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Le posizioni dei partiti su PNNR

12 settembre 2022

Le posizioni dei partiti su PNNR

Tra i temi al centro del dibattito in questa campagna elettorale vi è certamente quello della gestione futura del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Il piano che, nell’ambito della strategia europea Next generation Eu, porterà in Italia nei prossimi anni oltre 190 miliardi di euro. Ma cosa dicono i programmi delle principali forze in campo? La posizione che finora ha destato più scalpore è certamente quella di Giorgia Meloni e più in generale della coalizione di centrodestra. La leader di Fratelli d’Italia infatti ha apertamente parlato della possibilità di rivedere le misure contenute nel piano, pur nel rispetto dei regolamenti europei.

Quella di Meloni tuttavia non è l’unica posizione di questo tono. Anche Lega e Forza Italia, che pure hanno fatto parte della maggioranza che ha sostenuto il governo Draghi, aprono (anche se con sfumature leggermente diverse) alla possibilità di modificare il Pnrr in virtù delle mutate situazioni geopolitiche globali.


Posizioni simili inoltre si trovano anche al di fuori del centrodestra. Il M5s di Giuseppe Conte ad esempio propone la possibilità di posticipare le scadenze previste. Critiche all’impostazione del piano infine arrivano dalla lista composta dai Verdi e Sinistra italiana – alleata del Partito democratico – che parla apertamente di una revisione massiccia del Pnrr, con particolare riferimento a un aumento delle risorse dedicate ai temi ambientali.

L’“Accordo quadro di programma per un governo di centrodestra” contiene una specifica sezione dedicata al Pnrr. Come primo elemento si parla di “pieno utilizzo dei fondi del Pnrr, colmando gli attuali ritardi di attuazione”. Si afferma poi la volontà di un efficientamento dell’utilizzo dei fondi europei, con riferimento all’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime e di garantire la piena attuazione delle misure previste per il sud e le aree depresse del paese.

Già questo è un primo elemento interessante.


Abbiamo raccontato infatti che per molte misure, i soggetti responsabili non sono stati in grado finora di far rispettare la clausola che prevede almeno il 40% delle risorse riservate alle regioni del mezzogiorno. Da questo punto di vista proprio i ministeri a guida leghista si sono dimostrati maggiormente in difficoltà. Di contro però va evidenziata la buona performance dei tre ministeri senza portafoglio guidati dagli ex esponenti di Forza Italia Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Renato Brunetta (poi passati ad Azione). Da sottolineare inoltre che anche i dicasteri a guida di centrosinistra sono incappati nelle stesse difficoltà.

Ma l’elemento del programma che ha scatenato un acceso dibattito è quello relativo alla possibilità di modificare i contenuti del piano.

"Accordo con la commissione europea, così come previsto dai regolamenti europei, per la revisione del Pnrr in funzione delle mutate condizioni, necessità e priorità."


Cosa si intenda esattamente con questa frase però non è chiarissimo. Le idee all’interno dello schieramento, in base alle dichiarazioni rilasciate nelle ultime settimane, appaiono essere leggermente diverse. La posizione della Lega ad esempio è quella di rinegoziare il piano in virtù dell’aumento del costo delle materie prime. Che renderebbe di fatto irrealizzabili le opere già inserite fra quelle finanziabili. In questo caso il riferimento potrebbe essere interpretato più nella direzione della possibilità di rimodulare le scadenze previste dal Pnrr in ragione di ostacoli oggettivi che ne impediscono il raggiungimento nei tempi previsti.

Singolare infine la posizione di Forza Italia che parrebbe prospettare la possibilità di mantenere le risorse già assegnate ai singoli territori ma rivedendo come usarli.

"È necessaria una certa flessibilità (…) quando il Piano è stato ideato non sapevamo dove sarebbero cadute le macerie. Poi sono arrivate anche quelle della guerra. Ed ora, se serve, si può pure rinunciare ad un progetto, nel caso fosse necessario, e spostare le stesse risorse su un altro investimento, sempre nella stessa area. Può darsi che in una località, giusto per dirne una, sia più urgente realizzare la rete idrica che quella telematica. Perché non poterlo fare?"


Un ultimo elemento degno di nota per quanto riguarda il programma del centrodestra è quello legato al tema delle riforme previste dal Pnrr. Anch’esse devono essere completate rispettando un rigido cronoprogramma. In caso contrario il nostro paese rischierebbe di perdere i fondi assegnati. Tra i temi più scottanti per il centrodestra – e per il proprio elettorato – vi sono in particolare la riforma della giustizia e la legge annuale della concorrenza. Riforme il cui iter è già stato avviato.

Nei casi citati infatti sono state approvate alcune leggi delega. Una per la riforma del processo civile, una per il processo penale, e una per la concorrenza. Nei prossimi mesi il nuovo governo dovrebbe quindi pubblicare diversi decreti legislativi, attesi entro la fine dell’anno, per normare queste materie. La cornice però sarebbe quella delineata dalla legge già approvata dal parlamento uscente.


Da questo punto di vista occorre ricordare che ogni stato è libero di fare le scelte che ritiene più opportune purché si raggiungano gli obiettivi contenuti nelle raccomandazioni della commissione europea del 2019 e 2020. Tuttavia una revisione delle riforme comporterebbe necessariamente un allungamento dei tempi, con impossibilità di rispettare le scadenze. Anche da qui, probabilmente, la necessità di ridiscutere il Pnrr con le istituzioni europee.


Se all’interno della coalizione di centrodestra le posizioni non sono propriamente convergenti sul Pnrr, al netto di quanto descritto nel programma, la situazione è ancora più complessa nel centrosinistra. In questo caso infatti Partito democratico, Più Europa e Sinistra italiana-Verdi hanno presentato 3 programmi diversi e con posizioni distinte. In particolare quello della componente sinistra della coalizione appare molto critico nei confronti dell’attuale impostazione.

Un primo elemento degno di nota riguarda la necessità di una maggiore partecipazione civica nella definizione delle misure così come della loro esecuzione. Nel programma di Si/V questo passaggio è riferito in particolare al tema dell’università e della ricerca. Si tratta dell’unico programma presentato, tra le forze politiche principali, a contenere un elemento di questo tipo. Una carenza quella dello scarso coinvolgimento civico che, a livello generale, abbiamo ravvisato nei mesi scorsi.

Oltre a ciò, nel programma della sinistra si prevede una massiccia redistribuzione delle risorse. In particolare si propongono maggiori investimenti nell’ambito della transizione ecologica.


Si propone ad esempio di rivedere la distribuzione dei fondi favorendo le imprese che investono in fonti rinnovabili ed efficientamento energetico. Inoltre si propone di rivedere l’adeguatezza del Pnrr rispetto alle necessità dell’adattamento climatico (lotta alle ondate di calore, siccità ecc.). Così come si prevede una redistribuzione delle risorse per aumentare gli investimenti nella lotta al consumo di suolo, al dissesto idrogeologico e alle frane.

In effetti da questo punto di vista occorre sottolineare che, sebbene a livello assoluto il nostro paese sia quello che investe di più in transizione ecologica, si deve anche rilevare che i fondi affidati a questa missione rappresentano circa il 37,5% di quelli assegnati al nostro a paese. Un percentuale che è appena sopra il minimo obbligatorio richiesto dal regolamento Ue (37%).

Anche la sinistra inoltre esprime perplessità in merito ad alcune misure legislative del Pnrr. In particolare il riferimento in questo caso è alla riforma delle classi di laurea. Passaggio che, in base ai documenti disponibili, è stato parzialmente raggiunto nel 2021 e che dovrebbe completarsi nel 2023.


Al contrario della sinistra, le altre due forze della coalizione sembrano voler blindare il Pnrr. Nel programma del Partito democratico infatti si fa esplicito riferimento alla prosecuzione della linea impostata dal governo Draghi, così come anche alla conclusione degli investimenti nei tempi previsti.

Anche nel programma dem inoltre c’è il riferimento alla necessità di rispettare la quota mezzogiorno. Si fa poi esplicito riferimento alla prosecuzione di molte misure contenute nel piano (Mobility as a service, Porti verdi, Case della comunità) ma non si prevedono in questi casi delle variazioni rispetto a quanto stabilito. Le uniche modifiche proposte riguardano il potenziamento del progetto Polis con l’aggiunta di risorse ulteriori volte ad aprire 1.000 bar/edicole multifunzione in altrettanti piccoli comuni italiani. Da notare che questa misura è già finanziata interamente con le risorse del fondo complementare.


Quindi con risorse proprie. Si prevede poi l’istituzione di un fondo nazionale per il diritto alla connessione cofinanziato con le risorse della componente Digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo. Risorse che il Pd stima in circa 1,2 miliardi di euro.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il programma di Più Europa che ribadisce la volontà di attuare il piano nei tempi previsti. Da notare che il partito propone di consolidare la prassi di utilizzare la struttura delle scadenze contenuta nel Pnrr anche per altre attività della pubblica amministrazione. Con particolare riferimento al lavoro dei ministeri.


Il partito di Emma Bonino e Benedetto Della Vedova individua inoltre una serie di accorgimenti per sostenere i piccoli centri nell’attuazione degli interventi. Come abbiamo raccontato in questo articolo infatti, regioni comuni ed enti locali svolgono un ruolo di primo piano nella “messa a terra” dei progetti previsti. E sono proprio i centri minori – con poco personale e senza competenze adeguate – ad incontrare le maggiori difficoltà. Per questo Più Europa propone di introdurre norme che migliorino il coordinamento fra regioni, città metropolitane e comuni nell’attribuzione delle risorse e nell’esecuzione dei progetti.

Si propone inoltre la creazione di task force interne alla pubblica amministrazione per ogni tema trattato nell’ambito del Pnrr. Il partito inoltre evidenzia la necessità di dare attuazione alle norme sulla trasparenza amministrativa, assicurando l’esercizio di un controllo civico sull’utilizzo efficiente ed efficace delle risorse finanziarie del piano. Un tema, quello della mancanza dei dati e della scarsa trasparenza, che abbiamo denunciato spesso.


Nonostante il leader pentastellato Giuseppe Conte sia stato il presidente del consiglio ad aver portato a conclusione positiva le trattative con Bruxelles per il Pnrr, nel programma del Movimento 5 stelle i riferimenti al piano sono pochissimi. Anzi, lo stesso Conte ha recentemente aperto alla possibilità di una sua revisione.

Con riferimento ai contenuti del programma depositato, anche il M5s (così come Più Europa) evidenzia la necessità di maggiore trasparenza e controlli sull’utilizzo dei fondi. Un altro riferimento, seppur indiretto, al Pnrr deriva dal Superbonus. Una misura fortemente voluta dal movimento e che è stata parzialmente finanziata anche con le risorse del Pnrr e del fondo complementare.Il M5s nel suo programma non solo si propone di rendere strutturale questa misura ma anche di estendere il meccanismo della cessione del credito, oggetto di aspre polemiche, anche ad altre iniziative. Come Transizione 4.0.


Tra le principali forze politiche in campo in questa tornata elettorale, il cosiddetto terzo polo è quello che ha presentato il programma più consistente. È quindi anche quello che va più nel dettaglio delle azioni che si propone di intraprendere in caso di vittoria. Il programma dedica una specifica sezione al Pnrr ma i riferimenti al piano sono numerosi in tutto il documento. Non si tratta però di volontà di modificare le misure in esso contenute quanto piuttosto, come nel caso del Pd, di portarle a compimento nei tempi previsti.

Solo in pochi casi il programma prevede un potenziamento degli investimenti già in essere. Tra questi l’incremento dei fondi per l’imprenditoria femminile; l’investimento di ulteriori risorse per la gestione dei rifiuti e i progetti di economia circolare; l’investimento di ulteriori 1,5 miliardi per potenziare la struttura degli Its (istituti tecnici superiori) per raddoppiare il numero di iscritti.


La sezione specifica dedicata al Pnrr contiene invece una serie di accorgimenti volti ad una più efficace attuazione del piano. Tali interventi sono molto simili a quelli proposti da Più Europa. Elemento che non stupisce, dato che i due partiti erano alleati prima della rottura avvenuta poche settimane fa. Azione e Italia viva propongono innanzitutto di portare a 750 milioni di euro all’anno i fondi a disposizione dei comuni per le spese di progettazione necessarie per realizzare le opere previste dal Pnrr.

Si propone inoltre maggiore flessibilità ai comuni e alle regioni nelle assunzioni e nella nomina dei Rup (responsabili unici del procedimento). Infine si prevede di introdurre l’obbligo, per tutti i comuni non capoluogo di provincia, di affidare la gestione delle gare di appalto a uno dei soggetti aggregatori regionali presenti nell’anagrafe unica delle stazioni appaltanti. Il tutto con l’obiettivo di velocizzare le procedure legate all’attuazione del Pnrr che vedono coinvolti gli enti locali.


FONTE OPENPOLIS

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