di Mario Sorrentino - già dirigente scolastico
Fine della scuola, per le famiglie è il momento di decidere le vacanze, soprattutto quelle dei figli. Dentro alla parola vacanza – etimologicamente significa “mancanza, vuoto” – si spera che ciascuno trovi qualcosa da mettere, in modo intelligente, affinché riposo non significhi letargo, divertimento non assuma lo stile dello sballo, viaggio non sia fuga, natura non sia opposizione a cultura, alternanza scuola-lavoro sia opportunità e non mero obbligo, volontariato, vacanze-studio, attività ricreative diventino luoghi per costruire comunità, crescere nella solidarietà, ampliare gli orizzonti.
Vale per gli studenti, ma non meno per gli operatori della scuola.Per gli studenti degli ultimi anni delle scuole secondarie sarà soprattutto tempo di prova: preferirei dire tempo di raccolta, dopo aver ben seminato, occasione per “verificarsi” non nella logica del “o la va o la spacca” ma del continuo allenarsi alla vita, cui la scuola dovrebbe preparare.Per molti altri, sarà un tempo medicinale per lenire la delusione di qualche debito in pagella o per mettere ordine nelle proprie idee, nelle proprie responsabilità, facendo bene i conti con le aspettative proprie e degli altri e le propensioni che appartengono a ciascuno, preparandosi così a qualche nuova scelta.
A tal fine, il Ministro Giuseppe Valditara ha recentemente avanzato una proposta innovativa: mantenere le scuole aperte durante l’estate. Questo progetto, volto a estendere le opportunità educative al di là del calendario scolastico tradizionale, rappresenta un’occasione unica per coinvolgere gli studenti in attività di volontariato che possono avere un impatto significativo sulla comunità.Sicuramente,questa è un'occasione da prendere in considerazione per riallacciare il rapporto tra scuola e territorio fondamentale per la costruzione delle comunità educanti.
A livello normativo, questo cambio di paradigma si esplicitò inizialmente con i decreti delegati sulla scuola del 1974, poi con il DPR 275/1999 sull’autonomia scolastica, autonomia che deve tener conto del “contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali”. In tempi più recenti, la riforma della Buona Scuola (legge 107/2015) si è mossa ulteriormente in questa direzione, promuovendo gli accordi di rete fra scuole del territorio.La costruzione di legami solidi tra famiglie, istituzioni, Enti locali e Terzo Settore è un processo fondamentale per potenziare l’offerta educativa e per offrire nuove opportunità ai giovani.Quindi,ragazzi, minorenni e maggiorenni, possono prendere in considerazione la carta del volontariato e dei campi di lavoro per vivere un’esperienza educativa e ricreativa, confrontarsi sulle abilità personali con uno sguardo agli altri.
Con un apposito regolamento le scuole potrebbero disciplinare le modalità di utilizzo dei volontari e promuovere attività individuali e collettive di volontariato col duplice obiettivo di offrire opportunità di impegno sociale e civile e di autorealizzazione, arricchendo e potenziando l’offerta formativa a favore della popolazione giovanile e adulta. La creazione di una rete di attori è importante per almeno due ragioni. La prima consiste nel fatto che la comunità è in grado di fondere l’educazione esplicita e intenzionale che si fa a scuola con quella implicita che si conosce frequentando il proprio territorio: il coinvolgimento dei giovani consente quindi di migliorare le loro competenze di cittadinanza attiva e coscienza democratica, agendo sulla comunità.
La seconda ragione è che le reti territoriali sono in grado di creare un contesto ricco di opportunità per i ragazzi, mitigando quei fenomeni causati dalle debolezze del sistema d’istruzione italiano, come la dispersione scolastica,il bullismo e l’aumento dei NEET.I soggetti che si occupano di sostenere la comunità sono tutti coloro che operano nel territorio attraverso diverse attività, con diversi scopi e intensità di azione: genitori, associazioni di diverso tipo, organizzazioni religiose, Terzo Settore, aziende e istituzioni. Un ruolo decisivo è giocato dal dirigente scolastico, figura che si inserisce tra i diversi attori per costruire dei legami e dare avvio alla realizzazione di attività educative.
La contaminazione scuola e territorio è già presente ed attiva in molte aree del nostro paese e in alcune realtà sta assumendo una caratteristica sistemica e organizzata: nascono patti educativi territoriali, associazioni di genitori legalmente costituite che operano in convenzione con l’istituzione scolastica per attività di ampliamento dell’offerta formativa, strutture culturali esterne, musicali e/o sportive che sviluppano progetti extracurricolari per aumentare le competenze degli alunni e le loro life skills.La scuola si apre al territorio e il territorio si apre alla scuola.
E diventa luogo di scoperta, di indagine, di incontro, perché il territorio è il laboratorio concreto e pratico che serve ad ogni alunno per sviluppare la competenza del buon cittadino.Si tratta di affrontare la tematica dell’istruzione da un punto di osservazione diverso da quello consueto e, precisamente,dalla scuola nel territorio, e di farlo in un modo pragmatico che tiene conto della realtà locale in cui si trova la scuola, delle sue esigenze operative, delle relazioni che essa deve tessere per svolgere i suoi compiti e quindi, in sostanza, della sua vita quotidiana.
Da quanto sopra,è del tutto evidente che scuola e territorio rivestono un ruolo complementare nel funzionamento del sistema educativo, così come nella sua auspicata trasformazione.Seppure in misura diversa, in funzione delle proprie peculiarità, ciascuna entità è coinvolta in un’azione di corresponsabilità educativa nei confronti degli studenti, secondo un’ottica sinergica che ha come obiettivo quello di superare la frammentazione e il policentrismo degli interventi formativi.
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