Cosi recita la chiave moderna del testo di Ippocrate:
"Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro: di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di attenermi alla mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, perizia, e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione esclusivamente alla mia capacità professionale ed alle mie doti morali; di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione. Di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità condizione sociale e ideologia politica; di prestare assistenza d’urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità a disposizione dell'Autorità competente; di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico, tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto; di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in ragione del mio stato; di astenermi dall’"accanimento" diagnostico e terapeutico.
Il testo rappresenta l'ultimo atto per tutti gli studenti di medicina e chirurgia ed odontoiatria prima della laurea e racchiude in se tutti i principi morali e deontologici della medicina moderna. E pensare che la sua origine risale a ben più di 2500 anni fa ad opera di Ippocrate di kos, di cui pubblicherò al termine il testo originale in chiave antica.
Ippocrate di Coo, o di Kos com'è citato in alcune fonti, nasce sull'isola di Coo, detta anche Isola di Kos, in Grecia, attorno ad una data che spazia tra il 460 e il 450 a.C. La lingua di Coo è il dorico ma l'isola fa parte della confederazione ateniese, all'epoca, e può dirsi greca a tutti gli effetti. Medico stimato, geografo, viaggiatore, viene considerato il padre della medicina. Al suo nome si lega il "giuramento" che ancora oggi in ambito accademico sono tenuti a fare coloro i quali diventano medici a tutti gli effetti.
Data l'antichità del personaggio in questione non si posseggono molte notizie certe circa la sua biografia, soprattutto inerente gli anni della gioventù. È accertato che Ippocrate sia nato in una famiglia dedita alla scienza e alla ricerca, secondo la tradizione degli antichi greci. Figlio di Eraclide e di Fenarete, infatti, il futuro iniziatore della medicina discende da una famiglia aristocratica. Tra i suoi avi, secondo alcune fonti, non sono pochi coloro i quali hanno fatto parte della corporazione degli Asclepiadi, ossia quegli studiosi devoti al dio Asclepio, nume della medicina nell'antica Grecia (dai latini poi traslato, dal punto di vista terminologico e religioso, nel ben noto Esculapio).
Il padre di Ippocrate, pertanto, è un medico il quale sostiene di essere egli stesso un discendente diretto della divinità. Il futuro scienziato viene introdotto da Eraclide nell'arte medica, seguendo e osservando il padre durante i suoi viaggi scientifici, i quali lo portano oltre che a Kos, anche ad Atene e soprattutto nelle regioni della Grecia settentrionale, in Tracia e a Taso, luoghi questi ultimi dove esercita maggiormente.
Anche Ippocrate, come detto, è un viaggiatore. Durante la sua vita segue il padre ad Atene, ma vi si reca anche per proprio conto, ad esercitare la sua scienza e a compiere numerosi studi. Soggiorna per un certo periodo ad Abdera, dove incontra e scambia impressioni con il filosofo atomista Democrito.
Ad ogni modo, il corpus di scritti che riguardano Ippocrate di Coo, dando un saggio del suo modo di agire scientifico, rientra sotto il nome di "Corpus Hippocraticum" e comprenderebbe circa una settantina di opere.
Tuttavia, per avere nozione certa della sua fama di scienziato, e di essere appunto il padre della metodologia medica, bisogna ricorrere ad un'opera di Platone, il Fedro. In essa, il grande filosofo greco accenna proprio al cosiddetto "sistema ippocratico", il quale sarebbe finalizzato "alla conoscenza del corpo in connessione con la natura del tutto". È nell'equilibro degli opposti il segreto della salute, i quali sono identificati nei quattro umori circolanti nel fisico umano: sangue, flegma, bile gialla e bile nera.
Di Ippocrate come medico per antonomasia, parlano anche molti altri filosofi e scienziati dell'Antica Grecia, succeduti a lui, come Galeno di Pergamo.
Al suo nome e alla sua abilità, ritornando agli eventi che l'hanno riguardato, si lega il debellamento della grande peste che colpisce Atene verso il 429 a. C. Intorno a questo periodo poi, Ippocrate avrebbe fondato, come maestro indiscusso, una vera e propria scuola medica. È indubbio, anche, che lo scienziato abbia intrapreso viaggi fuori dalla Grecia, passando per l'Egitto e per la Libia. Quest'area del Mediterraneo infatti in quegli anni è ritenuta molto avanzata dal punto di vista della cultura scientifica e tecnologica, oltre che nell'aritmetica e nella geometria.
Alla base della sua rinomanza c'è il concetto, oggi ritenuto elementare, che la malattia e la salute di un essere umano dipendono da circostanze umane e non da voleri divini. Ippocrate inoltre applica i propri studi sui cadaveri, il primo a farlo in chiave scientifica, interessandosi di anatomia e patologia. È l'inventore della ben nota cartella clinica, dei concetti di diagnosi e prognosi, legati all'osservazione dei sintomi che interessano il paziente. Questi poi, per grande intuizione del medico greco, sono intesi soprattutto in relazione al loro stile di vita, determinante per la loro specifica salute. Lo scienziato di Kos fa riferimento a elementi come la dieta, l'atmosfera, la psicologia del paziente, e persino l'ambito in cui si trova a vivere, considerando dunque anche alcuni aspetti sociali.
Nel famoso giuramento poi è teorizzato anche il dovere etico del medico, secondo principi scientifici e morali ben precisi, come la diffusione responsabile del sapere, l'impegno in favore della vita, l'avere la cognizione dei propri limiti, la rettitudine e il ben noto
.Secondo le fonti tramandate, Ippocrate di Coo muore intorno al 377 a. C., in Tessaglia, fra Larissa e Gyton. In base a quanto tramandato in merito al suo epitaffio, ci sarebbe questa iscrizione precisa: "Il tessalo Ippocrate, originario di Cos, nato dalla razza immortale di Febo, riposa qui. Ha innalzato molti trofei, vincendo le malattie con le armi di Igea; ha acquisito grande gloria, non per fato ma per scienza".
Dopo la sua dipartita, lo scienziato sarebbe stato oggetto di un culto eroico pubblico, con sacrifici in suo onore tenuti ogni anno, nel giorno della sua morte.
Concetti seppure ben datati che riscoperti in chiave moderna hanno fatto e fanno tuttora la storia della medicina e il cui sapiente discernimento sono alla base della costruzione di un medico giusto e retto e sono gli elementi chiave che fanno avvicinare i pazienti alla persona giusta, al medico giusto nei canoni del giusto riconoscimento del sapere scientifico e del concetto empatico di rapporto medico-paziente.
vi lascio proponendovi il testo anche nella versione classica:
"Giuro per Apollo medico e per Asclepio e per Igea e per Panacea e per tutti gli Dei e le Dee, chiamandoli a testimoni che adempirò secondo le mie forze e il mio giudizio questo giuramento e questo patto scritto. Terrò chi mi ha insegnato quest’arte in conto di genitore e dividerò con Lui i miei beni, e se avrà bisogno lo metterò a parte dei miei averi in cambio del debito contratto con Lui, e considerò i suoi figli come fratelli, e insegnerò loro quest’arte se vorranno apprenderla, senza richiedere compensi né patti scritti. Metterò a parte dei precetti e degli insegnamenti orali e di tutto ciò che ho appreso i miei figli del mio maestro e i discepoli che avranno sottoscritto il patto e prestato il giuramento medico e nessun altro. Sceglierò il regime per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, e mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministerò a nessuno, neppure se richiesto, alcun farmaco mortale, e non prenderò mai un’iniziativa del genere; e neppure fornirò mai a una donna un mezzo per procurare l'aborto. Conserverò pia e paura la mia vita e la mia arte. Non opererò neppure chi soffre di mal della pietra, ma cederò il posto a chi è esperto di questa pratica. In tutte le case che visiterò entrerò per il bene dei malati, astenendomi ad ogni offesa e da ogni danno volontario, e soprattutto da atti sessuali sul corpo delle donne e degli uomini, sia liberi che schiavi. Tutto ciò ch'io vedrò e ascolterò nell'esercizio della mia professione, o anche al di fuori della professione nei miei contatti con gli uomini, e che non dev’essere riferito ad altri, lo tacerò considerando la cosa segreta. Se adempirò a questo giuramento e non lo tradirò, possa io godere dei frutti della vita e dell’arte, stimato in perpetuo da tutti gli uomini; se lo trasgredirò e spergiurerò, possa toccarmi tutto il contrario".
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