C’è chi dice a distanza di 2500 metri a godersi un viaggio: “Ne so meno di te” di quello che accade al baricentro degli schieramenti in campo per queste liquidissime elezioni, c’è chi posta amletici messaggi tali che ci vorrebbe un papirologo più scafato per decripitarli e c’è il mormorio di chi la sa lunga, di chi origlia sull’uscio e riporta un marasma di duro comprendonio dove a contendersi la leadership del malradicato centrodestra c’è anche lo stimabile Prof. Nunzio Testa, che, chissà perchè, ha voglia di imparare il mestiere di duellante nell’arena politica,dopo un’apprezzata carriera professionale.
Avrà colto la lacuna di leadership o semplicemente sarà l’ennesima sfida ai mulini al vento in un contesto molto fluido, dove nessuno è sicuro di rimanere e tenere alta la bandiera della diversità antropologica rispetto ai soliti soloni. La sua taglia caratteriale gentile ci spinge a non vederlo impelagato in riunioni fiume coi condomini della 219 o a macerarsi il fegato tra le istanze pressanti dei comitati di quartiere che chiedono anche solo l’installazione di una panchina.
Eravamo rimasti ai certosini ricami di Mimmo Leone che con la pazienza di Giobbe aveva messo in piedi un perimetro interessante, lo sbarco sulla Luna “sinistra” di una componente, il centrodestra, da sempre bisfrattato dall’alterigia intellettuale di quelli che “contano”, eccetto al popolo che, scevro da impegni clientelari o di stretta conoscenza, ha decretato questa consorteria la più forte del Paese.
E non basta ricordare le fortune elargite dal berlusconismo, alla cui fonte si sono abbeverati insospettabili figuri d’altro genere, per dire che il voto è liquido, è nelle mani di uno smartphone che sforna dettagli che influenzano o raggirano, senza contare l’onda lunga del melonismo. Ma c’era, a differenza di adesso, una struttura che sapeva cogliere dal cielo i consensi e metterli a reddito di un progetto di potere, men che mai di radicamento culturale. Ma di questo centrodestra si dice ben poco, al punto tale che potrebbe essere un agente biodegradabile, pronto ad essere smaltito dai fumi dell’insipienza e dell’incapacità di fare squadra, al punto che molti attori di lungo corso potrebbero decidere alla fine di lanciare l’ancora e scendere dal ferryboat per approdare nel circuito aperto h24 del polo civico, il polo della ricostruzione dopo le macerie segnate dal Laboratorio.
Non c’è un Quintino Sella all’orizzonte di una trasformazione epocale di una città vessata da recenti anni di pressappochismo, una città che è a caccia di una nuova vocazione. Le “grandi menti” che animano la tentazione “di mezzo” sembrano stiano ripercorrendo le tappe che conducono alla sopravvalutazione di se stessi, riducendo gli altri al macchiettismo, a una visione caricaturale che dovrebbe incutere “più pena che paura”.
Sarebbe, e lo è ancora, bello, un tripolarismo all’italiana, con un assett liberal-democratico moderato portatore di valori forti nello scacchiere cittadino, invitare ministri e parlamentari, fare una filiera istituzionale, sdoganare i valori della destra, ma non se ne vede l’ombra, tutti traccheggiano nell’attesa della grande fuga. L’idea già è estinta, resta da capire gli uomini. Quella scintilla governativa proveniente da Roma non ci sarà. D'altronde non è un meccanismo automatico trasferire consenso dal nazionale al locale se non hai interpreti, opinion.maker che pongano le basi di un progetto e di radici culturali solide. All'opinione pubblica non potrebbe interessare un'adunata di profittatori delle fortune altrui. Bisogna sapere anche coglierle le fortune. Plasmare una città, rivoltare i suoi usi e costumi richiedono impegno di lunga durata.
O è solo tutta suggestione, cantava Pino Daniele.
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