Life on Mars? - di Vittorio Schiavone - Titanic o lo stato misto

Vittorio Schiavone • 5 novembre 2023

Sarebbe tutto così semplice se non si avesse a che fare con il materiale umano; ma la psichiatria, che che se ne dica, è una scienza applicata: è clinica, non teoria, è l’oggetto della clinica è l’uomo. “Lo sente questo lamento provenire dalla stanza affianco, dietro quella porta a vetri? Ogni volta che qualcuno scambia uno stato misto per una depressione, Kraepelin si sente male”. “Ma adesso mio figlio deve essere visitato pure da lui?”. “No, è appena morto. Il suo cuore non ha retto, beato lui”. Lo stato misto nel nuovo contribuito di Vittorio Schiavone

“È depresso, Dottore, non lo vede? Come fa a dire che non lo è?”.


In casi come questo, mi sento come il mozzo di Titanic di de Gregori, che avverte dell’iceberg mentre il capitano dice che “è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole”. Non ce l’ho con i familiari; non ce l’ho mai avuta, e nella maggior parte dei casi si riesce a stabilire con loro una alleanza preziosa perché io ne rispetto il ruolo. Non sempre posso dire che loro fanno altrettanto, anche se in buona fede, con me: ed è proprio questa la storia. Capire. Capire è una delle attività più sopravvalutate, nonché delle più pericolose se si vuole soddisfare questo bisogno nelle condizioni sbagliate.


Cosa succederebbe se un mago mi svelasse i suoi trucchi, prima di mostrarmi il suo gioco? O se un regista mi mostrasse il dietro le quinte, e poi il film? O se provassi a pilotare un aereo, seguendo le istruzioni sommarie carpite ad un pilota, tra una birra ed un’altra? Un disastro, c’è un nome per tutto questo. Il professionismo impone che si dia credito al professionista; ho detto credito, non fede, ed il professionista deve meritare il suo credito esercitando il suo professionismo, chiarendo i limiti della sua professione (l’onnipotenza non è soggetta ad IVA) e fornendo tutte le spiegazioni che è possibile dare in una maniera che sia comprensibile per un non addetto ai lavori. Ma spiegare le sua professione no, questo non può farlo. Cosa avrei dovuto dire a questa mamma preoccupata? O ad un figlio ed un marito, il giorno prima? Avrei dovuto spiegare loro che non era depressione, ma uno stato misto; di poi spiegare la psicopatologia dello stato misto, e la sua farmacologia, ancora dopo? E cosa mai ne avrei ottenuto? Nulla, se non una gran confusione.


Parlare con un familiare deve essere come fare divulgazione: si deve informare senza pretendere di essere esaustivi e dare fiducia e conforto, per quanto possibile. Non smetterò mai di dire che tutti noi, da un lato e dall’altro della scrivania, siamo nella stessa barca ed abbiamo un nemico comune, che è il disturbo: non è il medico, non è il paziente, non è il padre o la madre né tantomeno il farmaco il nostro nemico, ma la “malattia”. Eppure come è difficile comprenderlo, quando si sta male. Sì, la sofferenza provoca una distorsione cognitiva, vale a dire ci fa concentrare su un aspetto o un altro perdendo di vista il quadro d’insieme.


Così, in uno stato misto che è, per farla breve, una compresenza e/o alternanza di “depressione ed agitazione”, c’è chi vedrà la prima e chi la seconda, non riuscendo a legare tra di loro le due cose opposte, e si chiederà di curare l’uno dimentichi dell’altro a seconda di ciò che preoccupa di più in quel momento. Subito, perché questa cosa dura già da troppo tempo, anche se per te è la prima volta che parli con il paziente e di lui conosci soltanto il nome, e l’evidenza dei suoi sintomi. Ma ti deve bastare e devi fare presto.


Ma della fretta parleremo un’altra volta, questa è un’altra storia. Così, tu provi a fare le tue alchimie, applicando le linee guide e la tua esperienza, dribblando gli effetti collaterali, saltando a piè pari tutti i farmaci che non puoi usare per comorbilità ed affini, provando a vincere le resistenze, i pregiudizi, la stanchezza, tua e loro (sì, incredibile a dirsi, anche i medici si stancano) e portandoti a casa, ogni volta, la frustrazione del tempo che passa. Quel tempo che tu sai che ci vuole, e glielo hai detto, ma che pare sempre troppo lungo alla luce di quella distorsione che l’essere chiamato due volte al giorno per aggiornamenti ti causa (sì, anche i medici sono esseri umani, talvolta, anche se modello base). Alla fine vorresti arrenderti, partire con un “vaffanculo” formato famiglia, non importa quanto meritato o meno, solo per liberarti un po’. Ma non lo fai, se non nelle tue fantasie più perverse ed inconfessabili (ognuno ha le perversioni che si può permettere), e vai avanti, sapendo che, se ti staranno a sentire, probabilmente porterete a casa il risultato.


Sarebbe tutto così semplice se non si avesse a che fare con il materiale umano; ma la psichiatria, che che se ne dica, è una scienza applicata: è clinica, non teoria, è l’oggetto della clinica è l’uomo. “Lo sente questo lamento provenire dalla stanza affianco, dietro quella porta a vetri? Ogni volta che qualcuno scambia uno stato misto per una depressione, Kraepelin si sente male”. “Ma adesso mio figlio deve essere visitato pure da lui?”. “No, è appena morto. Il suo cuore non ha retto, beato lui”.

Share

Tutti gli articoli

Autore: Marianna Marra 14 novembre 2025
L’incantesimo si è svolto in un bignami di vite vissute che hanno fatto la storia della tradizione e tuttora fanno scuola all’innovazione.
Autore: Redazione 6 novembre 2025
Comunicato Stampa: LINA E LE ALTRE
Autore: Felice Massimo De Falco 3 novembre 2025
Anna Poerio Riverso non scrive una biografia: tesse un arazzo familiare dove ogni filo è un documento inedito, ogni nodo un’emozione trattenuta. Con rigore accademico e pudore affettivo, l’autrice ci guida tra lettere autografe, poesie manoscritte, atti processuali, fino a farci toccare la carta ingiallita su cui Carlo, incatenato, annotava: «La catena è pesante, ma più pesante è il silenzio di chi sa e tace». In sole 128 pagine, dense come un distillato di storia vissuta, il volume si articola in capitoli che si intrecciano come i rami di un ulivo secolare, radicato nel suolo meridionale proteso verso l’epica nazionale. Ma un solo luogo accoglie per sempre i resti di una Famiglia di Patrioti: Pomigliano d’Arco. Potremmo chiamare Pomigliano in mille modi: Stalingrado del Sud per le sue lotte operaie, città di solerti lavoratori, terra di grandi figli come il presidente della Repubblica Giovanni Leone e tanti altri. Ma quando il sole tramonta dietro il Vesuvio e il vento passa tra le croci del cimitero, Pomigliano d’Arco resta la città dei Poerio e degli Imbriani. Perché qui non è sepolto solo il loro corpo: è sepolta la parte migliore di noi.
Autore: Giovanni Amitrano 23 ottobre 2025
"Chi come me ha attraversato grandi difficoltà mi affascina perché dentro di sé custodisce un sapere che non si trova nei libri: quello di chi ha sofferto, ha resistito e, nonostante tutto, ha continuato a vivere".
Autore: Valentina Manon Santini 23 ottobre 2025
Mercificare il dolore significa offendere tutte le donne che hanno subito davvero violenza — nelle mura domestiche, negli affetti, sul posto di lavoro. Anche chi, come me, ha conosciuto la violenza psicologica: la minaccia di isolamento, il tentativo di ridurti al silenzio, il ricatto sottile che ti vuole annientare, di chi ti dice “ti faccio terra bruciata, non lavorerai più. Questa è pornografia del dolore.
Autore: Felice Massimo De Falco 22 ottobre 2025
In un mondo che corre affannosamente verso l’oblio, dove il tempo divora le tracce dell’esistenza umana come un fiume in piena, Vera Dugo Iasevoli emerge come una guardiana della memoria collettiva. In questo libro, la professoressa non solo documenta fatti, ma infonde un’anima esistenzialista: il cimitero è “un silenzio che parla”, un “dormitorio” in attesa dell’alba eterna, un monito contro l’oblio. Valorizzando Pomigliano d’Arco – terra di patrioti, fede e resilienza – e i suoi avi, l’autrice ci invita a camminare tra le lapidi non come visitatori, ma come eredi di un’eredità immortale. Un’opera avvincente, essenziale per chi cerca radici nel flusso dell’esistenza: sì, si può fare, e si deve leggere.
Autore: Felice Massimo De Falco 5 ottobre 2025
In un’epoca in cui l’essere umano si riduce a un curriculum di successi effimeri, Vincenzo Siniscalchi emerge dal racconto di Domenico Ciruzzi non come un avvocato illustre – il “Maradona del codice penale” , potremmo definirlo con un’immagine che evoca dribbling geniali tra le maglie intricate della legge –, ma come un’esistenza autentica, un Sisifo napoletano che spinge il suo macigno non su per la collina del Palazzo di Giustizia, ma attraverso i vicoli della condizione umana, senza la paura di rotolare giù.
Autore: Redazione 19 settembre 2025
«Io non so perché mi sta succedendo questa cosa, so soltanto che ogni volta che guarisco qualcuno perdo un senso».
Autore: Marianna Marra 30 agosto 2025
Il film non si limita a rappresentare un caso isolato, ma dispiega inevitabilmente il racconto di realtà drammatiche più ampie che, con minuzia di particolari e sfumature emozionali, si fanno corpo e carne attraverso lo schermo.
Autore: Redazione 7 agosto 2025
Sorella Morte è un romanzo che sfida il lettore a confrontarsi con il mistero della vita e della morte, intrecciando il razionale e l’irrazionale in una narrazione avvincente. Il romanzo lascia una domanda esistenziale che risuona oltre le sue pagine: Se il male è un’eredità che scorre nel sangue, possiamo davvero sfuggire al nostro destino, o siamo condannati a ripetere gli errori dei nostri antenati?
Altri post