VISITE

Blog Layout

Il politicamente corretto, le donne, i migranti, l'eguaglianza, i diritti e altro ancora - di Mario Sorrentino

Mario Sorrentino • ago 08, 2024

Il cervello e i pregiudizi non cambiano con l’evoluzione del linguaggio. È all’educazione che si dovrebbe assegnare il compito di cambiare l’atteggiamento degli individui e di una civiltà. Ed è vero che, dell’educazione, il linguaggio è una parte, ma certamente non la sola e non la maggiore. Pericoloso illudersi che modificando il linguaggio si possano modificare i modi e i contenuti.E, alla fine, si rischia di cadere nel ridicolo del politically correct più estremo e irragionevole, che diventa, alla breve e alla lunga, una vuota posizione ideologica.

di Mario Sorrentino, già dirigente scolastico


Il politicamente corretto, più conosciuto come «politically correct» rappresenta una corrente ideologica che si basa sull’attenzione meticolosa riguardo al rispetto verso al prossimo, evitando eventuali offese. Tematiche come uguaglianza di genere, etnia, religione, orientamento sessuale o politico compaiono costantemente in primo piano. Un linguaggio e degli ideali che pilotano media, istituzioni e politica, che però stanno precipitando nell’estremismo. Il problema? Nessuno se ne sta accorgendo. Questa filosofia sta omologando le diversità che rendono il nostro mondo variegato.


Obbliga moralmente l’opinione pubblica a seguire questa corrente di pensiero, rendendola depensante. Si batte per la democrazia, per la libertà di pensiero e di parola, contrario alla censura, mentre soffoca arte e cultura, iniziando a cercare di rimuovere il quadro di San Michele Arcangelo (1635), perché ricorda la morte di George Floyd e condannando il celebre film «Grease» perché sessista, ignorando il fatto che il razzismo e la disparità di genere non si abbattono occultando opere d’arte.


Il tema è un tormentone che dura da anni anche se negli ultimi tempi viene declinato con un’altra espressione: cancel culture, cultura della cancellazione. Da noi è una moda che spinge a forme di autocensura e censura ridicole. Il rischio è di abituarsi a un linguaggio moralmente inattaccabile ma artificiale per non incorrere in figuracce globali. Nel tempo si sono avute, ad esempio, le modifiche in campo sanitario,da paziente ad assistito, oppure quelle relative alla disabilità:non vedente piuttosto che cieco, non udente per sordo, portatore di handicap e, in generale,persona con disabilità anziché disabile.


Negli USA, invece, è un’arma di pressione su enti pubblici, ditte, partiti e istituzioni perché puniscano un loro membro che propaga concetti discriminatori, un mezzo per veicolare una cultura più attenta alla diversità attraverso un linguaggio pubblico inclusivo e rispettoso. Stiamo comunque parlando di un Paese che non ha ancora risolto il problema del razzismo. E se si vuole cambiare la mentalità gretta di chi si sente superiore per razza o per nascita è giusto cominciare dal vocabolario e dall’eliminazione di espressioni irrispettose o ingiuriose.


Da questo punto di vista, il politicamente corretto tutela i deboli dai forti, i diversi dai sedicenti «normali» e dai loro pregiudizi. Il problema, sono gli eccessi. Come la pretesa di censurare il passato con le idee del presente, cancellando le tracce di una cultura che oggi consideriamo sbagliata. A questa stregua non solo dovremmo mandare al macero il quadro di San Michele col piede sulla testa del diavolo, ma dovremmo abbattere il Colosseo perché è il più grande monumento allo schiavismo che sia mai stato edificato.


Da tutto ciò vien quasi di capire che alle ingiustizie subite dalla donna nei millenni si cerca di porre riparo con una frettolosa – quanto necessaria – rivoluzione a tutto campo. Giusto allora equiparare non solo i diritti, ma anche le possibilità reali di accesso alle responsabilità politiche, i compensi economici per analoghi incarichi e via dicendo. Giusto, soprattutto, riconoscere che una donna ha il diritto di scegliere per sé stessa della propria vita, giusto mandare all’isola del Diavolo per una condanna a vita e senza appello chi commette infamità di sorta contro una donna perché la reputa soggetta alla propria volontà e potestà.


Tutto ciò premesso, a scanso dei soliti equivoci, ci si chiede se la via più rapida ed efficace per ottenere il risultato della equiparazione dei diritti e dei riconoscimenti sia quella della omologazione e dell’appiattimento. E,ci si chiede, in particolare, se la soluzione del nostro problema di civiltà stia davvero primariamente nel linguaggio.Che il linguaggio sia veicolo di discriminazione è assolutamente vero e possibile, ma sembra necessario fare dei distinguo e, soprattutto, evitare con un po’ di coraggio scelte ipocrite.

Si può fare storia e filologia, ad esempio, sulle definizioni del ‘negro’ che diventa ‘nero’, e poi, ‘di colore’, e poi ‘afroamericano’ e domani chissà che cos’altro. Ma se sei razzista e il negro lo disprezzi non sarà certo il modo in cui lo chiami che ne cambia la ricezione o ti converte all’amore per lui. Quando da ‘giudeo’ siamo passati a ‘israelita’ e poi a ‘ebreo’, è forse cambiato qualcosa nei sentimenti della gente e degli antisemiti in particolare? Forse che il disprezzo non può passare anche attraverso l’apparentemente più neutro termine di ‘afroamericano’ o del datato ed eufemizzante ‘israelita’?


Il cervello e i pregiudizi non cambiano con l’evoluzione del linguaggio. È all’educazione che si dovrebbe assegnare il compito di cambiare l’atteggiamento degli individui e di una civiltà. Ed è vero che, dell’educazione, il linguaggio è una parte, ma certamente non la sola e non la maggiore. Pericoloso illudersi che modificando il linguaggio si possano modificare i modi e i contenuti.E, alla fine, si rischia di cadere nel ridicolo del politically correct più estremo e irragionevole, che diventa, alla breve e alla lunga, una vuota posizione ideologica.


Quando, ad esempio, l’intellettuale di sinistra e/o i finti progressisti dichiarano la propria orgogliosa appartenenza politica ricorrendo alla schwa o all’asterisco per non usare il maschile che discriminerebbe tutte le lettrici donne, ti chiedi quanto di pretestuoso ed esibito ci sia nella loro scelta. ‘Car* tutt*’, può capitare di leggere. O anche ‘Carə tuttə’. Che ovviamente non sai come leggere e ti è impossibile leggere.Quanto è difficile accettarle, invece, le differenze, mantenendo al tempo stesso il rispetto l’uno dell’altro, e riconoscendo l’uno i diritti dell’altro.

Share

Tutti gli articoli

Autore: Mario Sorrentino 29 ago, 2024
Dietro la facciata dei titoli di studio, in Italia vi è spesso una drammatica carenza di conoscenze e competenze . Il dato che meglio la sintetizza – lo prendo dall’ultimo Rapporto Invalsi - è che alla vigilia della maturità, al termine di un ciclo scolastico durato 13 anni, uno studente su due non raggiunge un livello accettabile di apprendimenti in matematica; e la quota arriva addirittura intorno al 70% in alcune regioni del Sud. Le percentuali di studenti che non raggiungono una soglia adeguata di competenze sono altissime. Soprattutto fra quelli che provengono da ambienti sociali e culturali svantaggiati, con il rischio non solo di faticare a trovare un lavoro soddisfacente, ma anche di non diventare cittadini in grado di partecipare con pienezza alla vita della comunità. Oggi la nostra scuola non garantisce efficacia ed equità nell’apprendimento : l’ascensore sociale si è arrestato. E si è arrestato, in particolare, dopo la terza media: a 14 anni si è obbligati, infatti, a scegliere l’indirizzo degli studi superiori.
Autore: Alessia De Filippo 25 ago, 2024
"Io Dono 2024" non è stata solo una manifestazione sportiva, ma un inno alla vita, un evento capace di lasciare un segno profondo nei cuori di chi ha partecipato e di chi, anche solo per un attimo, ha pensato a quanto sia importante il dono della vita. Al termine della giornata, mentre il sole tramontava su Lioni, c’era una sensazione di pace e di compiutezza. Le biciclette riposavano, ma l’eco di quelle pedalate risuonava ancora, forte e chiaro: donare è un gesto che fa vivere, in tutti i sensi. E in quell’ultimo raggio di sole, sembrava che Lioni avesse trovato una nuova luce, quella della solidarietà, pronta a illuminare il cammino di chiunque scelga di donare una parte di sé per salvare una vita.
Autore: Vittorio Schiavone 25 ago, 2024
Che ve lo dico a fare, allora? Perché questo discorso si inserisce in un discorso più ampio sulla nostra professione e su come essa viene percepita. In questa particolarissima accezione, lo psichiatra è una sorta di fast food dei processi mentali. La dinamica è quella di problema-soluzione: io te lo porto, tu me lo risolvi. Sarebbe come se al personal trainer noi gli portassimo la panza e lui ci restituisse, senza sforzo alcuno, un fisico palestrato. Nella realtà dei fatti, il fisico ce l’ha lui, mentre a noi resta la panza. Lo psichiatra non solo non ha tutte le risposte ma, di certo, non ha una vita perfetta, benché nell’immaginario del paziente sia così.
Autore: Anna Poerio 23 ago, 2024
«Il meridionalismo astorico dei pifferai magici che guardano al passato è privo di sostanza», scrive Andrea Mammone, docente di Storia all’Università La Sapienza di Roma, autore del libro Il mito dei Borbone. Il Regno delle Due Sicilie tra realtà e invenzione, edito da Mondadori, 2024. Un documentato saggio che analizza il fenomeno del neoborbonismo mettendo in evidenza l’inconsistenza e le distorsioni delle controstorie sul Risorgimento rapidamente e indebitamente moltiplicatesi negli ultimi anni a causa dell’abbandono del Sud e delle attuali condizioni politiche ed economiche. Queste pretestuose narrazioni, che parlano di un immaginario Regno delle Due Sicilie prospero e felice, in linea con le tendenze populiste odierne, sfruttando le paure e i malumori popolari, spingono al vittimismo e scaricano «le responsabilità su un nemico (immaginario o reale), offrendo soluzioni facili a problemi complessi».
Autore: Vittorio Schiavone 18 ago, 2024
"Capii immediatamente perché lo fece. Si era reso conto sin da subito che Paride era un ragazzo senza alcun disagio, ma con una gran voglia di parlare e di confrontarsi con qualcuno che lo ascoltasse; sapeva che, se avesse detto ai genitori che non aveva nulla, questi si sarebbero rivolti a qualcun altro fino a quando non fossero riusciti nel loro intento di patologizzazione. Qual era la malattia? Questa diversità da loro. Paride, come non amava il calcio, non amava l’estate, una stagione che trovava decadente (proprio come Montale) e rozza, brutta, inelegante e puzzolente. Non comprendeva perché bisognava necessariamente affaccendarsi, cercarsi a tutti i costi il divertimento insieme a tanti altri che, diversissimi da lui e statisticamente tra loro, dovevano ritrovarsi necessariamente a fare le stesse cose: cose da estate".
Autore: Raffaella Braccolino 15 ago, 2024
Parla il famoso make-up Artist: " In controtendenza rispetto ai canoni di piatta perfezione uniformante espressi dal mondo digitale a colpi di filtri e di modelli creati dall’intelligenza artificiale, noi ci facciamo paladini della bellezza autentica, che dall’imperfezione della realtà trae la sua linfa. Il trucco non deve mai essere una maschera, ma serve a esaltare la personalità, e quindi la bellezza, di un volto. Così è per tutta l’estetica, che deve aiutarci a essere noi stessi al meglio, senza rincorrere proiezioni falsate della propria immagine. Basta eccessi e virtuosismi barocchi, benvenuto tutto quello che aiuta a sentirsi bene e belli nella propria pelle”.
Autore: Mario Sorrentino 14 ago, 2024
Nonostante che la legge vieti espressamente l’accesso di minorenni nei suddetti locali, vedere ragazzini che escono da sale newslot o VLT è ormai divenuta una prassi quotidiana alla quale nessuno, comprese le Forze dell’Ordine, fa più caso! Alcuni studi hanno evidenziato la correlazione tra la proposta ai bambini di giochi in cui l’azzardo è implicito, in modo tale che non se rendano conto, per poi farlo diventare sempre più palese col salire di età. La modalità di gioco dei giovani, crescendo, cambia e si sposta su altre piattaforme che propongono partite a ogni ora del giorno.
Autore: Vittorio Schiavone 11 ago, 2024
La consapevolezza? Sì, esiste, ne ho sentito parlare. La consapevolezza è il motore primo ed unico del cambiamento: è la consapevolezza che porta il paziente dallo psichiatra, è la consapevolezza che gli fa assumere la terapia. Il resto, sono solo sotterfugi e trovate da improvvisati. Lo psichiatra lavora per essa, e si spende per essa più di quanto non faccia per fare una corretta diagnosi, o per stabilire una adeguata terapia. Senza di essa, sono solo parole inutili. Non è mai “guarito” nessuno per una decina di gocce sciolte nel caffè, né per essere “costretto” ad assumere una compressa al mattino e sera: la vera emancipazione è l’accettazione del problema, e con essa della cura. Certo, a mali estremi estremi rimedi, ma sempre terapeutici e regolati: nessuno psichiatra va a casa nelle vesti dell’amico di zio Gennaro, né si spaccia per un dermatologo.
Autore: Marianna Marra 10 ago, 2024
Ayaka, da sempre ammaliata dal pregio della sartorialità Made in Italy, la cui eco è unanimemente riconosciuta in ogni dove, sognava un abito prezioso come il futuro che custodiva con sé in un ventre sempre gravido di idee e di “entrée” emozionali che non stava più nella pelle a volersi vivere e gustare. Un abito che riuscisse a descriverla nella sua vera essenza, quella di donna elegante e sobria, tanto riconoscente alle sue tradizioni, quanto affascinata da una nuova modernità a cui sentiva di appartenere, un abito firmato Maison Signore.
Autore: Alessandro Raggi 06 ago, 2024
È affascinante osservare come le nostre menti, sotto pressione, scelgano spesso la via della polarizzazione piuttosto che quella della riflessione. E come in uno stadio durante la finale della Coppa del Mondo, si formano gruppi e fazioni: tutti pronti a tifare per la propria squadra ideologica, ma invece di calcio parliamo di genetica — e il pugilato? Quello rimane sugli spalti, visto di rado. È come se fossimo programmati per semplificare questioni complesse, riducendole a un semplice “noi contro loro”.
Altri post
Share by: