Sbaragliare le carte, vivisezionare l’opinione pubblica, squadrare la mimica di alleati e avversari: sono queste le alchimie che i grandi partorienti del candidato a sindaco fanno in queste ore, seduti davanti ad un caminetto e accordandosi sulle cose da far circolare in pubblico. Vedere l’effetto che fa lanciando nomi, alleanze, piattaforme programmatiche immaginifiche. Così ci è parsa l’uscita di Felice Iossa, mente affinata in decenni di politica, che lancia un ticket Lello Russo-Eduardo Riccio, il diavolo e l’acqua santa, un ex socialista che veste i panni del civismo ed un comunista spurio, allevato alla corte di Michele Caiazzo quale gestore del sottoscala del potere.
“Due mattacchioni” chiosa Mimmo Leone, “si allarghi anche a destra” dice sornione Sanseverino. Nel risiko delle alleanze bisogna aspettarsi di tutto, l’agognato potere resetta antipatie e storie personali, per cui a nulla valesse la tignosa e aspra battaglia in consiglio comunale tra Russo e Riccio ingaggiata dal 2010 al 2015, fiera di una sfida impari tra fiorettisti della politica, culminata in un ininfluente Aventino del Pd, fin quando “la tranquillità democratica” non si sarebbe ristabilita. Ma, come accennato, quando c’è in ballo il potere non c’è chimica delle appetenze che tenga, salvo dover fare i conti con la riottosità genuina di chi è abituata a vedere la politica nell’ottica ancestrale di una divisione tra neri e bianchi.
E c’è chi interpreta “il tempo del coraggio” con una dimissione che gli varrebbe come lavacro battesimale di aver contratto un’alleanza consapevolmente fiacca con un interprete eterediretto, che pur faceva piacere essendoci alle sue spalle una tela di poteri ministeriali che sganciava contentini. Ma con la più prevedibile delle implosioni,cruenta, terragna, godibilissima, del Laboratorio vanno in fumo più di 10mila voti che ad oggi nessuno sa dove andranno. Mettici la delusione della gente, l’astensionismo, il mal di vivere delle democrazie locali che poco muovono l’interesse della gente, c’è un blocco di voti ibernato, volatile che se ci fosse un outsider a quello punterebbe.
Ma Pomigliano offre solo “usato sicuro”: da laboratorio ingegnoso di politica e di politici negli anni 70-80, oggi non produce più niente se non sortite nella penombra di qualcuno che del cerchio magico dei notabiliati locali non fa parte. Prendi Mimmo Leone, tanta lena poco appeal, prendi Sanseverino, il delfino che non ce l’ha fatta o altri ancora. É gente che potrebbe intestarsi una città ma non ha il marchio di fabbrica dei soliti noti. Il potere non si contraccambia e resta nell’alveo di chi lo sa detenere con parsimonia e cazzimma. Roba che solo pochi possono permettersi.
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