Il calcio è uno strumento di softpower utilizzato tradizionalmente dagli Stati - e non solo -, per affermare interessi di tipo geopolitico, come ho sostenuto nel libro "Calcio e geopolitica. Come e perché i paesi e le potenze usano il calcio per i loro interessi geopolitici" (Edizioni mondo nuovo; scritto con Valerio Mancini e Narcis Pallarés; libro vincitore al 56esimo Festival Letterario e giornalistico del Coni).
Così fu con l'Uruguay nel 1930, che organizzò e vinse i Mondiali nel centenario della propria indipendenza, battendo in finale l'Argentina per la quale Montevideo era solo una sorta di provincia. Così fu per l'Italia di Pozzo del '34 in maglia nera o per la Junta di Videla con l'Argentina del '78. Lo è stato più recentemente con i "BRICS" - l'acronimo che indica i Paesi di nuova industrializzazione che competono con l'Occidente -, con i mondiali organizzati in Brasile, Sudafrica e Russia. Con le competizioni in Sud Corea e Giappone si è affermato l'Oriente e con il Qatar, infine, è il momento della sfera arabomusulmana.
Non poteva rimanere a guardare l'Africa. E non è un caso che questa Coppa del Mondo sia dunque quella degli inaspettati successi del Marocco, che porta così all'attenzione globale un Paese intersezione di due sfere geopolitiche. Quella arabo islamica e quella africana.
La Coppa 2022 è dunque il Mondiale dell’Africa e della sua definitiva decolonizzazione. Cinque nazionali africane sono andate in Qatar e tutte hanno in panchina allenatori africani, infatti. Si tratta di un trend recente, per un continente le cui squadre sono state sempre guidate da commissari tecnici stranieri, soprattutto europei. Decolonizzazione che passa anche attraverso la capacità dell’Africa, oggi, di attrarre i suoi figli migliori, come dimostra il caso della sorpresa dei Mondiali in Qatar, il Marocco, di un fuoriclasse del calibro di Achraf Hakimi, nato a Madrid ed ex Real Madrid, Borussia Dortmund, Inter e Paris Saint Germain, che ha scelto la nazione di origine della sua famiglia. Percorso simile al portiere para rigori contro la Spagna, Bounou, nato a Montreal, Canada.
Simbolo dell’ascesa dell'Africa ai mondiali del Qatar è stato il Marocco, la quarta squadra africana a raggiungere gli ottavi di finale della Coppa del Mondo, dopo il Camerun nel 1990, il Senegal nel 2002 e il Ghana nel 2010. E oggi la prima ad arrivare alle semifinali.
Una vittoria che, per i maghrebini, sa di rivalsa. Varie parti della Spagna - l’al Andalus -, sono state infatti sotto il giogo dell’Islam dal 711 al 1492.
La Spagna continentale è a soli 14 chilometri dal Marocco, visibile attraverso lo Stretto di Gibilterra all'ingresso del Mar Mediterraneo. Rabat e Madrid hanno battibeccato spesso sulla questione del Sahara occidentale, parte del protettorato spagnolo sul Marocco attivo fino al 1956. La Spagna ha appoggiato l’indipendenza del Sahara occidentale da Rabat, e il Marocco, per tutta risposta, ha permesso l’invasione dei migranti come ritorsione ai danni delle exclaves spagnole in Marocco, Ceuta e Melilla, altra spina nel fianco delle relazioni fra i due Paesi. Il Marocco contesta la legittimità di questi territori, e i due Paesi sono arrivati sul punto del conflitto, l’ultima volta, nel 2002, a causa dell’isola disputata di Perejil/Layla. Altri contenziosi riguardano le zone di pesca. Diversi nazionali marocchini, inoltre, giocano nel campionato spagnolo, tra cui l'attaccante Youssef En-Nesyri e il portiere Yassine Bounou, per il Siviglia, l'attaccante Ez Abde all'Osasuna e il difensore Jawad El Yamiq per il Real Valladolid. Come già raccontato, anche la stella della nazionale Achraf Hakimi è nato a Madrid e ha giocato per il Real Madrid. Munir Mohamedi, il secondo portiere, diventato titolare nella partita contro il Belgio, è nato proprio a Melilla e ha iniziato la sua carriera nel Ceuta. Così, la vittoria del Marocco contro la Spagna ha rappresentato il completamento della decolonizzazione e il riscatto contro il colonialismo. L'esorcizzazione calcistica di vecchie questioni che, probabilmente, i due Paesi si lasceranno definitivamente alle spalle, con la soluzione della questione Sahara occidentale a favore del Marocco e i nuovi gasdotti che legheranno i due Paesi.
Il Marocco ha infatti definitivamente superato la questione della secessione-indipendenza Sahara Occidentale, grazie con gli Accordi di Abramo voluti da Trump che, oltre a normalizzare i rapporti fra Israele e Arabia Saudita, hanno ricondotto il territorio disputato con il Fronte Polisario alla sovranità marocchina. Proprio al largo di Dakhla passerà il nuovo gasdotto che dalla Nigeria farà scalo a Rabat, prima di giungere in Spagna. Sarà il Marocco, insomma, grazie al territorio riscattato con la Marcia verde nel '75, quando si costrinse gli spagnoli a lasciare il protettorato, salvo poi impelagarsi in un conflitto con il Polisario, a dare a Madrid il gas che le serve. Gas che potrà poi essere distribuito in tutta quell'Europa che ha bisogno di sostituire il gas russo. Gas che sarà sostituito dal marocchino, nel lungo termine, e subito, da quello del Qatar. Marocco e Qatar protagonisti della geopolitica "MENA", cioè Medio Oriente e Nord Africa. Protagonisti anche nel calcio.
Alessio Postiglione, giornalista e direttore del Master in Communications della Rome Business School
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