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Gigione, Guancia a Guancia e Core a Core

Marianna Marra • lug 24, 2024

Assuefattosi di fatto ai “capricci” di Alberto, con la schedina del totocalcio in mano azzardava, ardito, pronostici sulla partita del Napoli sognando, come molti altri, di fare il tanto sospirato 13 per poter espandere, in futuro, le sue attività commerciali aprendo quella che, sotto mia intuizione, sarebbe poi divenuta l’hamburgheria più famosa del paese anzi, dell’Italia : “Da Gigione macelleria e hamburgheria”, la macelleria che può pregiarsi di aver reinventato il concetto di hamburger ottenendo, dalla Guida 50 TOP ITALY ,l’ambito premio come “miglior panino d’Italia” per ben 3 volte.


sTRUtto & parruCCO

Ideata e a cura di Marianna Marra

Rubrica emozionale a 360 gradi

Make-up Cucina Styling



“TIC TAC” ievano e venéveno (andavano e tornavano) smaniusi annanz e aréto (smaniosi avanti e indietro) gli zoccoli di legno ncopp e rigiole d’’a cucina (sulle piastrelle della cucina) scandendo, con accurata precisione, come fossero lancette di un orologio, i passi di nonna Giovanna che con rigore rimestava da ore la genovese nel pentolone.


Avevo a fatica iniziato a stropicciarmi gli occhi ed ero appena reduce da qualche sbadiglio (tanto da domandarmi addirittura chi fossi), quando mia madre Antonietta Cesario, spalancando le finestre con quella che definirei quasi una “crudeltà ereditaria”, mi incitava con piglio deciso a svegliarmi tempestivamente urlando: “Gennaro alzati è tardi” per tutta casa. Saranno state su per giù circa le 7 del mattino ma a casa Cariulo era già ora di punta.


Non era giovedì e a Pomigliano d'Arco, dove abito, non c’era neppure il mercato, ciò nonostante la nonna si era svegliata comunque molto presto per cullare la sua guancia di vitello e casa mia era una piazza affollata di gente. Mamma, papà, Raffaele e Alberto erano già tutti in piedi schierati come in un plotone originando un insistente brusio di sottofondo, ciascuno a suo modo affaccendato come meglio poteva allo scopo, inconsapevolmente sadico, di arrecarmi disturbo.


Mamma piegava copiosamente il bucato irrigidito dal sole, Raffaele giocava con i soldatini, Alberto, il più piccolo, infastidito probabilmente dal caldo e dal vocio familiare, mugugnava a mezza voce, e senza sosta, in un loop tanto monotono quanto assordante che “gentilmente” mi invitava con tenerezza ad alzarmi per disperazione. Papà, poco distante da Alberto, dopo essersi recato in loco a controllare il bestiame, come fa con rigore ogni domenica, poteva finalmente rilassarsi.


Assuefattosi di fatto ai “capricci” di Alberto, con la schedina del totocalcio in mano azzardava, ardito, pronostici sulla partita del Napoli sognando, come molti altri, di fare il tanto sospirato 13 per poter espandere, in futuro, le sue attività commerciali aprendo quella che, sotto mia intuizione, sarebbe poi divenuta l’hamburgheria più famosa del paese anzi, dell’Italia : “Da Gigione macelleria e hamburgheria”, la macelleria che può pregiarsi di aver reinventato il concetto di hamburger ottenendo, dalla Guida 50 TOP ITALY ,l’ambito premio come “miglior panino d’Italia” per ben 3 volte.

Era una domenica “qualunque”, una domenica napoletana, quando il pranzo rappresentava ancora un momento magico di raccoglimento familiare e andava celebrato, con sacralità, proprio come la santa messa. Non so voi ma io, sin da piccolo, ho iniziato a respirare l’aria del pasto come un qualcosa di straordinario, di trascendentale; a me hanno insegnato a mangiare con tutti e 4 i sensi: vista, olfatto, tatto e persino udito, perché quando il sugo “pippea” nella casseruola emana un suono particolare, onomatopeico, unico e riconoscibile che grida: ”È domenica, venite a tavola ca se fa friddo” (venite a tavola che si fredda) e quel suono, ancora oggi, è per me pura poesia.


Mamma ci tiene molto alla nostra educazione, ci esorta a sedere eretti e composti e a utilizzare correttamente forchetta e coltello, ma quando arriva la guancia di vitello di nonna non si capisce più niente, e Raffaele, la inizia con la forchetta e la finisce sempre con le dita. La guancia di per sé non è un luogo costoso malgrado ne esistano solo due pezzi per capo ma la nostra è speciale sia perché proviene dalla macelleria di papà che da 5 generazioni si occupa di carni, sia perché in cottura viene letteralmente accudita da nonna quasi come fosse un altro nipote.


Gigione (mio padre), mi ha spiegato che la guancia  “masticando” per lungo tempo crea, grazie a questo movimento continuativo tecnicamente definito ruminazione o masticazione mericica, delle fibre spesse nei muscoli della carne dell’animale che è il motivo per cui deve essere cotta a bassa temperatura affinché questi, e il tessuto connettivo, possano trasformarsi in una sorta di gustosa gelatina.


Come si fa a dire a Raffaele che non deve leccarsi le dita? Sarebbe un vero peccato e mamma, da buona cristiana, fà finta ‘e nun vedè (finge di non vedere). Domani, dopo la scuola, papà mi ha promesso che, se faccio il bravo, mi porta con lui a Benevento a vedere le marchigiane al pascolo, sì perché lui tiene tantissimo a controllare di persona le condizioni di salute del bestiame, mi ha spiegato che garantirne le ottimali condizioni di vita e di macellazione è necessario non solo per rispetto dell’animale stesso ma anche per ottenere il miglior prodotto possibile in termini di qualità e di sostenibilità ambientale (perché se mangiamo carni del nostro territorio aiutiamo gli allevatori locali e inquiniamo meno).


Gigione controlla scrupolosamente che mangino bene, che non vengano ammassate in spazi angusti, che non subiscano stress (fattore che inciderebbe negativamente sul processo di masticazione mericica e di conseguenza sul funzionale processo digestivo e di corretta assimilazione dei cibi), si accerta che camminino tanto all’aria aperta, questo garantisce che possa offrire alla sua clientela un prodotto di assoluta eccellenza che da qualche anno viene attestato dal marchio IGP.


Oggi, proprio mentre nonna si apprestava a mettere la marchigiana nella genovese (razza bovina che ben si adatta a molte altre preparazioni della tradizione come il brodo e il ragù napoletano), con sguardo serioso e con gli occhi sgranati d’entusiasmo papà mi ha detto: “Guarda Gennà, le vedi tutte queste striature bianche nella carne?


Questo significa che il bovino ha camminato tanto nella sua vita ed è sinonimo di qualità perciò nun fà o’ “scornuso” (non fare l’antipatico) quando le vedi perché mo ‘o sai, perché te l’ho spiegato, che significa ca te staje magnanno ‘a carna bbon”. (che stai mangiando la carne buona). In macelleria mamma e papà vendono anche salami artigianali di suino paesano (che come dice papà si rivelano del tutto, nella loro indiscussa bontà, solo al taglio del coltello), salsicce dolci e piccanti e poi tante altre cose tutte fatte con amore da noi e perciò so’ sapurito molto, più, assaissimo, questo però non me l’ha detto papà, l’ho imparato da solo.


A tavola, ad accompagnare il rituale, e a contribuire all’allegria familiare, c’è sempre, in una panciuta caraffa di vetro, del buon vino ben invecchiato, che sia rosso o bianco non importa perché, a mio parere, se è di qualità sa essere inclusivo e tenere per mano, con amabilità, ogni tipo di piatto senza preconcetto. Sembra ieri eppure da allora sono trascorsi molti anni e papà si è imbiancato, proprio come le montagna di inverno a Benevento, sì ma in modo poetico; no, non siamo invecchiati piuttosto oserei dire che ci siamo “barricati” sia come famiglia che come ristoratori e indossando con fierezza il grembiule o la divisa, proprio come si fa con una medaglia al valore sull’uniforme, abbiamo portato ogni giorno sempre più in alto di grado il nome della Famiglia Cariulo senza mai abbandonare la tradizione, piuttosto reinventandola siamo giunti fino a voi nel qui e ora.


Mi presento, io mi chiamo Gennaro Cariulo e sulla divisa al posto della medaglia ho ricamato con ago e cotone il mio nome, “Sono uno chef contemporaneo”e mi occupo di esaltare l'eccellenza delle materie prime che sfioro con reverenza arricchendole con colori e contaminazioni seguendo, scrupolosamente, la stagionalità degli ingredienti e ricercando costantemente il giusto sodalizio tra il “vecchio” e il “nuovo” in un savio equilibrio di sapori.


Come ogni ristoratore che si rispetti ho anche io in carta un piatto d'autore, quello che ha la forza propulsiva di un vecchio vinile e che contiene le più odorose note dell’infanzia, nel mio caso si tratta del quinto quarto, questo è il nome tecnico della guancia che si trova nella zona fra il muso e la gola e che ha le stesse caratteristiche per durezza del cuore) ma è risaputo come anche ai più burberi basti riservare le giuste attenzioni affinché possa palesarsi quella ben nascosta tenerezza che non mostrano per diffidenza e così, proprio come nonna, la cuocio con pazienza a fuoco lento quella guancia in un valzer che dura per ben 12 ore e che fa della mia cucina una magnifica balera e di ogni nostro cliente, un attento uditore di pura musicalità culinaria. Io e la mia famiglia tutta vi aspettiamo di persona, perché non vi chiediamo di crederci esclusivamente sulla parola ma di assaggiare voi stessi.



Ci trovate presso le nostre sedi:


“Da Gigione macelleria & hamburgheria” in Via Passariello 65 a Pomigliano d'Arco (Na) e nel nostro ristorante “Da Gigione Gourmand” in Via Roma 307 a Pomigliano d'Arco (Na). E se per caso non vi fosse agevole raggiungerci sarà Gigione a recarsi a casa vostra con il servizio take away ma non solo, visitando il nostro e-commerce www.dagigione.it potrete ordinare presso di noi una box contenente una selezione attenta di carni  approvate da mio padre: scegliendo tra la box “Abraciami” e molte altre, tutte studiate per rendere unico il vostro pasto accontentando ogni tipo di palato ed esigenza. Non è certo finita qui, per scortarvi nella buona riuscita dei vostri eventi  abbiamo realizzato il nostro servizio catering con l’apecar Da Gigione.


Dalla mia Rubrica sTRUtto & parruCCo, per la testata giornalistica de lavoceimpertienente.it per oggi è tutto, come sempre grazie per essere stati in mia compagnia. Alla famiglia Cariulo e a me non resta dunque che augurarvi Buon Appetito,  e mi raccomando non siate tignosi perché, qualora non ne foste a conoscenza, addirittura il galateo, nelle occasioni informali e che rappresentano di fatto una conclamata tradizione come lo sono i pranzi di famiglia consente, con benevolenza, questa espressione.


A presto rivederci.



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