Nelle ultime elezioni europee del 2019 hanno votato circa il 54% degli italiani. Un emisfero elettorale non si reca più alle urne ed i motivi possono essere tanti. La disaffezione verso la politica è causa e conseguenza di questo allontanamento dalle urne. E’ come se si andasse a riformulare quella che Giuseppe Prezzolini chiamava la “società degli Apoti”, cioè “quelli che non se la bevono più”. Gente ormai disillusa dalla politica e dai suoi attori, ritenuti poco affidabili per risolvere i problemi che incontrano nella quotidianità. Alle Europee questa dispercezione empatica verso la cosa pubblica storicamente si intensifica. Merce elettorale scadente? Sfiducia illimitata nelle istituzioni di Bruxelles? Scarso appeal dei candidati? Bassa percezione del valore della politica italiana oggi nel muovere le dinamiche europeiste? Tanti possono essere i motivi della cesura. Se sia un magma di ideali tappato o solo disattenzione è materiale per i sociologi dei numeri.
Fatto sta è che si va componendo una sfera eterogenea di destra e di sinistra di chi a votare non ci va più o lo fa timidamente senza scenici sbandieramenti. Constateremo con la tornata di giugno prossimo se il fenomeno dell’astensionismo andrà allargandosi. Se esiste un periodo storico in cui avviene questa cesura impetuosa tra popolo e governanti è probabilmente quando tramonta il moderatismo declinato dal ceto medio, che via via è scomparso dagli ingredienti vitali della società italiana, a favore di un qualunquismo di sistema che ha generato classi politiche mediocri senza identità culturali e sganciate dalle reali dinamiche del Paese.
Al di là delle cause che sembrano non interessare la classe politica, le previsioni di affluenza al voto per quest’anno sono incerte. Antonio Noto, sondaggista, dice che “è’ difficile prevedere oggi il livello di affluenza alle prossime elezioni europee, la tendenza è alla diminuzione, credo saremo intorno al 50-54%, ma capiremo solo nell’ultima settimana prima del voto, quanta gente andrà a votare, quando la campagna elettorale entrerà nel vivo”. Solo allora capiremo se questa massa di destra e di sinistra farà una scelta. “L’astensionismo elettorale non è mai di destra o di sinistra, dice Noto, “quelli che si disaffezionano al voto sono quelli che non formano il loro consenso sull’ideologia”. “Un elettore di destra o di sinistra si reca sempre a votare”, continua Noto, il restante, cioè un elettore su due, non vota più per ideologia”.
Alla base c’è sicuramente lo scarso appeal che hanno le europee rispetto alle politiche, un po' perché si crede sempre meno nell’Europa, non c’è grande sensazione di vicinanza tra la gente e le dinamiche europee. “E’ chiaro che le Europee non trascinano molto”, asserisce Noto, “ma è un dato storico. Le Europee si posizionano più sui livelli di elezioni regionali che nazionali”.
Resta che la gente vota più pensando ai temi nazionali che quelli europei. “Nessun partito”, fa notare Noto, “ha presentato un programma europeo, la campagna elettorale è tutta concentrata sui fatti interni”. Ciò è anche testimoniato dalla candidatura diretta dei leader di partito, dove il battage mediatico è molto personalizzato sui nomi. Non è un caso che la Meloni abbia trasformato questa tornata in un referendum sulla sua persona, invitando a scrivere Giorgia sulla scheda elettorale. “La verità è che l’Italia pesa in minima parte in Europa”, sottolinea Noto, “ma da sempre le europee sono considerate il secondo tempo delle elezioni politiche, quindi sia i partiti che gli elettori pensano alla loro offerta formandosi sui temi italiani”. “Di Europa si sta parlando davvero poco e non penso che nelle prossime settimane il contenuto della comunicazione cambierà”, conclude Noto. Ma i dati generali di affluenza al voto non si limitano al caso delle Europee se consideriamo i numeri della gente ha votato per le scorse regionali e comunali: lo spauracchio dell’astensionismo è sempre in agguato e potrebbe colpire ancora.
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