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La scuola italiana? Un disastro. Docenti troppo anziani e un giovane su 4 non studia e non lavora

Mario Sorrentino • mag 28, 2024

“Tirata d’orecchie” per l’Italia: il Belpaese ha docenti troppo anziani, la spesa pubblica ci vede come fanalino di coda sotto la media Ocse, la laurea premia poco sul mercato del lavoro. E quasi un giovane su 4 tra i 15 e i 29 anni non studia ma neppure ha un lavoro. Sono i dati emersi dal rapporto dell’Ocse “Education at a Glance”. Docenti più anziani – Il 58% dei docenti di scuola secondaria ha più di 50 anni, e solo il 10% ne ha meno di 40. Spesa pubblica per l’istruzione è stata pari al 8,0% del Pil a fronte di una media Ocse del 10,0%.

di Mario Sorrentino


“Tirata d’orecchie” per l’Italia: il Belpaese ha docenti troppo anziani, la spesa pubblica ci vede come fanalino di coda sotto la media Ocse, la laurea premia poco sul mercato del lavoro. E quasi un giovane su 4 tra i 15 e i 29 anni non studia ma neppure ha un lavoro. Sono i dati emersi dal rapporto dell’Ocse “Education at a Glance”. Docenti più anziani – Il 58% dei docenti di scuola secondaria ha più di 50 anni, e solo il 10% ne ha meno di 40. Spesa pubblica per l’istruzione è stata pari al 8,0% del Pil a fronte di una media Ocse del 10,0%. Le distanze aumentano di parecchio dagli altri studenti europei. E’ quanto emerge dai nuovi test ‘Pisa’ (Program for International Student Assessment), per l’Italia, il quadro che emerge è poco incoraggiante: dal precedente test nessun miglioramento, tra i ragazzi di seconda superiore, nella capacità di lettura e in scienze, con i risultati che restano inferiori alla media Ocse. Un dato per tutti: uno studente su cinque non raggiunge il livello minimo di competenza nella lettura di un testo e nella matematica. A un abisso di distanza, comunque, dalle performance ottenute altrove in Europa: ad esempio dagli estoni ma anche, poco sotto, dagli olandesi, dagli sloveni, dai danesi, dai tedeschi.


Eppure, i ragazzi italiani studiano più degli altri: quasi 50 ore a settimana passate sui libri, contro una media Ocse di 44 ore, e nonostante assenze da scuola più frequenti. In moltissimi altri Paesi, tuttavia, i ragazzi ottengono performance superiori con un impegno decisamente più basso.Finlandia e Germania ad esempio: 36 ore in tutto tra lezioni e studio a casa. A fare luce sul contesto in cui si è creato questo divario può essere utile un altro dato, quello dell’investimento che lo Stato fa sui ragazzi: segnala l’Ocse, la spesa pubblica per studente è calata di circa l’11%, mentre nella media degli altri Paesi è cresciuta del 19%. Tradotto: laboratori e strutture più moderne ed efficienti, stipendi, stimoli e formazione migliori per i docenti.


Ma quali sono i benefici di maggiori investimenti nel capitale fisico della scuola, dagli edifici fino agli strumenti per la didattica a disposizione dei docenti? Scuole digitalizzate, edifici più moderni e dotati di migliori infrastrutture possono contribuire a un migliore apprendimento da parte dello studente? Qual è il prezzo che gli studenti sono costretti a pagare a causa di strumenti didattici e edifici scolastici non adeguati?


In un recente studio, si è cercato di rispondere a queste domande. Focalizzando sugli effetti dei tagli alla spesa scolastica attuati negli ultimi due decenni, la ricerca fornisce una chiara evidenza causale che ridurre la spesa scolastica deprime le abilità cognitive degli studenti. In particolare, lo studio mostra come l’effetto di una minore spesa scolastica colpisca soprattutto gli studenti provenienti da famiglie meno abbienti, mettendo in luce come la scuola fallisca nell’obiettivo di offrire un riscatto sociale. Effetti significativamente più forti emergono soprattutto nelle scuole del Mezzogiorno, sottolineando un ulteriore problema: la scuola non riesce a limitare le disuguaglianze territoriali nelle abilità degli studenti.I risultati evidenziano come disparità nel capitale fisico e nell’equipaggiamento didattico della scuola possano contribuire a creare – e talvolta amplificare – il divario educativo tra gli studenti.Alla luce del fatto che gli studenti italiani mostrano grandi divari di apprendimento nei test internazionali rispetto alla media Ocse, il risultato assume grande rilevanza. Oltre all’effetto “diretto” sulle abilità cognitive degli studenti, potenziare l’investimento nelle strutture scolastiche potrebbe portare benefici sul coinvolgimento e la motivazione degli insegnanti, ridurre l’assenteismo scolastico e dunque rendere più fruibile e qualitativo sia l’insegnamento che l’apprendimento.


Individuare quali elementi contribuiscano al divario educativo risulta una delle sfide più urgenti per il futuro del paese. I risultati suggeriscono che destinare risorse per scuole digitalizzate, moderne e ben equipaggiate è un buon investimento.

Va anche detto che negli ultimi decenni, l’impianto gentiliano del sistema educativo è stato investito da numerose riforme che hanno ampliato le possibilità, moltiplicato i percorsi e accresciuto l’offerta formativa. Non sembra però che, alla fine, siano riuscite più di tanto a rendere l’istruzione un meccanismo di affermazione sociale e,soprattutto a contrastare l'abbandono scolastico.In altre parole,queste continue e ripetute riforme hanno dimostrato nei fatti di non essere in grado di imprimere alla scuola quel salto di qualità di cui ha bisogno e di ridurre il divario tra Nord e Sud.

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