Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, da settembre 2022 a marzo 2024 si sono verificati almeno 70 episodi di violenza contro il personale scolastico, tanto da spingere il Parlamento ad intervenire. La legge n.25 del 4 marzo 2024 contempla infatti nuove misure di prevenzione e inasprimento delle pene per i reati commessi. Al momento, tuttavia, non pare che abbia sortito effetti rilevanti.
di Mario sorrentino - già dirigente scolastico
Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, da settembre 2022 a marzo 2024 si sono verificati almeno 70 episodi di violenza contro il personale scolastico, tanto da spingere il Parlamento ad intervenire. La legge n.25 del 4 marzo 2024 contempla infatti nuove misure di prevenzione e inasprimento delle pene per i reati commessi. Al momento, tuttavia, non pare che abbia sortito effetti rilevanti.
Le cause di questo dilagante fenomeno vengono, dai più, individuate nella perdita di autorevolezza di chi rappresenta il mondo della scuola, e su questo tema è intervenuto ancora una volta Valditara. Durante il recente congresso di DirigentiScuola, il Ministro ha evidenziato come «dobbiamo ridare autorevolezza sociale alla categoria dei dirigenti scolastici e di tutto il personale scolastico. Dobbiamo ripristinare il principio di autorità. In una società democratica è fondamentale. L’anarchia – ha affermato – vuol dire assenza di autorità. Dobbiamo sconfiggere quella cultura sessantottina. La caduta di rispetto che c’è nella società italiana verso il mondo della scuola deriva anche da questo e voglio che i dirigenti scolastici, come i docenti e tutto il personale della scuola siano rispettati anche dai genitori».
Autorità e autorevolezza: sono questi i nodi cruciali su cui occorre interrogarsi e agire.Nella scuola, oggi, (come del resto anche nelle famiglie), c’è carenza di entrambe. Se la già citata Legge n.25 del 4 marzo 2024 sarà in grado di ristabilire il rispetto verso il personale scolastico, ben venga, anche se qualche dubbio è lecito data la nota riottosità dei nostri giudici ad applicare le sanzioni. Molto più complicata appare la questione della autorevolezza, sia perché è legata allo spessore umano e culturale del personale scolastico, sia perché tutto concorre, anche dall’esterno della scuola stessa, a demolire la credibilità della istituzione-scuola, divenuta cassa di risonanza di tutte le parole d’ordine del mainstream e oggetto delle incursioni di dubbi personaggi che vengono investiti del ruolo di nuovi maestri di pensiero.
Una scuola troppo spesso ridotta a parcheggio dell’infanzia, in ambienti e strutture troppo eufemisticamente inadeguate; una scuola in cui c’è una chat per ogni cosa, di classe, di dipartimento, di plesso, d’istituto, di educazione civica, di sostegno, d’esame, chat di ogni tipo per messaggi che, in barba a qualsiasi diritto alla disconnessione, giungono a ogni ora di ogni giorno: inutile opporsi, anche le circolari ormai si veicolano via chat.Le aggressioni oscene delle quali gli insegnanti sono sempre più spesso vittime, da parte dei loro alunni e delle famiglie che ne sostengono in modo arrogante le ragioni, lasciano senza parole e non dovrebbero essere sottovalutate.I genitori anziché sostenere i rappresentanti del discorso educativo si schierano con i loro figli, lasciando gli insegnanti in una condizione di isolamento.
Misconosciuti da uno Stato che non valorizza economicamente il loro lavoro, sovraccaricati di compiti educativi di fronte a famiglie sempre più disgregate e latitanti, gli insegnanti patiscono una condizione di umiliazione permanente. Nel nostro tempo ogni atto decisionale nel campo dell’educazione dei figli rischia di essere guardato dalle famiglie come un sopruso illegittimo, mentre è considerata legittima l’aggressione violenta di genitori e figli verso gli insegnanti.In un tempo non lontano l’insegnante godeva di un prestigio sociale e di un’autorità educativa che costituivano un punto fermo per le famiglie e per la nostra vita collettiva.
Se c’è un luogo che andrebbe custodito e difeso con tutta l’attenzione necessaria da ogni forma di prevaricazione, è il luogo della scuola. La violenza brutale di cui gli insegnanti sono vittime non è solo quella di famiglie incivili, ma è anche quella più diffusa del discredito che li colpisce: penalizzati economicamente, denigrati come lavoratori privilegiati, declassati nel loro prestigio pubblico.
Per restare a esperienze a noi vicine, si può ricordare ciò che avviene nelle scuole più difficili delle periferie parigine, dove gli insegnanti temono per la loro stessa incolumità fisica. Ma là appare una reazione da parte delle autorità di governo, che si manifesta anche con parole, che qui sembrano mancare, per rassegnazione o indifferenza. Mancano qui manifestazioni impegnative di solidarietà per i singoli insegnanti, ma anche complessivamente per la categoria, cui pure, più che ad altre, la società e la Repubblica dovrebbero tenere.Il rispetto per l’insegnante è indispensabile.
Esso si fonda sulla sua capacità professionale, fatta di conoscenza della materia che insegna e di aggiornati metodi didattici, ma anche sull’autorevolezza che discende dalla consapevolezza del ruolo non paritario, che distingue chi insegna da chi deve imparare. Non è irrilevante nell’avvilimento della funzione, ma è anzi segno di mancanza di apprezzamento, il penoso trattamento economico degli insegnanti di tutti i livelli. In una società tanto attenta al denaro, lo stipendio è un’importante indicazione del valore che si assegna alla persona che lo riceve. E non è certo segno di attenzione a questo importante aspetto l’occasionale regalia dispensata da questo o quel governo.
Testata Giornalistica con iscrizione registro stampa n. cronol. 1591/2022 del 24/05/2022 RG n. 888/2022 Tribunale di Nola