Chi sono i giovani di oggi?Che cosa pensano della loro città,della scuola,degli adulti,delle prospettive di sviluppo della nostra epoca?
Le risposte non sono né facili,né semplici,perchè sono frutto dell'attuale società complessa.La definizione di giovani può essere cercata attraverso una serie di parametri tra loro integrati.Si potrebbe dire,per esempio,che è giovane colui il quale ottiene la patente di guida o la scheda per votare,o colui che pensa di voler fare quello che vuole.
E' nostra convinzione,invece,che la piena giovinezza debba corrispondere agli stessi diritti degli adulti,ma anche alle capacità di farsi responsabile dei doveri da parte di chi sta per acquisire il nuovo status.D'altra parte,la nostra società sta diventando via via sempre più asimmetrica:si è ormai verificato nella pratica,oltre che nella teoria,un allungamento del periodo preparatorio alla vita adulta che,specialmente nei Paesi industrializzati arriva fino all'età dei trent'anni.
All'allungamento di tale periodo,si accompagnano il differimento di molte responsabilità personali e lunghi periodi di “esitazioni” con il conseguente abbandono della scuola e del lavoro.
La società asimmetrica produce,d'altra parte,la solitudine dei quartieri altamente urbanizzati e carenti intese semantiche lungo il canale della comunicazione generazionale.Allo stesso modo determina un aumento della disoccupazione,delle prestazioni di lavoro part-time e precario.A questo punto,la domanda che viene spontanea è la seguente:quali i cambiamenti di valore e di status in età giovanile che hanno determinato il nuovo volto dei soggetti della società post-moderna?
La risposta di G. De Rita nel suo recente “rapporto” condensa l'amarezza del fallimento e la difficoltà di intraprendere una nuova direzione di marcia:è sfumato ormai “il passaggio morbido” dalla gioventù alla maturità,spiega il sociologo,ed ormai il periodo dell'adolescenza-pubertà non coincide più con quello della giovinezza-pubertà.
I giovani vivono ormai in quella che viene definita come “l'ambiguità pervasiva”,che porta spesso,da un lato,al rifiuto di sé stessi,perchè colti in atteggiamenti di conflittualità,di sfida e di rifugio.Abbiamo così a che fare con un nuovo profilo della gioventù contemporanea,le cui caratteristiche possono essere così schematicamente delineate:i giovani entrano in conflitto in questo periodo con le istituzioni,con le autorità,con i genitori,non solo per affermare se stessi e il proprio punto di vista,ma anche per portare una sfida aperta,spesso aggressiva,verso l'organizzazione sociale e,poichè molto spesso non si riconoscono nelle scelte,danno luogo a quello che gli psicologi definiscono “doppio atteggiamento”:si tratta di un atteggiamento schizofrenico che li fa essere diversi a casa o a scuola o fuori,all'interno del contesto societario e comunitario.
Il fallimento,tuttavia,dei loro obiettivi li porta ad allontanarsi da ideali e dalle prospettive certe per rifugiarsi in un mondo di personaggi dell'arte,della letteratura,dello sport.Si arriva così a quelle forme di “individualismo protetto” che non concorrono certamente allo sviluppo comunitario,ma avallano richieste individuali di curricoli personalizzati di apprendimento e di conoscenze,con la conseguente frantumazione dei luoghi e dei tempi della formazione.
Se si unisce a tale preoccupazione la costatazione dell’emergere di questa nuova ampia fascia di età giovanile,che va dai 15 ai 30 anni,si capisce che lo sforzo che si richiede non può essere sopportato da una sola componente o categoria sociale e/o culturale,ma va posto a carico di <<società organizzata che si educhi>>.
La scuola e la famiglia rivestono un ruolo basilare,anche se un esito positivo può essere ottenuto soltanto a condizione che tali agenzie educative,insieme al più vasto corpo sociale,si aprano alla comprensione delle nuove esigenze giovanili,certamente non per soddisfarle in ogni caso,ma per comprenderne motivazioni e cause fondamentali,atteggiamenti e comportamenti,mode culturali,codici linguistici.
La famiglia,la scuola,la società non possono nè produrre verso i giovani atteggiamenti dogmatici nè praticare il lassismo;una giusta serietà negli studi,un porsi empaticamente dal punto di vista giovanile,una seria attenzione alle scelte e alle nuove prospettive di sviluppo possono più adeguatamente produrre una proficua interrelazione tra scelte giovanili e scelte adultistiche,tra spinte alla conservazione e spinte al rinnovamento.
Senza assumere toni paternalistici,ai giovani pensiamo che si debba con franchezza dire che la situazione quale si presenta oggi per chi lascia la scuola dopo aver adempiuto l’obbligo scolastico certamente non è facile,sia che si proseguano gli studi per il conseguimento della maturità sia che si frequentino corsi di formazione professionale nella prospettiva di un più rapido inserimento nel mondo del lavoro.
Infatti,le tensioni determinate da un’inadeguata risposta alle richieste di un nuovo modello di sviluppo che elimini le profonde discriminazioni ancora esistenti all’interno della nostra società,assumono ogni giorno aspetti sempre più preoccupanti.
Non è certo per la ricerca di un consenso se si afferma che sono proprio i giovani che possono svolgere un ruolo decisivo per il superamento dell’attuale crisi.
Questa affermazione può corrispondere ad una realtà se nei giovani,accanto all’entusiasmo e alla fiducia,che rappresentano già di per se stessi delle naturali,pacifiche armi per affrontare l’avvenire,si accompagni la responsabile volontà di utilizzare le <<occasioni formative>> che ad essi si offrono come strumenti per concorrere alla costruzione di una società migliore.
di Mario Sorrentino, già dirigente scolastico
Testata Giornalistica con iscrizione registro stampa n. cronol. 1591/2022 del 24/05/2022 RG n. 888/2022 Tribunale di Nola