategie degli avversari. In ogni caso, la Meloni è una donna del 1977 e ha solo da perdere se pensa di rinverdire pagine buie della storia. Il suo problema potrebbe essere rappresentato da alcuni suoi compagni di viaggio. Diciamo in sintesi, di augurarci di non vedere, in caso di vittoria il 25 settembre, la scena dei saluti romani vista il giorno della elezione di Alemanno a sindaco di Roma.
- In merito al centrosinistra, come valuta la strategia del PD?
Abbiamo assistito con disorientamento alle vicende che hanno portato alla costruzione dell’alleanza elettorale. Di fronte al pericolo sovranista, Letta aveva l’opzione di tenere unito tutto il fronte alternativo in un’alleanza repubblicana, cercando accordo su figure di garanzia all’uninominale. La chiusura immediata e irreversibile al M5S ha reso impraticabile questa ipotesi. Il tentativo degli accordi programmatici disgiunti si è rilevato fallimentare, alla luce della rottura con Calenda. L’idea di una copertura a sinistra inglobando Speranza e Fratoianni in chiave anti-Conte non sta dando i frutti sperati. Gli resta l’auspicio di essere il primo partito. Se dovesse fallire questo obiettivo, il giorno successivo alle elezioni il PD dovrà seriamente aprire una riflessione sulle scelte ondivaghe di questi ultimi mesi.
- Ed in termini comunicativi?
Coerentemente, Letta cerca di polarizzare lo scontro nella logica rosso/nero, la retorica del voto utile e il gioco di sponda autolegittimante con la Meloni. Tuttavia, già dalle scorse elezioni il bipolarismo italiano era stato messo in discussione dal successo del M5S. E’ una strategia destinata agli elettori di centrosinistra dubbiosi di sostenerti ma che ha poca presa su una grande fetta di cittadinanza, oramai svincolata da logiche di appartenenza. Aggiungo, che anche le scelte dei partiti creano reazioni di risposta da parte degli elettori. Facciamo un esempio concreto che riguarda la Campania, perché candidare all’uninominale un esponente palermitano di Più Europa a Secondigliano e il piemontese Crippa, di un movimento non definito, in un collegio così ampio e complesso come quello di Giugliano? Senza, ovviamente, aprire il ragionamento sui paracadutati nei listini bloccati al proporzionale.
- Come si inserisce in questo contesto l’operazione centrista?
L’operazione di Calenda e Renzi è chiara, così come dichiarata da entrambi. Puntano ad un risultato di ingovernabilità per ridare al Paese un nuovo governo di unità nazionale, magari nuovamente a guida Draghi. Un ragionamento che ha due criticità: da un lato, una delegittimazione di fatto del ruolo della politica e della capacità di dare risposte che alimenta una narrazione populista; dall’altro, il fatto che un siffatto governo non potrà prescindere da un confronto col partito che prevarrà a queste elezioni, come accaduto nell’ultima legislatura con il M5S.
- Su quali temi si vince?
Sulla capacità di risposta dei partiti alle problematiche che stanno emergendo in queste settimane, a partire dalla tragica crisi energetica e l’impennata dei prezzi. Un problema reale che tocca tutti i cittadini e tutte le categorie, che speravano in una regolare ripresa della vita dopo la fase post-pandemica. Le priorità degli italiani sono chiaramente identificabili. Non credo ci sarà spazio in questi venti giorni residui per argomenti identitari.
- Che scenario prevedi ex post?
E’ sempre difficile fare previsioni sull’evoluzione politica in Italia. Molto dipende dalla tenuta di alcuni partiti. Sarà interessante vedere cosa accadrà nel centrodestra. Se il tentativo del partito conservatore della Meloni andrà avanti e quale risultato otterrà Forza Italia. Un eventuale crollo porterà ad un riposizionamento della sua classe dirigente tra le diverse opzioni in campo (partito del Nord, raggruppamento liberaldemocratico e neopartito conservatore). Circa il PD, una sconfitta dovrebbe accompagnare a una nuova costituente e l’ascesa di nuovi protagonisti con tradizione riformista, tipo Bonaccini. Circa il M5S, molti lo hanno dato troppo presto per sconfitto. Conte conserva ancora un certo consenso e in alcuni parti del Paese otterranno risultati inattesi. Un dato con cui sarà doveroso misurarsi.
Michele Affinito ha insegnato Storia Contemporanea presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Ha conseguito un dottorato di ricerca presso l’Università del Salento e ha svolto attività di ricerca principalmente negli Stati Uniti. La sua attività di ricerca si è incentrata sulla storia delle relazioni tra Italia e Stati Uniti nel secondo dopoguerra, in particolar modo nella ricostruzione dell’attività della Missione UNRRA in Italia. Ha pubblicato di recente saggi sul rapporto tra Moro e De Gasperi e sulla figura di Epicarmo Corbino. Ha curato, tra gli altri, carteggi inediti degli esuli antifascisti negli Stati Uniti e il recente volume I beni culturali nell'era digitale: tra tradizione e innovazione edito dalla Rubbettino.
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