VISITE

Blog Layout

Contestazioni che diventano censure, il filone culturale coerente che manca ai giovani nelle piazze

Mario Volpe • mag 29, 2024

Se i morti hanno lo stesso prezzo, se le contestazioni del mondo accademico e studentesco si fanno portavoce degli stessi valori di pace per il massacro israeliano ai danni della popolazione di Gaza, lo stesso dovrebbe avvenire, con pari intensità, per gli ostaggi rapiti da Hamas, per le madri russe che hanno visto morire i loro figli in una guerra di occupazione, per la già dimenticata guerra civile che dissangua la Birmania, per le donne afgane letteralmente prigioniere di un regime brutale e maschilista, o per le bambine somale costrette a orrende mutilazioni genitali. Una lista di dolori lunga quanto la distrazione del modo e l’incoerenza di proteste spesso strumentalizzate per interessi personali.

di Mario Volpe (scrittore)


Le vittime di guerra hanno tutti lo stesso prezzo, come lo stesso prezzo lo paga chi perde il lavoro dopo mesi se non anni di contestazione e speranze o chi è trucidato dalla violenza gratuita o dalla gelosia di uomini fuori di testa; di chi vola giù da un’impalcatura o chi annega nei piani sommersi di una centrale idroelettrica. Eppure, malgrado le tragedie abbiano lo stesso prezzo, alle vittime purtroppo non è dato lo stesso valore.


Ci sono donne freddate dalla gelosia e presto dimenticate, mentre ce ne sono altre la cui immagine finisce in testa ai cortei, sulle copertine dei libri e sono accompagnate da giorni o mesi di proteste contro il patriarcato e il maschilismo che spesso deviano in banalità più disturbanti del delitto stesso, facendo perdere tutta la loro efficacia. Nel paradosso degli Orazi e dei Curiazi dove, per stabilire la vittoria, non è necessaria la guerra ma potrebbe essere sufficiente la rappresentanza di una singolar tenzone a determinare il destino di un intero popolo, di un paese, ci sarebbero meno morti ma nessuno mette in contro che gli sconfitti preferirebbero piuttosto il soccombere che vivere in sottomissione per la sconfitta del proprio rappresentante in battaglia. Meglio morire, meglio lottare con i denti che essere schiavi di un regime, è stato il motto della nostra resistenza ed è anche il grido che il popolo ucraino ormai lancia dal 12 aprile del 2014 dopo l’occupazione illegale della Crimea da parte della Russia.


Occupazione che oggi paga a caro prezzo con quasi il venti percento del proprio territorio occupato dal regime di Mosca e con la morte di centonovantamila tra uomini e donne - civili e militari-, bambini massacrati dalle bombe dei loro vicini. Senza contare i dieci milioni di sfollati prodotti dall’invasione armata. Ma se i morti hanno lo stesso prezzo, se le contestazioni del mondo accademico e studentesco si fanno portavoce degli stessi valori di pace per il massacro israeliano ai danni della popolazione di Gaza, lo stesso dovrebbe avvenire, con pari intensità, per gli ostaggi rapiti da Hamas, per le madri russe che hanno visto morire i loro figli in una guerra di occupazione, per la già dimenticata guerra civile che dissangua la Birmania, per le donne afgane letteralmente prigioniere di un regime brutale e maschilista, o per le bambine somale costrette a orrende mutilazioni genitali. Una lista di dolori lunga quanto la distrazione del modo e l’incoerenza di proteste spesso strumentalizzate per interessi personali.


Poco importa quanto sostegno sia stato offerto all’Ucraina rispetto alla Somalia o alla Palestina, la verità è che gli aiuti non si possono barattare con l’indifferenza, e la voce delle proteste non può essere soffocata da una censura violenta. Le proteste, le opinioni, i dibattiti per rinfrancare gli spiriti liberi, e aiutare le menti meno sensibili alle prese di coscienza di un benessere globale non può essere imbavagliata per motivi ideologici o politici. Se così fosse significherebbe che le rivoluzioni giovanili del 68 per la stabilità sociale, le proteste operaie, i cartelli contro la guerra del Vietnam o per l’emancipazione delle donne, sarebbero servite a poco o nulla se a distanza di oltre cinquanta anni le coscienze sono ancora manipolate, le proteste di piazza ribollono di convinzioni ottuse e preconcette e se lo stato di polizia sfoga la propria frustrazione d’incoerenza e d’impotenza manganellando i propri figli, soffocandone le voci a suon di decreti e norme pasticciate all’inverosimile.


Eppure, sembriamo appartenere a un’umanità assuefatta a ogni sopruso a ogni violenza, dove i grandi valori della diversità sono stati soffocati dal peso di un’eguaglianza forzata, imposta fino alle estreme conseguenze, dove perfino per parole subiscono atroci condanne. E se non vogliamo vagare ancora nell’incertezza di un futuro in cui il mondo non sia diviso da una netta linea di confine tra Oriente e Occidente, dovremmo fare nostre le parole di Gandhi alla conferenza delle relazioni interasiatiche del ’47 quando disse che il messaggio dell‘Oriente, il messaggio del mondo, non può essere imparato attraverso gli occhiali dell’Occidente, attraverso la polvere da sparo dell’Occidente, attraverso la bomba atomica dell‘Occidente.


Share

Tutti gli articoli

Autore: Marianna Marra 23 set, 2024
L’arte africana , con la sua capacità di semplificazione senza impoverimento, la genialità nell’astrazione dei soggetti, la piena efficienza del realismo, l’idoneità di assolvere al ruolo specifico della committenza, con una creatività fuori dal comune, grazie alla maestria dei suoi poliedrici artigiani, si è guadagnata il rispetto che le era dovuto. Intorno al 1906, il pittore e scultore Henri Matisse iniziò a collezionare opere africane; la prima fu acquistata per 50 franchi in un negozio di antiquariato parigino. L’incontro con l'Africanismo condizionò anche la sua produzione.
Autore: Felice Massimo De Falco 23 set, 2024
Che fare? E' il refrain leniniano ultradecennale che ci domandiamo ogni volta. Riaprire le casematte del potere e della competenza: i partiti politici e farli funzionare come tali, ossia palestre di formazione civile e politica in cui, con un filo di democraticità, si svolga un sano challenge tra chi è il migliore della classe. Selezione, merito, competitività, fornace di carisma e machiavellismo. Non più uno spogliatoio per mannequins col gallone di onorevoli.
Autore: Mario Sorrentino 29 ago, 2024
Dietro la facciata dei titoli di studio, in Italia vi è spesso una drammatica carenza di conoscenze e competenze . Il dato che meglio la sintetizza – lo prendo dall’ultimo Rapporto Invalsi - è che alla vigilia della maturità, al termine di un ciclo scolastico durato 13 anni, uno studente su due non raggiunge un livello accettabile di apprendimenti in matematica; e la quota arriva addirittura intorno al 70% in alcune regioni del Sud. Le percentuali di studenti che non raggiungono una soglia adeguata di competenze sono altissime. Soprattutto fra quelli che provengono da ambienti sociali e culturali svantaggiati, con il rischio non solo di faticare a trovare un lavoro soddisfacente, ma anche di non diventare cittadini in grado di partecipare con pienezza alla vita della comunità. Oggi la nostra scuola non garantisce efficacia ed equità nell’apprendimento : l’ascensore sociale si è arrestato. E si è arrestato, in particolare, dopo la terza media: a 14 anni si è obbligati, infatti, a scegliere l’indirizzo degli studi superiori.
Autore: Alessia De Filippo 25 ago, 2024
"Io Dono 2024" non è stata solo una manifestazione sportiva, ma un inno alla vita, un evento capace di lasciare un segno profondo nei cuori di chi ha partecipato e di chi, anche solo per un attimo, ha pensato a quanto sia importante il dono della vita. Al termine della giornata, mentre il sole tramontava su Lioni, c’era una sensazione di pace e di compiutezza. Le biciclette riposavano, ma l’eco di quelle pedalate risuonava ancora, forte e chiaro: donare è un gesto che fa vivere, in tutti i sensi. E in quell’ultimo raggio di sole, sembrava che Lioni avesse trovato una nuova luce, quella della solidarietà, pronta a illuminare il cammino di chiunque scelga di donare una parte di sé per salvare una vita.
Autore: Vittorio Schiavone 25 ago, 2024
Che ve lo dico a fare, allora? Perché questo discorso si inserisce in un discorso più ampio sulla nostra professione e su come essa viene percepita. In questa particolarissima accezione, lo psichiatra è una sorta di fast food dei processi mentali. La dinamica è quella di problema-soluzione: io te lo porto, tu me lo risolvi. Sarebbe come se al personal trainer noi gli portassimo la panza e lui ci restituisse, senza sforzo alcuno, un fisico palestrato. Nella realtà dei fatti, il fisico ce l’ha lui, mentre a noi resta la panza. Lo psichiatra non solo non ha tutte le risposte ma, di certo, non ha una vita perfetta, benché nell’immaginario del paziente sia così.
Autore: Anna Poerio 23 ago, 2024
«Il meridionalismo astorico dei pifferai magici che guardano al passato è privo di sostanza», scrive Andrea Mammone, docente di Storia all’Università La Sapienza di Roma, autore del libro Il mito dei Borbone. Il Regno delle Due Sicilie tra realtà e invenzione, edito da Mondadori, 2024. Un documentato saggio che analizza il fenomeno del neoborbonismo mettendo in evidenza l’inconsistenza e le distorsioni delle controstorie sul Risorgimento rapidamente e indebitamente moltiplicatesi negli ultimi anni a causa dell’abbandono del Sud e delle attuali condizioni politiche ed economiche. Queste pretestuose narrazioni, che parlano di un immaginario Regno delle Due Sicilie prospero e felice, in linea con le tendenze populiste odierne, sfruttando le paure e i malumori popolari, spingono al vittimismo e scaricano «le responsabilità su un nemico (immaginario o reale), offrendo soluzioni facili a problemi complessi».
Autore: Vittorio Schiavone 18 ago, 2024
"Capii immediatamente perché lo fece. Si era reso conto sin da subito che Paride era un ragazzo senza alcun disagio, ma con una gran voglia di parlare e di confrontarsi con qualcuno che lo ascoltasse; sapeva che, se avesse detto ai genitori che non aveva nulla, questi si sarebbero rivolti a qualcun altro fino a quando non fossero riusciti nel loro intento di patologizzazione. Qual era la malattia? Questa diversità da loro. Paride, come non amava il calcio, non amava l’estate, una stagione che trovava decadente (proprio come Montale) e rozza, brutta, inelegante e puzzolente. Non comprendeva perché bisognava necessariamente affaccendarsi, cercarsi a tutti i costi il divertimento insieme a tanti altri che, diversissimi da lui e statisticamente tra loro, dovevano ritrovarsi necessariamente a fare le stesse cose: cose da estate".
Autore: Raffaella Braccolino 15 ago, 2024
Parla il famoso make-up Artist: " In controtendenza rispetto ai canoni di piatta perfezione uniformante espressi dal mondo digitale a colpi di filtri e di modelli creati dall’intelligenza artificiale, noi ci facciamo paladini della bellezza autentica, che dall’imperfezione della realtà trae la sua linfa. Il trucco non deve mai essere una maschera, ma serve a esaltare la personalità, e quindi la bellezza, di un volto. Così è per tutta l’estetica, che deve aiutarci a essere noi stessi al meglio, senza rincorrere proiezioni falsate della propria immagine. Basta eccessi e virtuosismi barocchi, benvenuto tutto quello che aiuta a sentirsi bene e belli nella propria pelle”.
Autore: Mario Sorrentino 14 ago, 2024
Nonostante che la legge vieti espressamente l’accesso di minorenni nei suddetti locali, vedere ragazzini che escono da sale newslot o VLT è ormai divenuta una prassi quotidiana alla quale nessuno, comprese le Forze dell’Ordine, fa più caso! Alcuni studi hanno evidenziato la correlazione tra la proposta ai bambini di giochi in cui l’azzardo è implicito, in modo tale che non se rendano conto, per poi farlo diventare sempre più palese col salire di età. La modalità di gioco dei giovani, crescendo, cambia e si sposta su altre piattaforme che propongono partite a ogni ora del giorno.
Autore: Vittorio Schiavone 11 ago, 2024
La consapevolezza? Sì, esiste, ne ho sentito parlare. La consapevolezza è il motore primo ed unico del cambiamento: è la consapevolezza che porta il paziente dallo psichiatra, è la consapevolezza che gli fa assumere la terapia. Il resto, sono solo sotterfugi e trovate da improvvisati. Lo psichiatra lavora per essa, e si spende per essa più di quanto non faccia per fare una corretta diagnosi, o per stabilire una adeguata terapia. Senza di essa, sono solo parole inutili. Non è mai “guarito” nessuno per una decina di gocce sciolte nel caffè, né per essere “costretto” ad assumere una compressa al mattino e sera: la vera emancipazione è l’accettazione del problema, e con essa della cura. Certo, a mali estremi estremi rimedi, ma sempre terapeutici e regolati: nessuno psichiatra va a casa nelle vesti dell’amico di zio Gennaro, né si spaccia per un dermatologo.
Altri post
Share by: