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Transizione ecologica, la necessità delle comunità energetiche

redazione • 8 aprile 2023

Si tratta di un tema sempre più centrale del dibattito pubblico, per numerose ragioni. Diminuire gli impatti del settore dell’energia è per esempio un aspetto cruciale nella riduzione totale delle emissioni di gas a effetto serra, per cui è prevista a livello europeo una strategia di lungo termine.

L’offerta di elettricità, gas, vapore e aria condizionata registra più di 7 milioni di tonnellate di emissioni. È questo il segmento che in Europa ha l’impatto più ampio.

20% l’incidenza sulle emissioni totali di industrie e abitazioni europee (2021).


La comunità energetica è composta da utenti che producono, gestiscono e utilizzano l’energia di uno o più impianti locali. Questa forma di autoconsumo avviene attraverso l’adesione volontaria a un soggetto giuridico.

Si tratta di una delle numerose soluzioni messe in atto per contrastare la povertà energetica: la produzione decentrata ha infatti l’obiettivo di ridurre i prezzi pagati dai consumatori finali e quindi aumentare l’accesso all’energia anche per le fasce di popolazione meno abbienti.


Una fornitura adeguata di riscaldamento, raffreddamento, illuminazione ed energia per alimentare i dispositivi elettrici rappresenta un servizio essenziale, ed è necessaria per garantire un tenore di vita dignitoso e la salute dei cittadini. Si parla di povertà energetica quando un individuo o una famiglia non ha accesso a servizi energetici adeguati nella propria abitazione.


Le comunità possono essere di due tipi:

  • comunità energetica rinnovabile, in cui i membri sono autonomi e prossimi agli impianti, con il vincolo dello sfruttamento di fonti rinnovabili;
  • comunità energetica di cittadini, che non prevede principi di autonomia e prossimità e può gestire solo l’elettricità.

Questi gruppi sono stati riconosciuti a livello europeo con la direttiva 2019/944 relativa alle norme comuni per il mercato interno dell’energia. Sono stati anche inclusi nel clean energy for all Europeans package, un regolamento adottato per ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili e incentivare lo sfruttamento delle rinnovabili. Si tratta di linee guida che seguono i principi del green deal europeo.


La decentralizzazione dell’energia si inserisce in un ambito molto difficile, quello della produzione energetica. Si tratta di un tema sempre più centrale del dibattito pubblico, per numerose ragioni. Diminuire gli impatti del settore dell’energia è per esempio un aspetto cruciale nella riduzione totale delle emissioni di gas a effetto serra, per cui è prevista a livello europeo una strategia di lungo termine.

L’offerta di elettricità, gas, vapore e aria condizionata registra più di 7 milioni di tonnellate di emissioni. È questo il segmento che in Europa ha l’impatto più ampio.

20% l’incidenza sulle emissioni totali di industrie e abitazioni europee (2021).


Ma ci sono anche altri aspetti da considerare oltre a quello ambientale. La nuova realtà geopolitica e la diversa configurazione del mercato energetico pongono diverse questioni di tipo economico e produttivo.

La recente spinta inflazionistica vede tra le sue cause lofferta di beni energetici. Resta infatti la componente che più pesa sui prezzi tra il 2021 e il 2022. Se inizialmente questa dinamica era dovuta dall’aumento delle attività produttive nella ripresa post-pandemica, le problematiche dal lato dell’offerta e l’invasione russa dell’Ucraina hanno contribuito in modo significativo all’aumento dei prezzi dell’energia.


Questo ha avuto un impatto sulle spese delle famiglie. Nel 2021 le uscite per abitazione, acqua, elettricità, gas e altri carburanti erano la componente che più pesava sul totale delle spese, secondo dati Eurostat.

25% l’incidenza delle spese per abitazione, acqua, elettricità, gas e altri carburanti sul totale delle uscite delle famiglie (2021)

In questo quadro così complesso, la delocalizzazione della produzione energetica viene vista come una delle potenziali soluzioni, soprattutto per le realtà più piccole. Dal momento che si tratta di un’innovazione piuttosto recente, è difficile definire al momento quante ne sono presenti. Tuttavia, a livello europeo è in corso una mappatura delle iniziative in via di progettazione e costruzione.


Nonostante comunità energetica e green community siano molto simili, ci sono alcune piccole differenze tra le due. Quella più importante è l’ambito di azione. Se la prima ha come focus la produzione condivisa di energia elettrica che poi viene consumata da chi ha aderito a questo soggetto giuridico, la seconda può comprendere anche progetti di gestione turistica oppure di edilizia sostenibile. Inoltre, per quanto entrambe si prestino ad essere attuate in zone più distanti dai poli, le green community sono nate proprio per promuovere l’autonomia delle aree più rurali e montuose del paese.

 
Cosa sono le green communities.


Come abbiamo detto, la comunità energetica viene definita all’interno delle leggi comunitarie. Cosa che non si può dire invece della green community che viene menzionata nella legge 221/2015 ma non trova un corrispettivo europeo.

Al netto di queste differenze, l’implementazione di questi modelli ha l’ambizione di creare dei risvolti positivi anche nell’ambito economico e sociale. Per entrambe le comunità, la tecnologia riveste un ruolo fondamentale per garantire l’efficienza dei progetti e l’adattabilità alle peculiarità territoriali su cui sorgeranno. 

Fonte Openpolis

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