Una singolare convergenza tra media e politica, fa sì che il dibattito sulla guerra in Ucraina eviti accuratamente una riflessione seria sulle sue cause. Come se il solo analizzarle costituisse una sorta di crimine morale, una giustificazione dell’invasione russa. Vero è che la classe dirigente italiana sconta una impreparazione in campo internazionale tale da farle rincorrere idee a dir poco grottesche, magari in buona compagnia con molti altri politici europei. Come ad esempio credere che la Cina possa fungere da ago della bilancia dell’attuale situazione. Idea illusoria, perché la realtà è che la Cina, a prescindere dallo stato attuale più che buono dei suoi rapporti con la Russia, è nell’impossibilità materiale di rimuovere le cause della guerra. Ma, come dicevamo, in Europa questi argomenti per noi sono una sorta di tabù. Non riuscendo a distinguere tra spiegazione causale e giustificazione morale, il dibattito finisce così in un imbarazzante impasse. E si riduce a celebrazioni o elogi da una parte, e semplificazioni demonizzanti dall’altra. Mentre la ragione critica richiederebbe distacco emotivo.
Oggi nessuno può nemmeno lontanamente richiamare l’attenzione pubblica sugli errori dell’occidente, senza essere tacciato di intelligenza col nemico. È paradossale che i media e la politica statunitensi godano di assai maggiore autonomia di critica (sotto questo aspetto l’America resta la terra delle libertà), e il loro dibattito contempla punti di vista realmente plurali, finanche a prendere in considerazione alcuni temi che potrebbero essere bollati come putiniani. Roba impensabile qui da noi, in Italia e in Europa. Come impensabile è chiedersi dove andremo a finire, di questo passo. Perché alla conferenza sulla sicurezza internazionale di Monaco di Baviera, tenutasi lo scorso fine settimana, il rappresentante per la politica estera europeo, Josep Borrell, ha detto senza troppi giri di parole che quella che si combatte in Ucraina rappresenta una “sfida esistenziale per la nostra sicurezza”. Per cui, la domanda verrebbe naturale: se la sfida è esistenziale, dopo aver mandato carri armati e altre munizioni, se la vittoria non arriverà quale sarà il prossimo passo? La curiosità è legittima, la risposta a sorpresa non tarderemo a scoprirla.
Sarebbe però più opportuno, più serio, chiederci qual è la legittimazione democratica di politici come Borrell e von der Lyen, il cui potere è oggi maggiore di quello dei nostri governi nazionali. Perché, francamente, è difficile accettare che queste persone prendano decisioni così importanti per milioni di noi, italiani ed europei, senza mai aver partecipato a una sola elezione e senza rispondere del proprio operato davanti a nessuna assemblea elettiva e democratica .
di Francesco Cristiani - avvocato
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