Di Vera Dugo Iasevoli
Tra i “Personaggi Noti e di Spicco”, che hanno conquistato un posto preminente nella storia locale di Pomigliano d’Arco, vi sono anche i “Feudatari” che, in un’epoca e in un mondo dove i nobili e i cavalieri erano coloro che tiravano le fila delle sorti dei più, sono stati quelli che hanno influenzato e regolato l’andamento dei principali avvenimenti e delle vicende fondamentali riguardanti la nostra piccola comunità. Il nostro “Primo Feudatario”, dopo il distacco di Pomigliano d’Arco dalla Contea di Acerra, è stato “Riccardo Filangieri”, quasi sicuramente quel “Riccardo” detto: “di Principato”. A questo punto è doveroso, però, un chiarimento.
Purtroppo, nell’ambito di tale nobile stirpe, si trova spesso ripetuto il nome Riccardo, anche per quanto riguarda personaggi che sono contemporanei o, anagraficamente, di poco distanti fra loro. Le fonti, inoltre, sono spesso discordanti e/o contrastanti e tendono talvolta a confondere episodi di vita dell’uno e dell’altro, così come anche i loro titoli e possedimenti. In ogni caso, partendo dal presupposto che chiunque dei “Riccardo” sia stato il primo vero feudatario di Pomigliano d’Arco nel XIII secolo, comunque, sappiamo che è stato un personaggio appartenuto alla stirpe dei “Filangieri” e un valoroso e nobile cavaliere.
Sembra che il Riccardo Filangieri, primo feudatario di Pomigliano d’Arco, non vada confuso con i suoi due omonimi e, cioè: il Conte di Marsico, nato anch’egli intorno al 1195, che sostenne prima Manfredi e poi Corradino e al quale furono confiscati i beni da re Carlo I d’Angiò, per cui fu costretto a fuggire e diede origine al ramo dei “Filangieri di Sicilia”; né va confuso con l’ultimogenito di Guido, feudatario di Nocera, nato intorno al 1215/20, che morì il 7 novembre del 1266/68 e che era nipote del Nostro Riccardo, il quale ricevette l’investitura della Contea di Satriano per suo conto. Dunque, il primo feudatario di Pomigliano d’Arco, sembra sia stato quel Riccardo Filangieri, figlio di Giordano, che ricevé dal padre un’educazione cavalleresca e prese in sposa Iacoba Cottone (m. 1271), figlia di Pietro conte di Lettere e di Gragnano, dalla quale ebbe due figli: Riccardo Junior e Isabella, che sposò Giacomo d’Aquino barone di Arienzo e Galluccio. Probabilmente, il nome della sposa di Riccardo Filangieri è rimasto fortemente impresso nella memoria storica di Pomigliano d’Arco, anche se nel tempo si è perso il ricordo della sua origine, in quanto, nel nostro territorio esistono ancora, sia una contrada che una via ed una masseria denominate: “Cotone”, “o Cutone” o anche “Cottone”.
Infatti, presumibilmente, questo antichissimo toponimo, dalla apparentemente misteriosa e inspiegabile origine, quasi certamente, è da potersi ricondurre al casato della nobile Iacoba Cottone, moglie del nostro primo feudatario che, in qualche situazione di pericolo, sembra si sia rifugiata proprio in questa nostra contrada. In effetti, dovette essere intorno al 1225/27 che Federico II donò a Riccardo Filangieri i feudi di: Pomigliano, Arienzo, Arpaia, Ponticchio, Pipone, S.Antimo, Friano, Quadrapane e S. Maria della Fossa. Di origine Normanna, quella dei “Filangieri” è stata una grande famiglia della nobiltà italiana, che si radicò in buona parte del Mezzogiorno dopo la metà dell'XI secolo, occupando un ruolo importante nella storia del Regno di Sicilia e di Napoli, anche in seguito alla caduta degli Altavilla, alla fine del XII secolo. I tre figli del capostipite Ruggero, che si chiamavano: Turgisio, Angerio e Silvano, lasciarono la Normandia attorno al 1046, per dirigersi verso l'Italia del sud, al seguito del loro consanguineo Roberto il Guiscardo, dal quale Angerio, valoroso guerriero (strenuissimus vir), ricevette più tardi delle terre a Nocera e a Cava, dove morì e fu sepolto nell'aprile 1104. I figli di Angerio furono quattro fratelli: Roberto, Guglielmo, Ruggero e Tancredi, che furono detti: “Filii Angerii” (in latino).
Da tale appellativo, riferito al nome del famoso padre, ebbe in seguito origine la nobile stirpe e il cognome della famiglia “Filangieri” che, a Napoli, fu ascritta ai seggi di Nido e Capuana; che, nel 1444, fu affiliata all’Ordine di Malta; e il cui ramo primogenito si estinse con Caterina, moglie di Sergianni Caracciolo e figlia di Jacopo Nicola, Conte di Avellino. Figlio di Giordano (m. 1227), feudatario di Nocera, e di Olimpiasa e fratello di Enrico, Lottiero e Marino, Arcivescovo di Bari nel 1226, Riccardo Filangieri, già sotto Federico II, dal 1224 e fino al 1242, viene citato come “imperialis marescalcus”. Tra il 1225 e il 1227 fu al fianco dell'Imperatore negli spostamenti della corte in Italia settentrionale prima e meridionale poi. Nel 1228, durante la sesta crociata fu inviato in Terrasanta al comando di 500 cavalieri. Nel settembre 1230 accompagnò perfino l’Imperatore Federico II, nel’incontro con il Papa Gregorio IX ad Anagni. Nell'agosto 1231, dopo aver partecipato alla Dieta di Melfi, tornò a Gerusalemme come luogotenente del Regno, riuscendo ad ottenere numerose vittorie sull’esercito dei baroni che si opponevano all’Imperatore.
Nominato Viceré di Gerusalemme e Legato dell’Imperatore in Siria, il Filangieri, tuttavia, forte delle sue vittorie, con il suo agire provocò un’ancor più forte opposizione locale, per la quale l’Imperatore, nel 1242 decise di sollevarlo dall’incarico. Tuttavia, Riccardo Filangieri, nel 1243, sulla via del ritorno assieme a tutti i suoi familiari, a causa di un naufragio, cadde in mano ai baroni ribelli di S. Giovanni d’Acri e di Tiro, ultimi bastioni militari della sovranità imperiale a doversi ancora arrendere, nel Regno di Gerusalemme e di Siria. Minacciato di morte dai ribelli, il Filangieri fu liberato solo in cambio della capitolazione del castello di Tiro, fino ad allora ancora in mano al fratello Lottiero. A questo punto, Riccardo Filangieri, con tutta la sua famiglia, poté finalmente imbarcarsi per la Puglia e fare ritorno in Patria dove, tuttavia, appena giunto, fu incarcerato assieme al fratello Enrico, in quanto ritenuto dall’Imperatore unico responsabile della definitiva, totale disfatta in Terrasanta e fu espropriato di tutti i suoi beni. Riccardo Filangieri fu graziato nel 1244, per intercessione di Raimondo di Tolosa, presso cui dovette poi rifugiarsi in esilio fino al 1251, quando, dopo la morte di Federico II, fece ritorno a Napoli e lottò, insieme al fratello Marino, contro la dinastia sveva guidata da Manfredi.
A Napoli, ricoprì il ruolo fondamentale di Podestà, negli otto mesi di strenua resistenza che contrappose la città, divenuta nel frattempo libero comune, all'assedio portatogli dall'imperatore Corrado IV. Ma, alla capitolazione della città partenopea, dovette riparare nuovamente in esilio e, nel 1253-54, si stabilì ad Ariccia con tutta la famiglia, ospite del nipote Enrico Filangieri Arcivescovo di Bari, e sotto l’egida del papa Innocenzo IV che gli riconsegnò, nell'ottobre 1254, i titoli feudali in Terra di lavoro, un tempo conferitigli da Federico II e dei quali era stato espropriato. Il papa Innocenzo IV, inoltre, gliene assegnò anche altri, per la posizione guelfa e filopapale che il Filangieri aveva assunto e mantenuto fino ad allora. Dopo il 1254, però, non si hanno più informazioni su di lui e, per trovare ancora notizie su questo personaggio, dobbiamo arrivare a un documento napoletano del marzo 1263, che dà già per morto, a quell’epoca, un certo Riccardo Filangieri.
Dunque, se tale documento fa effettivamente riferimento al “Nostro” Riccardo Filangieri, per ipotizzare una sua data di morte, possiamo solo basarci su questi ultimi due elementi, dai quali possiamo dedurre che essa dovrebbe essere occorsa tra l'ottobre 1254 e il marzo 1263. Il feudo di Pomigliano d’Arco, a questo punto, sembra sia passato al figlio Riccardo Filangieri Junior.
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