Negli anni la normativa che disciplina l’accoglienza di richiedenti asilo, rifugiati e migranti in Italia è cambiata più volte.
A dicembre 2020 è stato convertito in legge il decreto legge 130 approvato due mesi prima dal secondo governo Conte, che contiene “Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare”. È un provvedimento che riforma in parte il cosiddetto decreto sicurezza, approvato circa due anni prima dal primo governo Conte.
La legge approvata a fine 2020 viene chiamata anche “riforma Lamorgese”, dal nome dell’allora ministra dell’interno Luciana Lamorgese. È la normativa attualmente in vigore sull’accoglienza in Italia, anche se il governo Meloni nei primi mesi del 2023 ha annunciato modifiche al sistema.
Anche il dl 130/2020, come il Decreto sicurezza, fa principalmente riferimento al dl. lgs. 142/2015.
Soccorso, prima assistenza e identificazione. I cittadini stranieri soccorsi in mare o entrati in modo irregolare sul territorio nazionale vengono condotti in centri governativi localizzati nei pressi delle aree di sbarco o di principale ingresso nel paese per la prima assistenza sanitaria, il fotosegnalamento e la pre-identificazione. Questo tipo di centri sono interessati dall’approccio hotspot, nato nel 2015 in ragione degli impegni assunti dal governo italiano con la Commissione europea. Nei centri c’è anche il primo scambio di informazioni sulle procedure per l’asilo: è qui che si differenziano i richiedenti asilo dai cosiddetti migranti economici, che saranno avviati ai Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) o lasciati sul territorio in condizione di soggiorno irregolare (D.lgs 286/1998, art. 10-ter)
Centri governativi di prima accoglienza. Chi manifesta la volontà di richiedere asilo in Italia viene trasferito presso i Centri di prima accoglienza (Cpa), strutture di accoglienza di primo livello, dove si rimane il tempo necessario all’espletamento delle operazioni di identificazione (se non effettuate precedentemente) e all’avvio della procedura di esame della richiesta di asilo. In questi centri devono anche essere accertate le condizioni di salute degli ospiti, con il fine di verificare eventuali situazioni di vulnerabilità nel momento dell’ingresso nella seconda fase di accoglienza. Le persone che non hanno manifestato la volontà di chiedere asilo vengono invece trasferite nei Cpr, in attesa del provvedimento esecutivo di espulsione dal paese (d.lgs. 142/2015, articolo 9).
La seconda accoglienza. Questo step consiste, almeno teoricamente, nel Sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Il programma, introdotto con la riforma del 2020, sostituisce il Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (Siproimi), istituito con il Decreto sicurezza nel 2018, che a sua volta sostituiva il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), in vigore dal 2002 al 2018. Il Sai sembrerebbe riavvicinarsi ai principi che avevano ispirato lo Sprar. Consiste in un tipo di accoglienza meno puramente assistenziale e più volta all’integrazione. Il Sai si sviluppa su due livelli di servizi: il primo è riservato ai richiedenti asilo, ed è basato sull’assistenza materiale, legale, sanitaria e linguistica. I servizi di secondo livello sono riservati ai titolari di protezione e hanno anche funzioni di integrazione e orientamento lavorativo. A differenza della prima accoglienza, gestita esclusivamente dal ministero dell’interno, il Sai è coordinato dal Servizio centrale, la cui gestione è assegnata all’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) con il supporto operativo della fondazione Cittalia. La titolarità dei progetti è assegnata agli enti locali che volontariamente attivano e realizzano progetti di accoglienza e integrazione (d.lgs. 142/2015, articolo 8 e Dl 416/1989, art. 1 sexies).
Il supporto a percorsi di integrazione. Il dl 130/2020 introduce per la prima volta ulteriori percorsi di integrazione dopo la seconda accoglienza. Al termine del periodo nel Sai, infatti, le amministrazioni locali possono avviare altre iniziative con lo scopo di favorire l’autonomia individuale dei cittadini già beneficiari del Sai, con particolare riguardo a una maggiore formazione linguistica, all’orientamento lavorativo e ai servizi pubblici essenziali, e alla conoscenza dei diritti e dei doveri fondamentali sanciti dalla costituzione.
Con la crescita delle presenze nel sistema di accoglienza è andata aumentando la quota di persone accolte nei Cas, a scapito dei centri appartenenti al sistema ordinario a titolarità pubblica, chiamato negli anni Sprar, Siproimi e oggi Sai. Nel periodo considerato, infatti, il sistema ordinario è sempre stato minoritario, a vantaggio dei Cas, divenuto negli anni di gran lunga il maggioritario. L’anno in cui la percentuale di presenze nello sistema ordinario è stata maggiore è il 2021 (31,6% del totale delle presenze). Al contrario, gli anni in cui il peso del sistema ordinario è stato minore sono stati 2016 e 2017 (13,5%).
La riforma del 2020 ha disegnato un sistema di accoglienza con caratteristiche molto più simili a quelle che aveva fino al 2018, prima dell’approvazione dei decreti sicurezza voluti dall’allora ministro dell’interno Matteo Salvini. Il ritorno della possibilità di accedere alla seconda accoglienza anche per i richiedenti asilo (e non solo per i già titolari di protezione) rappresenta una tra le disposizioni che danno la misura del cambio di indirizzo politico, rispetto al passato. Tuttavia, la divisione del Sai in due livelli preclude ai richiedenti asilo alcuni servizi volti all’integrazione.
La seconda accoglienza, pur essendo orientata verso una maggiore integrazione e inclusione delle persone nel tessuto sociale, continua ad essere inoltre ampiamente sottoutilizzata, e per questo sottodimensionata rispetto alle necessità. Infatti, nonostante il peso percentuale del Sai rispetto al totale degli accorti sia andato aumentando negli anni, in termini assoluti il numero di persone nel sistema ordinario dal 2018 al 2021 è persino diminuito. A dimostrazione del fatto che la quota di presenze del Sai dipenda dall’oscillazione dell’accoglienza emergenziale, e non da politiche pubbliche volte a investire sul sistema ordinario.
Con l’avvio della XIX legislatura, la maggioranza che esprime il governo Meloni ha più volte preannunciato l’ennesima riforma del sistema, anche se a oggi l’esecutivo non è intervenuto con nuove modifiche.
Fonte Openpolis
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