“Dottore, c'ho l'ansia!”
Neanche un “buongiorno”, a sottolineare che l'ansia era, per Marco l'alfa e l'omega: tutto cominciava con l'ansia, tutto finiva con l'ansia. Era stata l'ansia a costringerlo a lasciare lo sport, così come lo aveva costretto per quasi dieci anni nella sua cameretta, invecchiata meno e meglio di lui. Del resto, era stata l'ansia a provocare l'estinzione dei dinosauri, qualora non lo sapeste. Era un ragazzo magro, barbuto e con gli occhiali e, nonostante la sua aria da radical chic di provincia, mi faceva simpatia. Meno la sua ansia, questo scudo di vibranio dall'aspetto multiforme che poteva diventare mal di pancia, mal di testa, debolezza diffusa fino alla paralisi, soffocamento, lebbra.
“Dottore, il problema è l'ansia: se non se va, io non posso vivere!”
L'ansia come anti-vita, una sorta di anti-materia, non so se viva e senziente oppure no. L'idea, esplicita e potente, che l'ansia è l'alternativa: o l'ansia o la vita. Un'alternativa che lascia con le mani alzate, come fosse una rapina. Cosa si fa, dunque? Si reagisce rischiando o ci si arrende, lasciandoci derubare? Derubare del tempo, della voglia, dei desideri per restare in un “ieri” che è fuori del tempo.
“Dottore, quando passerà?”
Ma passerà “cosa”? La paura, questo cuore che batte di una inutile emozione, questo precorrere gli eventi che si realizzano prima degli eventi, questo preoccuparsi adesso per qualcosa che forse non succederà mai? E perché mai dovrebbe passare? Perché non dovrebbe essere normale? Perché la chiamano, anzi la chiamiamo, ansia? Perché ci avvilisce, ci svilisce, ci stanca? E se fosse un nostro braccio, od un impulso che scorre dentro noi accanto alla linfa nostra, magari solo diversa? Se fosse un modo come un altro per scappare da un pericolo ancestrale senza che il problema ci sia realmente, se non nella nostra mente?
“Metti sui piatti della bilancia, caro Marco, la tua ansia e ciò che ti piace: cosa pesa di più? Come chi soffre il mal d'auto può scegliere se viaggiare o meno, così puoi scegliere se affrontare questo mostro o trattarlo per ciò che è: qualcosa che può esserci, qualcosa che c'è, qualcosa che può anche, se pensi diversamente, non esserci più. Più che con i farmaci, che dici che non ti fanno più nulla, contro la tua ansia ci vuole l'amore: banale, non trovi? La vuoi una pizza? Lo vuoi sentire Brunori SAS? La vuoi incontrare quella Manila che hai conosciuto sulla chat? Lascia che il cuore ti batta non per ansia, ed aspetta: vivi questa reazione di fuga senza pericolo, ed accetta il pericolo di stare bene. O forse è proprio di tutta questa normalità che hai paura?
“Dottore, e se poi sto bene?”
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