Quando mi è stato chiesto di scrivere questo articolo ho messo in atto mille difese. Perchè il dolore lo conosco bene e lo temo, ma al tempo stesso lo rispetto.
Perchè lo temo e lo rispetto? La prima è facile. Lo temo perché non c’è niente come la sofferenza che destabilizzi la vita di una persona tanto da farle sentire il desiderio di annullarsi.
Lo rispetto, come si fa dei migliori nemici. Se lo rispetti ti mantieni dei margini per conoscere da dove proviene; se lo conosci, impari a combatterlo.
Ma da dove nasce il dolore, ve lo siete mai chiesti? Il dolore nasce quando qualcosa si spezza dentro di noi e lascia qualcosa di incompiuto. Quando non siamo in grado con le nostre sole forze di fare muro di fronte alle difficoltà della vita.
Ha il sapore della sconfitta, il dolore. Lo si vive così, come una perdita di qualcosa di importante, di vero, di nostro. E tutti intorno sembrano accorgersi di questa nostra incapacità, sembra che il mondo intero stia lì con gli indici puntati a sottolineare la nostra imperfezione.
La società odierna ci vuole perfetti, felici e sorridenti. Ci butta in faccia modelli preconfezionati di perfezione continuamente.
Dal mio punto di vista sono convinta che l’imperfezione, i nostri difetti e a maggior ragione il dolore siano il nostro miglior biglietto da visita, più che ogni altra cosa. Perchè parlano di noi, dicono cosa siamo veramente. Siamo noi senza ciò che gli altri vogliono, siamo noi che cadiamo e ci rialziamo o nell’atto di farlo o nell’atto di non farlo. Perchè anche in quest’ultimo caso siamo noi. E non c’è niente di male in questo, nell’imperfezione, intendo, nel dolore, nel cadere, nel rialzarsi o nel non farlo.
L’importante è non ricadere nella voragine nel senso di colpa. Quando ogni cosa naviga contro di te è facile addossarsi le colpe di tutto, delle sconfitte, del dolore, mentre a volte bisognerebbe soltanto sapersi ascoltare meglio e circondarsi solo di chi ha fiducia in noi, di chi resta e non ci giudica, di chi abbraccia il nostro dolore con amore.
All’inizio ho detto che conosco il dolore, quindi si presuppone che lo abbia superato se ne sto qui a parlare.
Diciamo che ho solo imparato ad amarmi di più, a perdonare i miei errori, a comprendermi di più attraverso gli stessi, a non colpevolizzarmi, a non pretendere da me stessa la perfezione, ad amarmi così come sono, ma al tempo stesso a volere sempre il meglio e a prendermi cura della mia vita.
Ho imparato che è importante cercare il cambiamento e non ristagnare sempre nella stessa palude fatta di dubbi, vedere il bello in ogni cosa, sforzandomi anche quando tutto mi sembra dire il contrario, perché ponendo bene attenzione alle cose, in ognuna è possibile riscontrare qualcosa che mi possa far pensare che la vita sia un dono meraviglioso.
Ho imparato che tutto passa, anche il dolore. Il tempo lo trasforma in esperienza. Rimarrà sempre una parte di te vulnerabile, che ricorderà sensazioni che l’hanno ferita, questo sì, però ogni volta troverai in te la chiave giusta per affrontarle. Il più delle volte è l’amore, lo so sembra una banalità, ma davvero l’amore muove tutto.
Ecco, questo ho imparato nei miei primi cinquanta anni di vita e per me questo è già tanto, a volte persino troppo per aver compreso il sapore del dolore …
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