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Di Maio nel Golfo Persico, una storia tutta italiana

Francesco Cristiani • 25 aprile 2023

Dal Golfo Persico proviene molto del petrolio che ci serve. Con le forniture russe bloccate, con Iran e Venezuela sotto embargo, se anche i rapporti coi paesi del Golfo Persico si deteriorassero, potremmo star certi che di petrolio e gas non ne arriverebbe più tanto dalle nostre parti.

A quel punto, imporre la “svolta green” sarebbe assai più facile. Una nuova emergenza. A Bruxelles vogliono questo, per questo cooptano Di Maio massimo ambasciatore? A pensar male, diceva Andreotti, si fa peccato, ma… 


La faccenda della nomina di Luigi Di Maio come Inviato speciale dell’Unione europea per i paesi del Golfo Persico potrebbe avere un significato più ampio di quanto non possa sembrare a prima vista.

Per aprire l’orizzonte, come al solito, occorre leggere la stampa estera, perché quella italiana banalizza il caso. Che invece rischia di avere importanti ripercussioni sulla vita quotidiana di ognuno di noi.


Sappiamo tutti che il Giggino pomiglianese, trombato alle ultime elezioni, per ora è disoccupato. Prima di mollare le poltrone romane, il precedente premier Mario Draghi lo aveva candidato, sponsorizzandolo a Bruxelles per questo incarico. Una collocazione a 5 stelle (il riferimento è alberghiero), con stipendio di livello (12mila euro al mese) e rimborso spese anche per lo staff (c’è da immaginare che imbarchi anche Darietto, l’amichetto).


Vero è che il governo in carica ha preso le distanze dalla proposta. Si sono espressi negativamente sia la Meloni, che Tajani, che Salvini. Ma la candidatura sta molto a cuore a Borrell, il ministro degli esteri dell’UE, che continua a sostenerla.

Ma cosa dicono i diretti interessati? Che in effetti sono i paesi del Golfo, perché è con loro che il nostro concittadino dovrebbe interloquire per conto dell’Europa.


Le reazioni in parte fanno rimbalzare alcune critiche comuni, tipo la sua ignoranza in materia. Anzi, la sua ignoranza generale, non avendo non solo alcuna formazione diplomatica, ma nemmeno un curriculum di studi adeguato, e non conoscendo nemmeno l’inglese (che è al livello di un principiante, secondo quanto riportano fonti diplomatiche della stessa UE). Stupisce anche che Borrell ripeschi uno che politicamente non gode più di alcun credito, nel suo paese d’origine. E infine, che Di Maio sia stato l’autore di clamorose gaffes e voltafaccia storici (ancora si ricordano dell’appoggio dato ai Gilet Gialli francesi, rimangiato con nonchalance appena posò le targa sulla poltrona della Farnesina, per citarne una, ma i casi sono molti). Insomma, un candidato che tutto è, tranne che un cavallo di razza della diplomazia. Anzi, un vero e proprio ronzino.


E allora, perché?


Nel Golfo (Persico, non partenopeo) qualcuno pensa che la risposta stia qui. Perché è ovvio che uno del genere non può fare nulla di buono.

Ma tutto dipende dai punti di vista. Magari ci si aspetta che fare qualcosa di buono, in campo diplomatico, significhi costruire rapporti stabili, seri e duraturi. Ma forse siamo troppo ingenui.


Magari può essere che l’UE di Borrell e von der Leyen voglia tutt’altro: che i rapporti peggiorino, insomma.

Per questo intendono affidarsi a uno come Giggino Di Maio. La mancanza di qualitá e capacitá, in un ruolo tanto delicato, diventa paradossalmente pregio per chi vuole indebolire le relazioni con quella parte di mondo, piuttosto che rafforzarle. Ad Abu Dhabi sono in molti a pensarlo, opinioni del genere rimbalzano sulla stampa di quell’area geografica.


Dal Golfo Persico proviene molto del petrolio che ci serve. Con le forniture russe bloccate, con Iran e Venezuela sotto embargo, se anche i rapporti coi paesi del Golfo Persico si deteriorassero, potremmo star certi che di petrolio e gas non ne arriverebbe più tanto dalle nostre parti.

A quel punto, imporre la “svolta green” sarebbe assai più facile. Una nuova emergenza. A Bruxelles vogliono questo, per questo cooptano Di Maio massimo ambasciatore? A pensar male, diceva Andreotti, si fa peccato, ma…   


di Francesco Cristiani

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