di Mario Volpe - scrittore
“Il Papa è uno di noi.” È stata la frase gaudente – accompagnata da qualche sarcastico singulto – di Giuseppe Cruciani alla Zanzara di Radio24, trasmissione radiofonica nota per dare voce a quanto di peggio ci possa essere tra opinionisti ed opinioniste dell’ultima ora e cervelli frustrati, indegni di essere chiamati tali: ossia cervelli. Ma talvolta anche gli estremismi improponibili, proposti da Cruciani e compagnia, sviliscono davanti a un politicamente corretto che sta assumendo le sembianze di una vera e propria mostruosità intellettuale, dove perfino parole un tempo utilizzate con estrema naturalezza sono diventate – chissà per quale masochistica e oscura motivazione – termini raccapriccianti e offensivi, lasciando campo alla pura volgarità di espressione.
Volgarità, oggi, sdoganata come linguaggio culturale e libero da un esprimersi formale ed elegante, svincolato – secondo certe tendenze di pensiero – da formalismi espressivi che ripiegano su se stessi subendone le derive politiche.
Una convinzione manifesta tra le idee complottistiche che gravitano intorno al potere e ai grandi temi economici fatti risalire a potenti famiglie come i Rothschild o i Rockefeller – a seguire Bill Gates e i signori del web – a cui un certo tipo di narrazione tende ad attribuire la totale e indiscussa capacità di avere ragione sugli accadimenti dell’intera umanità, in contrapposizione a chi (seguendo lucide analisi di finanza, statistica e matematica) si sforza di riportare in una dimensione più umana gli aspetti del nostro vivere.
Le stesse percezioni e gli stetti processi complottistici delle vicende di potere, dell’economia e della finanza, sono affibbiati all’uso delle parole segregandole in gabbie mentali per renderle impronunciabili dalla massa accondiscendente, fino a che qualcuno che conta, per distrazione o per voglia di rompere gli schemi, di botto non le ripota in vita. Ed ecco che il termine “frociaggine” che ai tempi della commedia all’italiana (che ci si sforza di rivalutare ad ogni costo) faceva sorridere perfino le menti omosessuali più raffinate, dotate di un grande senso critico e capaci di valutarne gli aspetti gergali da quelli offensivi, diviene una bomba espressiva se pronunciata dalla bocca di un papa che ha sempre considerato, a suo dire, l’omosessualità come operato di Dio e che nessun uomo può arrogarsi il diritto di giudicare, sottolineando la natura umana e non divina del papato.
In considerazione di quanto detto e predicato da Francesco in questi anni del suo pontificato, si deduce dal suo modo di condurre la Chiesa, calcando la mano sulla non divinizzazione del papato come rappresentanza di Cristo, ma come reggente di una comunità religiosa. Trovandosi d’accordo con tale visione, la fallibilità del papa dovrebbe essere assolutamente annoverata nella capacità di sbagliare e di chi può scivolare sulla stanchezza della tarda età, o sulle memorie di una cultura giovanile che arranca a sintonizzarsi su una contemporaneità troppo spinta.
Un atteggiamento del papa che potrebbe essere equiparato alla tenerezza di un nonno che, pur accettando le stravaganze di un nipote, si concede il diritto di poter dissentire a denti stretti o ironicamente bisbigliando una frase del tipo: “Ai miei tempi era diverso.” Ed è pure normale che lo sia, direbbero le menti più equilibrate percependo l’idea dell’inevitabile cambiamento. e delle modificazioni sociali e civili.
Sotto questa luce, allora, le parole di un papa umanizzato da sé stesso, capace di una seconda scivolata con l’espressione: “un chiacchiericcio da donne”, palesano la fallibilità di un uomo; di uno di noi, appunto, come Cruciani avrebbe da intendere, senza per questo scalfire, minimamente, i diritti di ogni comunità umana sia essa gay, LGBT o etero.
Testata Giornalistica con iscrizione registro stampa n. cronol. 1591/2022 del 24/05/2022 RG n. 888/2022 Tribunale di Nola