Il mondo, di scosse violente, ne ha viste tante e molte ancora, a rigore di logica, ne avrà da vedere con la certezza che a ogni colpo rimbomberanno gli echi di cambiamenti che, nell’immediato o a lenta progressione, saranno capaci d’incidere sulle abitudini della gente. Abitudini percepite come normali modi s’essere e di agire a mano a mano che la società sarà capace di elevarli a normali atteggiamenti comportamentali.
Da Semmelweis, medico dell’Ottocento, che ci ha insegnato a lavarci le mani (divenuta un’abitudine quotidiana), alle più banali ossessioni delle nonne sul cibo che –reduci dalla miseria della seconda guerra– rimpinzano i nipoti per tenerli ben sazi in vista di una possibile nuova carestia.
Cambi di usi e costumi che si profilano sotto i nostri occhi come novità di tendenza, ma che spesso affondano le radici in epocali tragedie dell’umanità. E di tragedie, improvvise, in questi ultimi anni se ne sono presentate diverse che hanno sorpreso tutti, ormai convinti che certe cose come: pestilenze, guerre sotto casa, crisi economiche e crisi energetiche, appartenessero al passato; salvo scoprire che la realtà è ben diversa.
Dalla pandemia da COVID19 che, dalla Cina, ha tenuto sotto scacco il mondo intero per oltre due anni, procurando un’emergenza sanitaria planetaria con oltre seicento milioni di contagiati nel mondo e sei milioni di morti di cui centosettantacinque mila solo nel nostro paese; all’inaspettata guerra in Europa, scatenata dall’invasione russa in Ucraina, con la conseguente crisi energetica di cui ancora si temono gli epiloghi che in Italia fanno tremare le vene ai polsi per le ricadute sulla tenuta sociale ed economica della penisola.
Eppure, la formidabile adattabilità dell’uomo a resistere a tali drammi, modellando le proprie abitudini, è quanto mai sorprendente. Seppur è vero che vaccini, mascherine e distanziamento hanno permesso di ritornare ad una vita normale tra viaggi, ristoranti e palestre, è altrettanto vero, per le famiglie drammaticamente colpite dal virus, che strascichi di prudenza si rilevano in larga fascia della popolazione. Così, mascherine e gel sanificante sono pronti a spuntare fuori là dove gli assembramenti rimandano ai ricordi di contagi, ricoveri e morti. Ma anche i modi di salutare si evolvono in nuovi piccoli cerimoniali, arricchendosi con tocchi di gomito, pugno a pugno o con reverenziali inchini all’orientale; per non parlare delle tendenze verso il lavoro telematico che, a fronte di una maggior efficienza limita, di fatto, nuove opportunità di socializzazione.
Una valanga di piccoli e grandi modelli comportamentali nati anche dai consigli profusi, a piene mani, dalla folla di esperti che affollano TV pubbliche e private, o non meno dei canali social di ogni piattaforma. Opinionisti, tecnici, medici, economisti, giornalisti e rappresentanti d’associazioni di consumatori rinvangano vecchi e nuovi consigli su come risparmiare sulle bollette del gas, sull’elettricità, come cuocere la pasta a fuoco spento facendola -semplicemente- ammollare in acqua calda; su come farsi l’energia in casa con pannelli fotovoltaici o piccoli impianti eolici e come ritornare alle coltivazioni dell’orto in terrazza per impattare poco sull’ambiente.
Ottimi propositi che purtroppo fanno ombra sulla cruda verità, spesso nascosta sotto il tappeto di cui solo pochi si sforzano d’alzarne il lembo per ben vedere cosa vi è nascosto. Nel caso della pandemia, della guerra e della crisi energetica ci sono, oltre alle parole e buoni propositi, fiumi di danaro che si spostano da una parte all’altra arricchendo a dismisura alcune fasce della popolazione protagoniste di nuove esigenze di consumo e impoverendone drammaticamente altre, sempre meno capaci di reggere il confronto in un mondo in continua evoluzione, le cui tragedie divengono colpi d’acceleratore sull’inevitabile strade della trasformazione.
Mario Volpe, scrittore
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