Nel corso degli anni sono aumentate la mobilità e la flessibilità nel mercato del lavoro. È più frequente cambiare occupazione, oltre che luogo o datore di lavoro, più di una volta nella vita. Sono inoltre aumentate nel tempo anche le persone che per necessità differenti svolgono più di un’occupazione, seppur si tratti sempre di una minoranza.
Avere un quadro complessivo della situazione può essere molto difficile per via dell’incidenza del lavoro non dichiarato e della digitalizzazione che consente con più facilità di intraprendere più percorsi lavorativi. Nonostante queste precisazioni, Eurofund ha cercato di quantificare il fenomeno ed evidenziare alcune dinamiche ricorrenti.
Le situazioni di chi ha più lavori sono molto diverse.
Sono molte le motivazioni per cui una persona può decidere di fare più lavori. Si parla sia di persone che non hanno una paga adeguata nel loro primo lavoro ma anche di persone che non hanno delle qualifiche così alte per poter avere un lavoro stabile. Altri lavoratori possono invece decidere di avere più occupazioni per aumentare la propria esperienza oppure iniziare una propria attività. A prescindere dalle motivazioni, avere più professioni può avere degli impatti negativi sulla salute del lavoratore e sulla sicurezza propria e del luogo di lavoro.
Nel 2021, si registrano in Unione europea 7.474.700 lavoratori che svolgono più di una professione.
Si tratta di una piccola frazione dei lavoratori che però risulta stabile negli anni, oscillando tra il 3 e il 4% degli occupati. Osservando il dato in termini assoluti però è evidente la crescita che ha registrato. Basti pensare che nel 2012 erano 7.009.800 lavoratori, circa 465mila unità in meno rispetto al dato del 2021.
Da notare che andando a disgregare il dato a livello di genere, non si riscontrano diversità significative. Nel 2021, il 3,61% degli uomini occupati svolge più lavori, mentre tra le donne la percentuale sale al 4,18%, cioè meno di un punto percentuale di differenza. Andando invece a indagare i titoli di studio di chi ha più di un’occupazione, si registrano divari più ampi.
L’incidenza dei lavoratori con seconda occupazione è piuttosto bassa in assoluto ma è maggiore all’aumentare del livello dei titoli di studio. Le persone con la laurea o titolo superiore che svolgono due lavori è pari al 4,68%, contro il 3,55% di chi ha il diploma superiore e il 2,97% di chi riporta la licenza media inferiore.
Avere un secondo lavoro è più frequente nei paesi del nord Europa. Tra gli stati europei infatti, quello caratterizzato dalla maggiore incidenza di lavoratori con un’altra occupazione sono i Paesi Bassi (9,86%). Seguono Danimarca (7,85%), Finlandia (7,42%) e Estonia (6,35%). I paesi con meno lavoratori che svolgono due professioni sono Slovacchia (1,02%), Romania (0,66%) e Bulgaria (0,38%).
Anche se non sempre, spesso avere più di una occupazione è una scelta obbligata da situazioni di svantaggio economico. Oltre che una condizione complicata da regolamentare e da tutelare, soprattutto per via delle difficoltà nel monitorare il numero di ore lavorate in totale da un singolo. È inoltre complesso applicare efficacemente – per gli occupati con più lavori – la direttiva europea sull’organizzazione del lavoro, che prevede ore e giorni di riposo definiti, ma non chiarisce se queste regole valgono per contratto o per singola persona, lasciando ai singoli paesi la decisione in merito.
Per tutti questi motivi è necessario che l’Unione europea, da un lato, riveda il quadro normativo sul tema a livello comunitario e, dall’altro, continui a spingere i paesi membri ad adottare strumenti di tutela del lavoratore, come il salario minimo e condizioni contrattuali più stabili ed eque.
Fonte: Openpolis
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