Una delle questioni più spinose del nostro tempo riguarda la possibilità di farsi portatori e promotori di una visione della vita che voglia dirsi pienamente cristiana all’interno di un contesto socio-culturale dai tratti sempre più postmoderni. I problemi nascono soprattutto quando la postmodernità si configura come cultura del pensiero debole che sostiene la necessità del distacco sia da ciò che è tradizione sia dalle “metanarrazioni” nelle quali l’uomo, per molti secoli, ha collocato e compreso la propria vita. Altro aspetto problematico del postmoderno è il suo scivolamento nel relativismo che porta a svalutare quelle verità che l’uomo era certo di possedere e di poter raggiungere. Si avverte così l’urgenza di una riflessione sul destino dei capisaldi del pensiero cristiano anche all’interno delle culture giovanili, in un’epoca che sembra non più riconoscere assoluti morali ma che anzi, a tratti, li ritiene pericolosi e deleteri per l’uomo.
Uno dei termini di riferimento di questo dibattito è la Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, redatta nel 2002 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede allora presieduta dal Card. Joseph Ratzinger. Riprendendo inizialmente alcuni articoli della Gaudium et Spes (nn. 75-76), nel documento si afferma che, se da una parte ogni cristiano è tenuto ad «ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali, egli è ugualmente chiamato a dissentire da una concezione del pluralismo in chiave di relativismo morale, nociva per la stessa vita democratica, la quale ha bisogno di fondamenti veri e solidi, vale a dire, di principi etici che per la loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale non sono “negoziabili”». Si precisa che questi principi sono verità attinenti alla natura umana e, pur non essendo in senso stretto verità di fede, sono da essa illuminati e confermati. Da qui la necessità per ogni cristiano di impegnarsi nella loro promozione e difesa.
In successivi interventi, sarà soprattutto Papa Benedetto XVI ad affermare con chiarezza che tra i principi non negoziabili devono essere compresi:
· la protezione della vita in tutte le sue fasi, dal momento del concepimento fino alla morte naturale;
· il riconoscimento, la promozione e la difesa della struttura naturale della famiglia, come unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio;
· la protezione del diritto dei genitori a educare i loro figli.
Tornando al tema dell’elaborato viene da chiedersi: come si pongono i giovani, credenti e non credenti, di fronte a questi “valori non negoziabili”? Li riconoscono come assoluti morali e come termini di riferimento? E qual è il peso di questi nei loro orientamenti e nelle loro scelte concrete di vita?
Si tratta di un banco di prova anche per comprendere se esista una sintonia o uno scarto tra religiosità dichiarata e condotta etica. Materiale interessante per provare a dare delle risposte a questi quesiti è quello che viene da una ricerca curata per la parte sociologica da Luigi Berzano, condotta nel 2010 nella provincia di Novara su un campione di giovani tra i 14 e i 25 anni13. All’interno dell’indagine si è chiesto agli intervistati di esprimere un’opinione su questioni etiche rilevanti e al centro del dibattito degli ultimi anni, tra cui famiglia, divorzio, convivenza, rapporti prematrimoniali, omosessualità, aborto, eutanasia, contraccezione, sessualità. Indipendentemente dal credo religioso dichiarato emerge che l’82,6% degli interpellati ammette l’uso dei metodi anticoncezionali, che il 68,1% è favorevole alla fecondazione artificiale (se non si possono avere figli) e che per il 69%, prima di sposarsi è meglio fare una prova di convivenza. Tuttavia, la maggioranza continua a sostenere che l’amore eterno non è superato (61,7%) e che l’amore eterno esiste (61,8%).
Lo scollamento fra il riconoscimento di certi valori e la pratica di vita è ancor più evidente fra i giovani che si dichiarano cattolici: non solo il 92,7% dei credenti “non praticanti” approva il ricorso alla contraccezione, ma perfino il 75% di coloro che frequentano la Chiesa regolarmente è della stessa idea. E non solo l’81% dei primi è favorevole alla fecondazione artificiale, ma anche il 66,2% dei secondi. Medesimo discorso per l’aborto, ritenuto un atto grave, seppur ammesso nella pratica.
Si rende, pertanto, necessario intensificare lo sforzo educativo su questi temi, orientandolo, come afferma Papa Francesco, all’accompagnamento delle situazioni più critiche e dolorose. Sul versante formativo, sono gli stessi giovani a richiedere un approfondimento anche nei contesti ecclesiali su vita, sessualità e affettività.
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