Ha fatto discutere moltissimo e con grandi polemiche l’emendamento al decreto Pubblica Amministrazione, che propone una limitazione alla Corte dei Conti quale organismo di controllo di supervisione del PNRR, proposta su cui è intervenuto un portavoce della Commissione UE.
Se di norma l’Unione Europea non si esprime su progetti di legge, il portavoce ha ricordato la natura unica del PNRR, che richiede una risposta proporzionata. Per questo "i sistemi di controllo nazionali costituiscono i meccanismi principali per proteggere gli interessi finanziari dell’Ue e sono gli Stati membri che devono assicurarsi che non ci siano conflitti di interessi e o frodi. E l’Italia ha in campo un sistema solido". Questo sistema, prevede appunto il controllo concomitante della Corte dei conti, sottolineando come sia “responsabilità delle autorità italiane che questi enti siano in grado di lavorare".
Ovviamente queste dichiarazioni hanno irritato non poco il Governo, che ha pubblicato una nota sulla questione, con quelle che l’esecutivo ha definito come “osservazioni di merito e di metodo”.
In particolare il focus è sul Recovery Plan e i controlli.
Innanzitutto c’è da dire che il governo condivide Condivisione il quadro di controlli per la recovery purché siano “adatti e proporzionati alla sua natura unica e in modo che i programmi di spesa si basino sull’efficienza.” Sul punto, l’esecutivo evidenzia come la propria azione si basi su questo principio.
Secondo il Governo, le dichiarazioni alimentano polemiche strumentali non corrispondenti alla realtà: “Il portavoce afferma che la Commissione europea non commenta i progetti di legge, ma subito dopo - senza alcun approfondimento di merito - lo stesso portavoce della Commissione fa seguire delle considerazioni che alimentano polemiche politiche strumentali che non corrispondono alla realtà”.
Le norme proposte dal Governo ed approvate non modificano quanto già concordato tra Commissione europea e Governo italiano. In realtà non c’è stata alcuna modifica su quanto già previsto dal D.L. n. 77/2021.
In particolare, il governo, in merito ai controlli specifica che il primo decreto sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, tra i diversi aspetti, disciplina i controlli sui fondi del Pnrr da parte della Corte dei Conti. Tale decreto, che rappresentava una specifica pietra miliare del Pnrr, è stato rendicontato positivamente dalla Commissione. Di fatto, la norma non solo non viene in alcun modo modificata, ma è proprio la sua corretta attuazione che il governo vuol realizzare. Infatti all’art .7 comma 7, il decreto prevede: “La Corte dei conti esercita il controllo sulla gestione di cui all'articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994 n. 20, svolgendo in particolare valutazioni di economicità, efficienza ed efficacia circa l'acquisizione e l'impiego delle risorse finanziarie provenienti dai fondi di cui al Pnrr.
Tale controllo risponde ai criteri di cooperazione e di coordinamento con la Corte dei conti europea, secondo quanto previsto dall'articolo 287, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea”. La legge in questione promossa dal governo Draghi, quindi, affida alla Corte dei conti il controllo sui fondi Pnrr nella modalità del controllo successivo sulla gestione e non del controllo concomitante, con criteri di cooperazione e coordinamento con la Corte dei conti europea. Tale disciplina dei controlli della Corte dei conti sui fondi del Pnrr non solo resta in vigore, ma viene pienamente attuata.
Per quanto riguarda la proroga dello scudo erariale per funzionari e dirigenti pubblici, il Governo sottolinea come la norma sia in vigore già da tempo e non ci sono mai state osservazioni da parte della Commissione. Questa disciplina che è rimasta in vigore per tre anni con due diversi governi senza aver provocato alcun rilievo, non potrà cambiare la linea della Commissione di fronte alla proroga di un altro anno decisa da un governo di diverso segno politico.
In relazione alla limitazione della responsabilità amministrativa dinanzi alla Corte dei conti, l’esecutivo specifica che essa è stata prevista dai Governi precedenti, in particolare, dall’art. 21, comma 2, del DL 16 luglio 2020 n. 76 (Governo Conte II). Inoltre, tale limitazione, che aveva inizialmente un’applicazione limitata al 31 luglio 2021, è stata estesa, dapprima, dalla legge di conversione del medesimo D.L. n. 76/2020 (con il differimento di detto termine al 31 dicembre 2021). Infine, successivamente, confermato dall’articolo 51, comma 1, lett. h), del decreto - legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108 (Governo Draghi), che ha ulteriormente differito detto termine al 30 giugno 2023.
A questo punto le polemiche sollevate appaiono essenzialmente strumentali e prive di ogni fondamento.
Come ha recentemente ribadito Sabino Cassese presidente emerito della Corte Costituzionale, durante un incontro al Festival dell'Economia di Torino, "ci sono aspetti di merito sui controlli e di metodo sul modo in cui si è svolta questa vicenda che danno completamente ragione al governo e dimostrano che bisognerebbe che le grandi corporazioni dello Stato ripensassero al modo in cui agiscono nei confronti dello Stato di cui sono i rappresentanti".
In realtà tutta la cultura mondiale sui controlli - ha spiegato Cassese - dice che i controlli non possono essere fatti a tappeto, ma devono essere fatti per campione; che non possono essere fatti sulla carta, ma devono essere fatti mediante ispezioni in profondità sulle attività da controllare; che devono essere non di processo ma di prodotto, non bisogna controllare come è stata fatta una cosa ma il risultato di quell'azione. I controlli preventivi e concomitanti nel nostro Paese sono una forma di cogestione, di esercizio di un potere. Un capo di divisione di un ministero, il presidente di un ente pubblico, ogni volta che deve prendere una decisione, deve chiamare il controllore e chiedere se sia d'accordo o meno. Questa si chiama cogestione e ha due effetti negativi: deresponsabilizza chi deve essere responsabilizzato e non fa degli effettivi controlli perché con i controlli a tappeto e non a campione non si va in profondità".
A questo punto una domanda è d’obbligo: come mai sul reddito di cittadinanza i 5stelle non hanno chiesto controlli preventivi favorendo truffe finalizzate al voto di scambio?
di Giovanni Passariello
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