La scuola esprime la sintesi della società.Con una comunità in crisi,la scuola non sa esprimere un modello comportamentale condiviso.
E allora, come se ne esce? Se ne esce permettendo alla scuola di ritrovare il senso di sé e della sua funzione nella società; se ne esce ridando dignità giuridica ed economica ai docenti, che sono, prima di tutto, educatori.
Ma se ne esce, soprattutto, con la consapevolezza che educare significa pretendere, e che insegnare significa offrire continue occasioni di scelta, premiando i comportamenti sani e chiamando a rispondere in prima persona delle proprie scelte, perché questo è “crescere”.
Non è sostituendosi ai propri figli e ai propri allievi che li si aiuta a crescere. Privare i bambini/ragazzi di ostacoli, di difficoltà e di occasioni per mettersi alla prova, significa impedire la loro maturazione. Con le conseguenze che tutti vediamo.
Sappiamo da tanta letteratura e da tanto tempo che la società educa e forma la persona ma chi educa la società ?
Ci rendiamo conto che questo quesito potrà apparire un sofisma ma si si tratta di una domanda estremamente seria che investe tutte le criticità maggiori della nostra società.
E' una domanda che interpella direttamente l‟educazione, gli educatori e il mondo degli adulti ma anche il funzionamento delle strutture istituzionali, economiche, culturali, politiche e sociali.
Tutti parlano di crisi dell'educazione, di crisi della famiglia, di crisi culturale profonda ma nessuno sembra in grado di individuare dove sono le ragioni di questa crisi e quali risposte vi possano essere.
Non ci vuole molto per osservare e constatare l‟imbarbarimento dei rapporti umani con l‟aumento della conflittualità diffusa, la crescita di tutte le forme d‟intolleranza verso chi viene designato come diverso, la disgregazione delle strutture di socializzazione tradizionali dalla scuola alla stessa chiesa cattolica, la lacerazione dei legami sociali in nome del narcisismo e dell'individualismo esasperato, la caduta di ogni rispetto dell'etica pubblica, l'abbassamento del livello di preparazione culturale degli studenti anche all'Università, la crescita a macchia d' olio dell'analfabetismo vero e proprio nonché il diffondersi di un analfabetismo culturale e relazionale.
Si è forse parlato troppo dei bambini e degli adolescenti e non abbastanza degli adulti, del loro ruolo, delle loro responsabilità.
La questione centrale dell'educazione oggi va spostata sul mondo degli adulti e la società gestita da loro (poiché non sono né i bambini né gli adolescenti che gestiscono l'organizzazione sociale, economica, politica e culturale) ; l'educazione riguarda il rapporto tra generazioni e negli ultimi anni si è parlato molto e prodotto molto sulle tecniche e i metodi educativi; sulla didattica e le tecnologie formative; si sono anche fatte molte sperimentazioni interessanti in tanti contesti scolastici e formativi. Ma nessuno si è veramente interrogato su come la società stava educando e formando le future generazioni, sul ruolo degli adulti, intendiamo il loro ruolo educativo : dai genitori agli insegnanti , dai formatori agli educatori , dagli psicologi agli operatori sociali ma anche dai politici agli opinion makers nei media della carta stampata e della televisione.
Senza capire quello che succede a questo livello rischiamo di volere fare delle cose che saranno apparentemente corrette sul piano del metodo formale ma senza presa ed impatto reale sulla crescita e la formazione delle future generazioni che finiranno, come succede, per delegittimare completamente la scuola, gli studi e il mondo degli adulti in generale.
Pensiamo che oggi questa presa di coscienza del disadattamento del sistema educativo e formativo nel suo complesso è una realtà che non può più essere ignorata senza correre il rischio di vedere riemergere non una scuola del merito ma una scuola della discriminazione sociale , dell'impoverimento culturale e della formazione di personalità sempre più conformiste.
Questioni che riguardano alcuni temi centrali come il rapporto tra formazione generale e formazione specialistica, la pratica di vita degli adulti in tutti settori come modelli educativi, la relazione genitori-figli e il fatto che volendo nolente la famiglia , nelle sue varie forme e conformazioni, rimane il primo spazio di formazione affettiva del bambino, l'impatto pedagogico del mondo dello spettacolo e dei media sulla formazione delle future generazioni, il diffondersi di una ideologia negativa delle diversità, l'influenza sulla formazione dei giovani del comportamento poco etico della classe politica rispetto alla gestione del bene comune, la confusione tra valutazione e bocciatura, l'identificazione tra merito e discriminazione , la scarsa preparazione pedagogica degli insegnanti, l'idea che l'istruzione non abbia un compito anche di trasmissione di saperi e conoscenze, i rischi di medicalizzazione e psicologizzazione delle difficoltà di apprendimento degli alunni, la costruzione culturale e sociale di nuovi capri espiatori nella veste degli immigrati e il suo impatto sulla formazione della personalità di base di tanti giovani, la relazione tra motivazioni, curiosità e sforzo nello studio: tutte queste tematiche sono dentro il tema della crisi dell'educazione vista come crisi del mondo degli adulti, delle loro responsabilità educative e crisi della società come luogo fondamentale della formazione dei futuri cittadini di una democrazia inclusiva, solidale e rispettosa del pluralismo culturale, religioso e politico.
Pertanto,la scuola esprime la sintesi della società.Con una comunità in crisi,la scuola non sa esprimere un modello comportamentale condiviso.
E allora, come se ne esce? Se ne esce permettendo alla scuola di ritrovare il senso di sé e della sua funzione nella società; se ne esce ridando dignità giuridica ed economica ai docenti, che sono, prima di tutto, educatori.
Ma se ne esce, soprattutto, con la consapevolezza che educare significa pretendere, e che insegnare significa offrire continue occasioni di scelta, premiando i comportamenti sani e chiamando a rispondere in prima persona delle proprie scelte, perché questo è “crescere”.
Non è sostituendosi ai propri figli e ai propri allievi che li si aiuta a crescere. Privare i bambini/ragazzi di ostacoli, di difficoltà e di occasioni per mettersi alla prova, significa impedire la loro maturazione. Con le conseguenze che tutti vediamo.
di Mario Sorrentino, già dirigente scolastico
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