“Perché incontro sempre narcisisti sulla mia strada, Dottore?”.
Resto sempre affascinato dalla capacità delle persone di attribuire diagnosi agli altri. Sono bravissime: nessun dubbio, diagnosi certe ed indubitabili scolpite nel marmo con una precisione che le rende così perfette da risultare inverosimili. Ma come fate? E con quanta soddisfazione le comunicate ai malcapitati, quasi fosse un regalo o una liberazione. Com’è cambiato il mondo da quando ero giovane io: un tempo era popolato da stronzi e stronze, oggi da bipolari e narcisisti. Trovo molto interessante il processo in atto di patologizzazione della società, che va di pari passo con la sua deresponsabilizzazione: io sono pazzo, cosa volete da me?
Non c’è possibilità di redenzione: è come dare l’ergastolo ad un fidanzato infedele. In questi casi, il giudice-psichiatra fai da te è ingiusto, perché commina pene non in base ad una legge esterna (che prova ad ispirarsi ad un principio di equità), ma ad una legge interna: la sua. E la sua legge deve dar conto soltanto al suo dolore, ed il suo dolore reclama vendetta. Ecco, la sua legge interna è tanto personale quanto sgrammaticata: non è supportata da evidenze, non è prodotta da esperti, non è certa né indubitabile e, soprattutto, è ad personam. Ma la persona di cui parliamo qui non è di certo il condannato.
Che cosa ci dice un atteggiamento simile? Praticamente nulla del diagnosticato, praticamente tutto del diagnosticante. Ed il diagnosticante, per continuare ad usare una metafora da serie crime, è colpevole: colpevole di abuso colposo di diagnosi nei riguardi del malcapitato, e doloso nei suoi. Non essendoci colpe in psichiatria ma soltanto fatti, comprenderete facilmente che questa colpa attiene ad un altro piano, che è quello della esperienza personale; del resto anche la diagnosi amatoriale attiene ad un piano che nulla ha a che fare con la psichiatria, se non per il fatto che la scimmiotta come fosse un cosplay ad un raduno di amanti dei fumetti.
Ci dice tutto del diagnosticante, dicevo. Sì, è proprio così. Ci dice tutto in quel “incontro sempre”, innanzitutto. Queste parole denotano la credenza magica che esista un caso che si ripete sempre: non lo spiego, fa già ridere così. Suggerisce, inoltre, che esista una qualche forma di caso, ma non sa che nella nostra mentre niente è casuale (il caso è una dimensione esterna, non interna), seppure noi non lo sappiamo e viviamo come se nulla fosse, distinguendo tra azioni consapevoli ed inconsapevoli (queste ultime erroneamente definite casuali). Di certo non potrà mai credere il nostro Jasper da social di “cercare sempre” e non “incontrare” personaggi siffatti: li selezionerà in qualche modo che neppure immagina, scartando selettivamente tutti gli altri perché soltanto loro sapranno risuonare alle sue necessità disfunzionali in una notte d’estate di plenilunio. Ah, le emozioni forti, quanto sono pericolosamente sottovalutate! Altrettanto selettivamente cancellerà tutti quei segnali che lo indurrebbero ad utilizzare le costose scarpe da ginnastica che ha ai piedi per darsela a gambe levate, ripristinando l’uso per cui sono state inventate prima che diventassero di moda. Cos’è la moda, in fondo? Un dato che si ripete con più frequenza degli altri. Si può creare una moda? Certo! Cosa si trova sui social un giorno sì e l’altro pure? Un articolo sul narcisismo patologico. Ecco che il gioco è fatto.
Ammetto la mia ignoranza: sei anni di medicina, quattro di specializzazione, tre di dottorato di ricerca in neuroscienze e quasi 18 di attività da specialista mi hanno solo insegnato che non esiste un narcisismo che non sia patologico. E che non sono più un giovane psichiatra, ma questa è un’altra storia (triste, ma non breve). Il narcisismo, a patto non volerlo considerare come una sfumatura di colore di capelli, è un disturbo di personalità: e, sottolineo, disturbo. Non siamo tutti un po’ pazzi, proprio come non siamo tutti un po’ psicologi/psichiatri. Grazie a dio, aggiungo io. Il disturbo narcisistico di personalità è una cosa seria: il narcisista vive in un inferno di autosvalutazione da cui prova a difendersi attraverso comportamenti opposti di ostentazione.
Il narcisista, in una parola, prova a curare la sua fame atavica buttando il cibo. Così facendo nessuno crederà al fatto che abbia fame, e tutti lo criticheranno perché spreca il cibo. interessante, non trovate? Non mi pare proprio rispondente a quell’immagine del dandy miliardario arrogante e sopra le righe. Ma non voglio, però, andare fuori tema: cos’è chi “incontra sempre” personaggi simili?
Cosa sia non lo so: dovrei generalizzare, e trovo le generalizzazioni molto volgari. Ciò che per certo so è che persone che si trovano in situazioni simili non si trovano lì per caso, o peggio per destino (perché il destino non esiste, ricordatevelo sempre). Sono alla ricerca di qualcuno che si embrichi perfettamente con le loro disfunzionalità, perché la disfunzionalità è come un sistema omeopatico chiuso, che tende a perpetuarsi e ad autoconservarsi fino a quando non intervenga qualcosa dall’esterno. Questo qualcosa, per inciso, è la psicoterapia. Come non si può porre una diagnosi ad una persona che non l’abbia richiesto esplicitamente ad un professionista titolato, così nessuno si può curare da solo. Neppure un terapeuta potrebbe farlo; parafrasando un detto americano, lo psicoterapeuta che si cura da solo ha un cretino per paziente. Quindi, in soldoni, non c’è nessuna condanna, proprio come non c’è nessuna diagnosi, in questo caso: c’è solo tanto lavoro da fare. E c’è una credenza nazional popolare da sfatare: il narcisista non gode a far stare male gli altri, quelli sono gli stronzi.
“Perché ti ostini a frequentare sempre posti di merda, Francesca, dove mettono musica altrettanto di merda”.
“Questi sono i posti dove andiamo noi giovani, forse lei è un po’ troppo v…”.
“E tu un po’ troppo stronza, non continuare peggiorando la tua situazione”. Ma perché incontro sempre pazienti sulla mia strada, Dottore?
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