Era il 19 maggio 2016: sono già passati quasi sette anni dalla morte di Marco Pannella, il gran politico che introdusse temi e conflitti nuovi nella vita politica e sociale italiana dal ’68 in poi: dalle campagne per i diritti, in Italia ma anche all’estero, al carcere, alla giustizia, alle droghe. E che cambiò l’idea stessa della battaglia politica: con l’eloquio torrenziale e il silenzio dei digiuni, la presenza attivissima in Parlamento e il ricorso ai referendum. E, guarda caso, a Pomigliano d’Arco, uno dei pochi comuni italiani che ha dedicato una piazza al leader radicale, nei giorni del suo anniversario della scomparsa, il prossimo maggio, si vivrà il senso di una stagione politica fallimentare, con l’auspicio che chi ha scelto di immortalarne il ricordo nella nostra città, possa capitalizzarne la prassi e le idee per il futuro.
La lista delle guerre di Marco è interminabile: la fine del servizio di leva obbligatorio, i diritti gay, la depenalizzazione dell’uso privato degli stupefacenti, sovvertita da quella legge Fini-Giovanardi che la Corte costituzionale ha poi dichiarato incostituzionale, la campagna contro la pena di morte nel mondo e contro l’ergastolo in Italia, quella per il diritto a decidere sulla fine della propria vita e quella sulla libertà della ricerca scientifica anche quando, come nel caso della ricerca sulle cellule staminali viene osteggiata dall’etica religiosa. Molte volte Marco Pannella ha vinto, molte altre ha perso. Nonostante sia riuscito a mobilitare addirittura il Papa e il presidente della Repubblica a favore di un provvedimento di indulto e amnistia, la paura dei partiti è stata più forte. La campagna per rendere più civili le carceri italiane è per ora fallita, così come quella per l’abolizione dell’ergastolo e parecchie altre. Ma il leader radicale è puntualmente riuscito ad imporre i temi delle sue crociate, a renderli urgenti per l’intera opinione pubblica, anche quando sembravano troppo astratti per coinvolgere al di fuori di ristrette cerchie. Quando iniziò la crociata contro il sistema dei partiti della Prima Repubblica, l’“
ammucchiata della partitocrazia
”, sembrava davvero un desolato don Chisciotte. Però nel 1978 il suo referendum contro il finanziamento pubblico ai partiti raggiunse il 43,6%, pur essendo una sfida dei Radicali contro tutti. Quindici anni dopo, quelle parole d’ordine erano merce comune. E il nuovo referendum sull’abrogazione del finanziamento pubblico, nel ’93, fu trionfale.
Una delle battaglie che ha contraddistinto i nostri vent’anni è stata quella contro lo sterminio per fame nel mondo. Il comune di Pomigliano negli anni ’80 è stato sempre presente alle grandi marce di Pasqua e di Natale con il proprio gonfalone e con documenti di appoggio votati quasi all’unanimità dall’allora consiglio comunale. Una parte migliore dell’allora Partito socialista, maggioritario, era decisamente schierata su queste battaglie. Una parte che fu osannata dallo stesso Pannella in un comizio tenuto a Pomigliano nel giugno del 1989, in occasione delle elezioni del Parlamento europeo, al famoso “angolo” fra via Terracciano e via Ercole Cantone, simbolo di una gioventù non bruciata ma sicuramente calda di ideali e di pragmatismo sociale e politico.
Marco, in quel comizio, criticò molte scelte del governo dimissionario di De Mita, sostenuto anche dal Psi, coinvolgendo anche qualche importante esponente nazionale socialista pomiglianese. Ma difese le scelte di quella amministrazione, guidata da Lello Russo, per aver dato corpo, insieme a centinaia di altri comuni italiani, ad un cambiamento epocale per quanto riguardava il rapporto economico fra l’Europa e l’Africa, con la priorità di salvare vite umane dallo sterminio per fame, per poi proseguire in un rapporto economico sano e privo di interessi finanziari e guerrafondai. E quella cultura non poteva non riverberarsi sulla qualità delle scelte amministrative di un comune difficile, come la maggior parte dei comuni del sud Italia.
Le stragi nel Mediterraneo, di cui ancora in queste ore siamo sconvolti, ci fanno tornare alla mente le parole di Marco: “Se non ci occupiamo ora e subito dell’Africa e della tremenda situazione in cui vivono le loro popolazioni, piagate dalla guerra, fame e malattie, presto sarà l’Africa ad occuparsi di noi”.
Così come le sue parole sulla non violenza contrapposta al pacifismo becero ed inconsistente che ancora oggi, riguardo l’aggressione russa all’Ucraina, si fa sentire, hanno determinato una rivoluzione nei contenuti e nelle idee a favore di una vera pace che non può esistere senza giustizia e democrazia: “Il pacifismo ha pesato tragicamente a vantaggio dei dittatori e a costo degli oppressi; a vantaggio degli stati totalitari militaristi e contro le democrazie da riarmare; è stato un fattore psicologico influente della politica di Monaco, e dell’avversione all’occidente. Gandhi era altra cosa”.
L’Italia, l’Europa e certamente il resto del mondo deve molto a Pannella. E, forse, anche la nostra città, il nostro territorio, dovrà guardare con certezza e rigore a questo personaggio che ha segnato il cambiamento che, purtroppo, ancora oggi da sinistra a destra, viene osteggiato.
di Giovanni Passariello
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